Negli Stati Uniti tassi di interesse fermi come da previsioni ma ulteriori tagli sono in arrivo. La Federal Reserve mercoledì ha deciso di lasciare invariato il livello dei Fed Funds al 4,25% e il 4,5%. La mossa era ampiamente prevista dal mercato dopo che a gennaio la banca centrale non aveva toccato il livello dei tassi citando la maggiore incertezza di mercato legata agli annunci del presidente Donald Trump e alle sue politiche commerciali.
Nonostante il potenziale impatto che potrebbe derivare dai dazi, i banchieri hanno comunque mantenuto le prospettive di due tagli dei tassi quest’anno entrambi da 25 punti base. All’interno del dot plot (il documento con le previsioni dei banchieri centrali sui futuri livelli dei Fed Funds) si stimano poi ancora altri due ribassi ai tassi nel 2026 per un totale di un altro mezzo punto percentuale, e un altro taglio nel 2027 da 25 punti base. Il tasso di lungo periodo per i Fed Funds si dovrebbe stabilizzare al 3%.
Tagliate le stime di crescita, riveste al rialzo quelle sull’inflazione. La banca centrale si aspetta ora che il pil nel 2025 si fermi all’1,7% (contro il 2,1% delle stime di dicembre). Nel 2026 la crescita è attesa a 1,8% (dal 2% precedente) e nel 2027 a 1,8% (dal 1,9%).
In rialzo invece le stime per l’inflazione: al 2,7% nel 2025 (dal 2,5%) e al 2,2% nel 2026 (dal 2,1%). Anche l’inflazione core (il dato al netto dei prezzi più volatili di cibo ed energia), si prevede che crescerà più del previsto a un ritmo annuale del 2,8% (dal 2,5% precedente), mentre quella Pce quest’anno si attesterà al 2,7% (contro il 2,5% di dicembre) e al 2,2% nel 2026. Rivisto leggermente al rialzo anche il tasso di disoccupazione al 4,4%, rispetto al 4,3% precedente.
La Fed ha inoltre deciso che a partire da aprile, «rallenterà il ritmo di riduzione dei titoli abbassando il tetto mensile di rimborso dei titoli del Tesoro da 25 a 5 miliardi di dollari».
«L’economia statunitense è complessivamente forte, ma i dati indicano una elevata incertezza economica», ha spiegato il presidente Jerome Powell, sottolineando che la revisione delle stime sull’inflazione è legata ai dazi. «Nessuna fretta sui tassi, possiamo permetterci di aspettare per maggiore chiarezza», ha aggiunto Powell.
I nuovi dazi commerciali annunciati o decisi dall’amministrazione Trump stanno già avendo degli effetti rialzisti sull’inflazione negli Stati Uniti, anche se è difficile quantificarli in maniera precisa», ha aggiunto il presidente Powell. «Sarà molto difficile avere una valutazione precisa di quanta inflazione arrivi dai dazi. Ma è già così. L’inflazione sui beni si è mossa sensibilmente negli ultimi due mesi, capire quanto sia dovuto ai dazi però è molto impegnativo. Chiaramente una buona parte di questo arriva dai dazi, ma ci lavoreremo per capirlo il meglio possibile. Troppo presto», ha aggiunto Powell, «per dire se questa inflazione in più sia transitoria o meno».
Quanto al rischio di una recessione negli Stati Uniti, il presidente ha detto che la Fed «non prevede una recessione». Nel settore privato, in queste ultime settimane si sono un po’ alzate le previsioni di recessione «ma restando sempre a livelli moderati».
Dollaro in risalita (euro a 1,08 contro il biglietto verde) e Wall Street positiva dopo la decisione della banca centrale Usa: il Dow Jones guadagna lo 0,83%, lo S&P 500 l'1,03%, il Nasdaq Composite l’1,42%. In calo al 4,25% il Treasury a 10 anni. (riproduzione riservata)