In quali mercati emergenti conviene investire nel 2025? Ecco gli indici da super rendimenti e quelli a sconto
In quali mercati emergenti conviene investire nel 2025? Ecco gli indici da super rendimenti e quelli a sconto
Fuori dai grandi indici globali, l’universo emergente è una fucina di occasioni, tra rendimenti e valutazioni a sconto. Come investirci con gli Etf  

di di Marco Capponi 18/07/2025 20:00

Ftse Mib
40.311,99 6.55.22

+0,46%

Dax 30
24.289,51 23.50.27

-0,33%

Dow Jones
44.342,19 7.17.59

-0,32%

Nasdaq
20.895,66 23.50.27

+0,05%

Euro/Dollaro
1,1627 23.00.32

-0,22%

Spread
88,27 17.29.46

-0,22

Mentre Wall Street aggiorna record su record e l’Europa osserva preoccupata le mosse di Trump, c’è un altro mondo che si muove sottotraccia: quello dei mercati emergenti. Spesso poco esplorati e conosciuti, molti di essi stanno dando grandi soddisfazioni a chi avesse deciso di investirci. Un caso che ha fatto parlare di sé è quello della borsa di Israele che, nel mezzo del conflitto in Medio Oriente che la vede come principale protagonista, ha aggiornato proprio nel mese di luglio i suoi massimi storici. L’indice di mercato di Tel Aviv (che tecnicamente, va precisato, non è classificato come mercato emergente) a livello di composizione è un dupolio quasi perfetto tra banche e titoli tecnologici (perlopiù cybersecurity), ma non è investibile dal retail italiano tramite Etf. Opportunità che invece hanno gli investitori americani.

Un universo da scoprire

Ma per chi volesse tentare la sorte in indici alternativi rispetto a quelli tradizionali utilizzando i fondi passivi le occasioni non mancano di certo: per gli investitori europei sono disponibili, infatti, Etf Ucits su ben 15 Paesi che rientrano tra gli emergenti secondo la classificazione del provider di indici Msci.

La tabella in basso li classifica sulla base della performance da inizio anno, considerando per ogni mercato l’Etf più grande a livello di masse in gestione. Come metri di paragone sono stati utilizzati un indice diversificato sugli emergenti e un indice sulle azioni globali. Tutti i rendimenti sono espressi in euro, ed è stata indicata anche la valuta dei fondi, che in tutti i casi tranne uno è il dollaro americano. Questo significa che un investitore che volesse approcciarsi a questi mercati deve considerare un doppio rischio di cambio: quello tra valuta locale e dollaro, e poi quello tra euro e divisa americana. Morale: non si tratta certo di investimenti facili, e quindi una scommessa su uno di questi indici non dovrebbe rappresentare mai una parte troppo consistente del portafoglio complessivo.

Il richiamo di Atene

Quello che salta subito all’occhio è come il miglior indice in assoluto sia quello della borsa di Atene: 42,9% nel 2025, 175% su un orizzonte di tre anni, 239% in una prospettiva quinquennale. Anche se, è opportuno precisarlo, la borsa greca avrà ancora molta strada da fare per risalire ai livelli di prima della grande crisi finanziaria, al termine della quale aveva anche perso lo status di mercato sviluppato (mai recuperato).

Fondamentali alla mano, certifica Msci, la borsa di Atene è tratta ancora a forte sconto rispetto a un indice emergente diversificato: il rapporto tra prezzo e utili attesi a 12 mesi è sotto a 9, contro il 12,7 del benchmark generalista. Inoltre, un Etf sulla Grecia ha tutti sottostanti in euro, e quindi annulla il rischio di cambio. Ma attenzione al peso dei settori in portafoglio: comprando l’indice di Atene ci si espone in massima parte (quasi i due terzi del totale) al solo comparto bancario.

Da Varsavia a Seul

In generale, un indice diversificato sui mercati emergenti è più sbilanciato rispetto a un paniere generalista globale sul settore finanziario: 22% del portafoglio contro 14,5%. Mentre la tecnologia, che nell’Msci World pesa per il 26% circa, tra gli emergenti scende al 21%.Ma ci sono anche indici in cui la finanza supera la metà del totale.

Oltre alla Grecia anche il secondo indice per performance nel 2025, quello della Polonia (+34% il rendimento dell’unico Etf dedicato), è per il 51% esposto al settore bancario. Ma tra le prime partecipazioni compare anche Cd Projekt: un’azienda nota tra gli appassionati di videogiochi per i titoli della saga fantasy The Witcher, che è stata recentemente riconosciuta da Bloomberg come il titolo più caro dell’intero indice Stoxx 600.

Ancora più a Est si trova invece il terzo miglior emergente per rendimento da inizio anno: la Corea del Sud (+26,7% il più grande Etf geografico), dove l’indice Kospi ha di recente aggiornato i massimi degli ultimi tre anni, favorito anche dal forte ingresso di investitori stranieri. Anche se gli analisti di Bloomberg hanno rilevato negli ultimi giorni una forte impennata delle posizioni corte sull’indice. Anch’esso a sconto (tratta a meno di 10 volte gli utili attesi, rileva Msci), il Kospi è esposto alla tecnologia per il 40% del totale. Ma anche qui c’è un grande deficit di diversificazione: il colosso Samsung da solo pesa per oltre un quinto del paniere complessivo.

L’India è troppo cara?

Dall’inizio di quest’anno, e considerando sempre la performance in euro, sono sette gli indici di singoli Paesi che riescono a battere il paniere diversificato dei mercati emergenti (+4,1%). Oltre ai tre già citati ci sono Messico (+15,6%), Sudafrica (+24,4%), Brasile (+10,1%) e Msci China (+7,7%), l’indice che include sia le società domestiche del Dragone sia quelle quotate a Hong Kong e in altre borse internazionali. Nel confronto con il mercato azionario globale anche Taiwan riesce a vincere: +0,9% contro -1,5%.Nello spaccato a cinque anni sono invece solo quattro le geografie emergenti che hanno la meglio sui mercati globali. Si tratta di Grecia, Messico (+108%), Taiwan (+105%) e India (+107%).

Il mercato di Mumbai è stato il grande protagonista degli emergenti negli ultimi anni. I fondi internazionali lo hanno spesso visto come una nuova Cina mentre Pechino era in forte crisi a causa del tracollo del settore immobiliare. Ma oggi sta rallentando (-6,6% da inizio anno) e mostra segnali di sopravvalutazione: il rapporto prezzo-utili atteso è di quasi 23 volte, più del doppio rispetto all’indice degli emergenti in dollari.

Sos Sudest asiatico

Chi c’è invece in fondo alla classifica? È il Sudest asiatico a uscirne con le ossa più rotte. Un Etf sull’indice Msci Thailand perde quasi il 18% da inizio anno, è in negativo anche a tre e cinque anni ed è anche sopravvalutato rispetto al paniere degli emergenti in dollari (rapporto prezzo utili atteso di 13,4 contro 12,7). La ragione va ricercata nella forte dipendenza dal commercio estero di questo Paesi e più in generale di quelli dell’area, tra le vittime più illustri della guerra dei dazi innescata da Donald Trump. È questo l’elemento di maggiore complessità degli emergenti: grandi opportunità, ma anche rischi strutturali piuttosto difficili da gestire. E che vanno pertanto maneggiati con cura. (riproduzione riservata)