Israele, la pace spinge la ripresa. Per Goldman Sachs ci sarà un boom dell’economia nel 2026
Israele, la pace spinge la ripresa. Per Goldman Sachs ci sarà un boom dell’economia nel 2026
Con la fine delle ostilità, l’economia israeliana si prepara a un rimbalzo dopo due anni di guerra. Lo shekel si rafforza, l’inflazione rallenta e la Banca d’Israele potrebbe iniziare a tagliare i tassi già da novembre. Buone prospettive anche nel lungo termine grazie alle aziende hi-tech

di Andrea Pauri  21/10/2025 17:05

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La pace riaccende i motori dell’economia israeliana. Il cessate il fuoco raggiunto il 10 ottobre con Hamas ha scatenato una reazione immediata sui mercati: la moneta israeliana, lo shekel, si è rafforzato contro dollaro ed euro e i titoli israeliani sono tornati a salire.
La banca d’investimento americana Goldman Sachs ha sintetizzato la situazione in un report, Israel after the war, che delinea gli scenari macro post-bellici e vede nella fine delle ostilità «l’inizio di una possibile fase di crescita sopra le stima di lungo periodo».

Per ora la tregua resta fragile, ma le scommesse sull’accordo sono chiare: i mercati delle scommesse attribuiscono un 63% di probabilità che il cessate il fuoco regga fino a fine anno.

Un’economia segnata dalla guerra

Dall’attacco del 7 ottobre 2023, il Paese ha perso circa il 7% di pil rispetto al trend pre-bellico. La mobilitazione di massa e la chiusura dei confini hanno prosciugato la forza lavoro, in particolare nel settore edilizio, dove i palestinesi rappresentavano quasi un terzo degli occupati.

L’inflazione, schizzata sopra il 3%, ha costretto la Banca d’Israele a mantenere una politica restrittiva e i tassi fermi al 4,5%. Inoltre, le forze armate altamente tecnologiche del Paese hanno richiesto alti costi d’utilizzo e di mantenimento (la difesa dal primo attacco missilistico iraniano, durato una sola notte, arrivò a costare oltre un miliardo di dollari).

La ripartenza dal lavoro e dagli investimenti

Ora, con la smobilitazione militare e l’arrivo di nuovi lavoratori dall’Asia meridionale e sud-orientale, la banca americana prevede una decisa accelerazione del pil: +5,4% nel 2026 e +4,7% nel 2027, grazie alla ripresa di investimenti e consumi. Il recupero sarà graduale, osserva Goldman Sachs, perché servirà tempo per riallocare la manodopera dal comparto difensivo al settore privato. Ma la traiettoria è chiara: Israele si avvia a colmare gran parte del divario creato dalla guerra tra la crescita potenziale e quella effettiva.

L’allentamento delle tensioni geopolitiche e il rafforzamento dello shekel (+5% da inizio anno) dovrebbero riportare l’inflazione sotto il 2% entro metà 2026. La Banca d’Israele, che ha giustificato la stretta monetaria con l’incertezza del conflitto, potrebbe quindi inaugurare un ciclo di tagli già a novembre, allineandosi alla Fed e puntando a un tasso del 3,25% entro il 2026

Demografia e tecnologia

Goldman Sachs intravede, oltre al rimbalzo immediato, un potenziale di crescita strutturale per l’economia israeliana. Nel medio periodo il pil potrebbe espandersi in media del 3,7% l’anno, sostenuto da due pilastri: una demografia tra le più dinamiche del mondo sviluppato (il tasso di fertilità è di 2,8 figli per donna, contro l’1,18 registrato in Italia) e un ecosistema tecnologico che resta il cuore pulsante del Paese.

Israele, che vanta la più alta concentrazione di imprese hi-tech pro capite al mondo, è infatti considerato da Goldman Sachs uno dei Paesi meglio posizionati per trarre vantaggio dall’adozione diffusa dell’intelligenza artificiale e dall’aumento di produttività che ne deriverà. (riproduzione riservata)