L’inflazione in Italia è scesa in modo significativo a ottobre, all’1,2% su base annua, il valore più basso degli ultimi dodici mesi. Quella di fondo (al netto cioè di prezzi energetici e alimentari) rimane poco sopra il 2%. Nell’area euro il processo è stato più graduale, sottolinea Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia. Secondo l’esperto per ora i dati sui prezzi al consumo non appaiono sufficienti a modificare l’orientamento di politica monetaria della Bce. A rafforzare questo quadro contribuisce anche la recente inversione di marcia del cambio euro/dollaro, che ha attenuato i timori di un possibile impatto disinflazionistico legato a un euro eccessivamente forte.
Tenendo conto della discesa dell’inflazione in Italia ma non di un cambio di rotta da parte della Bce, Diodovich ritiene che si possano valutare aggiustamenti di portafoglio. In uno scenario di disinflazione in Italia i settori che possano battere il mercato sono quelli difensivi come utility e farmaceutici (fra i preferiti di Ig Italia figurano Enel, Terna e Recordati), gli esportatori di fascia alta (Moncler, Ferrari) e gli industriali con forte presenza globale (Prysmian, Leonardo). «Un maggior peso su questi titoli può essere compensato da una minore esposizione su banche e auto», nota l’analista. In particolare, le utility regolamentate «offrono visibilità sui flussi e dividendi attraenti, mentre nel comparto farmaceutico di qualità la bassa ciclicità dei ricavi e la disciplina sui prezzi favoriscono la tenuta degli utili».
Tra gli esportatori di fascia alta, marchi forti e capacità di imporre i prezzi permettono di beneficiare del contesto e «in questo scenario Moncler e Ferrari restano campioni di margini e visibilità commerciale», osserva Diodovich. Sul fronte industriale, «Prysmian è esposta a trend strutturali (reti energetiche, interconnessioni), mentre Leonardo presenta elementi specifici legati a difesa ed elettronica, meno sensibili al ciclo domestico». Si può ampliare il portafoglio con una selezione selettiva di mid e small cap di qualità con bilanci solidi, aggiunge l’analista, tenendo però presente «la minore liquidità e definendo pesi coerenti con il profilo di rischio».
Con il taglio dei tassi, dimezzati al 2% dalla Bce nel giro di un anno, le banche hanno registrato nei conti un calo del margine d’interesse. Ma le società del risparmio gestito hanno confermato una raccolta solida, agevolate dal fatto che il Btp non rappresenta più un concorrente temibile. Azimut ha alzato le attese sull’utile netto core sopra i 500 milioni presentando i conti del terzo trimestre, oltre i 400 milioni inizialmente indicati. Banca Mediolanum, invece, ha deciso di distribuire un acconto sul dividendo di 0,6 euro per azione, oltre il doppio rispetto a 0,37 euro erogati un anno fa. Banca Generali ha registrato dal canto suo un utile netto in rialzo di quasi il 16% e FinecoBank profitti oltre le attese del consenso. Il settore poi remunera gli azionisti con buoni dividendi.
Fabio Caldato, portfolio manager del fondo Strategia Dinamica Globale di AcomeA, considera a sua volta «promettenti le utility che dovrebbero mostrare un’ultima gamba rialzista grazie alla possibile domanda di energia da parte della nascente industria dei data center». A queste aggiunge il settore delle tlc («Telecom Italia risulta strutturalmente in forte trend») e, accettando una volatilità superiore, «il settore delle costruzioni, con il leader Webuild ma anche la ormai ristrutturata Trevi Finanziaria».
Con l’inflazione italiana scesa all’1,2% e la Bce ferma al 2%, il mercato inizia a ruotare dai titoli finanziari verso quelli più sensibili al costo del denaro, nota a sua volta Gabriel Debach, market analyst di eToro. Per le utility «il quadro è interessante. Il calo dei prezzi dell’energia, con i beni regolamentati a -0,8% e quelli non regolamentati a -5,1%, rappresenta una normalizzazione più che un rischio». Nel 2022 e 2023 il problema non era il prezzo alto in sé, nota Debach, ma la sua volatilità: «aziende come Enel o A2A dovevano acquistare energia a valori record, bloccando liquidità e gonfiando il capitale circolante. Oggi, con prezzi stabili e tassi più bassi, la pressione sui margini si riduce, i flussi di cassa si liberano e il rischio di insolvenze cala».
In tal senso basta guardare ai dati. In ottobre il prezzo dell’elettricità è salito solo dell’1,8%, il gas è sceso del 5,3% e i prezzi all’ingrosso sono a livello circa doppio rispetto al periodo pre-crisi, pur senza le oscillazioni estreme di due anni fa. Enel, riprende Debach, ha riportato «risultati solidi nel primo semestre, con ebitda in linea e investimenti in crescita dopo le cessioni, mentre A2A ha confermato il recupero operativo con un ebitda di 1,2 miliardi e ricavi per 6,9 miliardi». I movimenti non sono passati inosservati agli investitori. Enel, in rialzo del 30% da inizio anno, il 4 novembre scorso è tornata sui livelli di massimo storico toccati nel 2021. A2A, invece, «da settembre mostra una crescita esponenziale». L’inflazione in calo riduce inoltre la pressione sulla Bce, conclude l’analista di eToro e allontana il rischio di nuovi rialzi dei tassi, «un contesto che favorisce i cosiddetti bond proxy: Terna e Snam restano i principali beneficiari». (riproduzione riservata)