Debutti e ritorni spingono il mercato italiano dei bond ibridi. E a sorpresa sono proprio le utility a sceglierli e ad aver portato l’Italia sul podio europeo. MF-Milano Finanza ha approfondito la tendenza con Alfons Martos, l’executive director di Goldman Sachs che segue il Debt Financing in sud Europa per il mercato Investment Grade.
Domanda. I grandi gruppi italiani dell’energia sembrano aver riscoperto i bond ibridi, dall’esordio di Snam ai ritorno di Enel, Eni, etc. Cosa spinge oggi le principali corporate italiane nell’emettere questo tipo di strumenti?
Risposta. Nonostante questa tipologia di strumenti sia stata utilizzata anche da società italiane attive in altri settori, ad oggi le utility e le società dell’energy sono quelle che hanno fatto più ricorso agli strumenti ibridi in Italia. In molti casi, il loro debutto su questo mercato è stato incentivato da un costo implicito del capitale particolarmente vantaggioso: questi strumenti beneficiano generalmente di un trattamento contabile del 100% come patrimonio netto, e di un riconoscimento del 50% come patrimonio netto dalle agenzie di rating. Ciò ha permesso agli emittenti di rafforzare la propria struttura finanziaria a costi impliciti inferiori al costo dell’equity, senza diluire gli azionisti.
In molti casi, il debutto sul mercato dei bond ibridi è coinciso con periodi in cui gli emittenti erano impegnati in operazioni di acquisizione, come recentemente accaduto per A2A, Snam e Iren. Di conseguenza, l’emissione di questi strumenti di capitale ha offerto una maggiore flessibilità finanziaria ai loro piani industriali, consentendo di cogliere opportunità di crescita senza compromettere le metriche di credito.
Oltre all’obiettivo di rafforzare i bilanci, l’asset class ibrida consente agli emittenti di ottenere un certo grado di diversificazione nella loro base di investitori. Col passare del tempo, continuiamo ad osservare una crescita costante del numero di fondi sul mercato obbligazionario specializzati nell’investimento in questa asset class.
D. Come si sta evolvendo il mercato dei bond ibridi in Italia rispetto ad altri paesi europei?
R. In termini generali, dal 2019 abbiamo assistito a una crescita costante dell’adozione di strumenti ibridi da parte delle società italiane, a conferma di una chiara espansione di questa asset class tra gli emittenti italiani, e di un allineamento del panorama italiano a quello più ampio europeo. Negli ultimi cinque anni, il numero di emissioni inaugurali di ibridi da emittenti italiani ha superato di gran lunga quello di altri paesi europei.
La solidità del settore delle utility in Italia, unita alla percezione di un basso profilo di rischio da parte degli investitori obbligazionari, ha fatto sì che le condizioni per gli emittenti italiani (principalmente nel settore energetico) fossero molto interessanti e ci si aspetta che tali condizioni restino positive anche in futuro. In questo contesto, il numero crescente di emittenti che hanno sfruttato i periodi di compressione degli spread di credito sui mercati dei capitali per rafforzare la propria struttura patrimoniale dimostra chiaramente i vantaggi dell’integrazione di questo strumento nella propria struttura finanziaria.
D. Qual è il ruolo di Goldman Sachs nel supportare queste operazioni, dalla strutturazione al collocamento?
R. Nell’ultimo anno, Goldman Sachs ha coordinato le emissioni di tutti i bond ibridi inaugurali lanciati sul mercato da emittenti italiani come A2A, Snam e Iren, che hanno introdotto questa componente di capitale nei loro bilanci; ma anche quelle di coloro che utilizzano questi strumenti già da diversi anni, come Eni, Enel, Poste Italiane e Terna. Nel caso dei gruppi italiani attivi nel settore dell’energia, le emissioni ibride hanno riscontrato particolare successo e si sono dimostrate in linea con i loro obiettivi finanziari.ha supportato tutti gli emittenti italiani di titoli ibridi attualmente presenti sul mercato nell’emissione di obbligazioni ibride. Siamo onorati di esser stati scelti dalle società italiane non solo per collocare i loro bond ibridi sul mercato, ma, in quasi tutti i casi, anche per strutturare l’intera transazione: abbiamo assistito le società nelle loro interazioni con i vari stakeholder, interni ed esterni, e contribuito al successo dei loro progetti.
Parte del nostro successo in questo ambito risiede nelle nostre capacità di strutturazione. Ma il nostro valore aggiunto va ben oltre: possediamo notevoli competenze di market-making tramite i nostri desk di trading, agiamo come liquidity provider costante e affidabile per gli investitori istituzionali nel mercato secondario, e abbiamo una chiara comprensione di quali investitori siano più inclinati a supportare ciascun tipo di profilo di credito.
D. Quanto pesa oggi l’appetito degli investitori internazionali per i bond ibridi italiani?
R. Gli investitori domestici hanno sicuramente un ruolo importante nelle transazioni di bond ibridi delle società italiane, e ci sono diversi asset manager italiani che sono considerati dei thought leader nel settore degli strumenti ibridi.
Tuttavia, gli emittenti italiani di bond ibridi stanno riscontrando un forte e ampio interesse anche da parte degli investitori provenienti da tutta Europa – generalmente circa il 90% di ogni transazione ibrida viene distribuito fuori dall’Italia, quindi la base di investitori è molto diversificata dal punto di vista geografico. Gli investitori appartengono a una categoria piuttosto ampia, composta per lo più da asset manager, investitori istituzionali come assicurazioni e fondi pensione, fondi sovrani, private bank e hedge fund.
D. Ci sono caratteristiche strutturali o clausole che il mercato italiano tende a preferire? Che cosa prevede per i green o sustainability-linked hybrid bond in Italia?
R. L’asset class ibrida è diventata abbastanza standardizzata per quanto riguarda termini e condizioni. Ciò che solitamente è più importante per gli emittenti riguarda l’attenzione di S&P Global Ratings sulla permanenza nel lungo termine di questo strumento nel loro stato patrimoniale. A parte questo elemento tecnico, gli emittenti italiani sono da tempo all’avanguardia nella finanza sostenibile; di conseguenza, molti emittenti hanno scelto bond ibridi in formato green bond.
Considerata la natura degli emittenti ibridi in Italia oggi, dove molte società del settore delle utility hanno progetti green da finanziare, ci si può aspettare una continuità nel ritmo di emissione di strumenti ibridi green. Gli ibridi in formato sustainability-linked invece continuano a non essere un’opzione per le società a cui S&P assegna un rating, data l’incompatibilità della metodologia adottata dell’agenzia di rating per riconoscere agli ibridi 50% equity credit con alcune caratteristiche che sono diventate standard in questo tipo di obbligazioni Esg, come le cedole crescenti legate agli obiettivi di sostenibilità degli emittenti. Gli emittenti italiani sono stati pionieri nel campo della finanza sostenibile: Enel ha creato il prodotto Sustainability-Linked, mentre A2A e Snam hanno rispettivamente emesso il primo Eu green bond e transition bond. La sostenibilità è ormai completamente integrata nelle strategie di finanziamento della maggior parte delle corporate italiane, come dimostrato dall’offerta regolare di bond Esg labelled emessi dall’Italia. (riproduzione riservata)