I super ricchi che arrivano in Italia con la flat tax investono in quadri e sculture. Il settore dell’arte riparte
I super ricchi che arrivano in Italia con la flat tax investono in quadri e sculture. Il settore dell’arte riparte
Tra i 5 mila facoltosi che hanno trasferito la residenza fiscale nella Penisola ci sono tanti collezionisti raffinati e colti, attratti dalle opere italiane. Ma per colmare il divario del mercato dell’arte con il resto del mondo c’è però bisogno di ridurre la tassazione e di cambiare le regole, copiando la Francia

di di Anna Messia 19/07/2024 21:30

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Alla prossima biennale dell’Antiquariato che si terrà a Palazzo Corsini a Firenze tra fine settembre e inizio ottobre ci si attende una forte presenza di clienti stranieri. Tra i 5 mila super ricchi che hanno trasferito la loro residenza fiscale in Italia spinti dalla flat tax da 100 mila euro sembrano essercene tanti che amano l’arte italiana e sono pronti ad acquistare opere di artisti italiani per arredare le loro abitazioni nella Penisola frequentando anche mostre e fiere. «Si tratta di collezionisti colti e raffinati che si rivolgono ad una galleria d’arte per arredare le loro abitazioni italiane. Persone che amano i nostri valori estetici e che sembrano apprezzare, con grande rispetto, tutto l’artigianato italiano, dai decoratori ai tappezzieri», racconta Alessandra Di Castro, presidente del gruppo Apollo, l’associazione che rappresenta l’industria dell’arte in Italia e riunisce le principali case d’asta, antiquari, gallerie di arte moderna e contemporanea, oltre a collezionisti e imprese della logistica.

Proprietaria di una storica galleria d’arte a Roma, in Piazza di Spagna, Di Castro ha incontrato personalmente alcuni degli stranieri che in questi mesi hanno scelto di trasferirsi in Italia, attratti da convenienti sconti fiscali «ma anche dalla qualità della vita delle nostre città», dice parlando non solo di persone che hanno scelto l’Italia in età da pensione ma «anche di giovani facoltosi, che fanno mestieri legati alle nuove tecnologie, che portano una ventata fresca nel mercato dell’arte, interessati all’antico, ma anche al moderno e al contemporaneo e pronti anche al mecenatismo».

Tassazione da rivedere per l’arte italiana

Una buona notizia per il mondo dell’arte italiana, e del suo indotto, che nonostante l’enorme patrimonio artistico della Penisola sconta la concorrenza di altri Paesi europei che hanno «fatto sistema», sfruttando proprio la leva fiscale e la certezza delle norme. A partire da Parigi e dalla Francia che è il quarto Paese al mondo nel mercato mondiale dell’arte, con un fatturato di oltre 4,5 miliardi di dollari e una quota del giro d’affari complessivo del 7%, dopo gli Stati Uniti, la Cina e la Gran Bretagna. L’Italia è in fondo alla classifica, intercettando appena il 2% del fatturato europeo dell’arte e addirittura lo 0,5% se si guarda al mondo intero. In questi mesi mentre Londra perdeva terreno per effetto della Brexit con il ripristino dei dazi import-export, Parigi ha invece guadagnato ancora spazio grazie ai significativi investimenti di gallerie e fiere internazionali e alle manovre fiscali. «L’arrivo di facoltosi investitori stranieri è evidentemente una buona notizia per il mercato dell’arte ma le disparità rispetto ad altri paesi resta evidente. In Italia l’Iva sulle compravendite è al 22%. In Germania e Francia la percentuale scende al 7 e al 5,5%», aggiunge Di Castro, «Inoltre, l’aliquota del 10% sull’importazione di beni d’arte, la più alta in Europa, scoraggia gli operatori dall’importare opere attraverso le dogane italiane». Il Paese europeo che ha saputo trarre maggiori benefici dalla Brexit è evidentemente la Francia. Parigi, a fine 2022, con l’apertura di Paris+, acquistata dalla svizzera MCH, proprietaria di Art Basel è diventata il nuovo epicentro del collezionismo e del mercato europeo.

Il buon esempio della Francia

«L’Italia rispetto ad altri Paesi è penalizzata da vincoli alla circolazione dei beni non solo di carattere fiscale», aggiunge la presidente del gruppo Apollo. «Sia in Francia sia in Uk sono previsti obblighi di acquisto, a prezzi di mercato, da parte dello Stato nel caso in cui un bene venga ritenuto di interesse culturale e quindi non può essere esportato. Obbligo che in Italia non esiste e le opere subiscono un inevitabile deprezzamento», spiega. In Francia la soglia di valore al di sotto della quale basta un’autocerficazione per l’export può raggiungere i 300 mila euro per i dipinti, «ben più alta dell’Italia dove esiste un’unica soglia pari appena a 13.500». Norme che vanno urgentemente riviste «per rendere l’Italia più competitiva nel mercato dell’arte», conclude Di Castro, ricordando che in discussione c’è la delega fiscale che potrebbe finalmente rilanciare l’ecosistema dell’arte in Italia moltiplicando gli effetti benefici dell’arrivo nel Paese di grandi patrimoni. (riproduzione riservata)