L’Asia si muove per lo più positiva, mercoledì 24 dicembre, il sentiment è migliorato dopo che l’S&P 500 ha toccato nuovi massimi storici grazie al calo dei timori su una possibile bolla dell’intelligenza artificiale e a dati sul pil Usa del terzo trimestre superiori alle attese. Alle ore 7:30 italiane, il Nikkei è sotto la parità, l’Hang Seng sale dello 0,2%, Shanghai dello 0,5% mentre l’oro tocca un nuovo record a 4.513 dollari l’oncia e lo yen corre (+0,36%) a 155,67. I futures sul Nasdaq sono in leggero calo.
In Giappone, il governo di Sanae Takaichi sta chiudendo il piano di bilancio 2026 da 122.000 miliardi di yen, con l’approvazione del Consiglio dei ministri attesa già venerdì. La bozza supera il piano per il 2025 di 115.200 miliardi di yen e segnerebbe un nuovo record per il secondo anno consecutivo. Tuttavia, il Nikkei oggi non recepisce dal momento che la Bank of Japan continuerà ad aumentare i tassi, con il board che ritiene i tassi reali ancora «significativamente negativi» e le condizioni finanziarie complessivamente accomodanti.
L’emittente pubblica giapponese NHK ha riferito mercoledì che il Paese è pronto a emettere circa 29.600 miliardi di yen (circa 190 miliardi di dollari) in nuovi titoli di Stato per finanziare il bilancio fiscale 2026. I rendimenti dei titoli governativi a 30 anni sono saliti di oltre 2 punti base, raggiungendo il record storico del 3,454%.
Il rendimento del titolo di Stato giapponese a 10 anni si è attestato intorno al 2%, vicino ai livelli più alti degli ultimi 27 anni, mentre crescono le preoccupazioni degli investitori per le politiche fiscali espansive del Paese.
Il bilancio 2026, che probabilmente supererà i 122.000 miliardi di yen, richiederà un’emissione di titoli superiore ai 28.600 miliardi dell’anno scorso, insieme a uno stimolo da 21.300 miliardi di yen destinato ad alleviare il costo della vita per le famiglie, alimentando i timori sulla sostenibilità fiscale del Giappone.
Di conseguenza, gli investitori hanno chiesto premi di rischio più elevati, spingendo i rendimenti al rialzo. Nel frattempo, il recente aumento dei tassi della Bank of Japan allo 0,75% segnala un percorso graduale verso un ulteriore inasprimento. L’ex membro del board della BoJ, Adachi, ha avvertito che la banca centrale potrebbe eventualmente portare i tassi fino all’1,5%, con il prossimo rialzo atteso intorno a luglio, aumentando così i costi di finanziamento dell’elevato debito pubblico. Gli analisti avvertono che, se i rendimenti continueranno a salire, potrebbero rappresentare un rischio significativo per l’economia nel 2026, mettendo alla prova la fiducia degli investitori e la tenuta dell’espansione fiscale.
L’oro è balzato oltre i 4.500 dollari l’oncia per la prima volta mercoledì, toccando un nuovo massimo storico, sostenuto dalle aspettative di ulteriori tagli dei tassi Usa nel 2026 e dall’aumento dei rischi geopolitici, tra cui le mosse degli Stati Uniti per bloccare le petroliere venezuelane. I metalli preziosi sono saliti di oltre il 70% dall’inizio dell’anno, registrando il miglior rialzo annuale dal 1979.
L’argento ha superato i 72 dollari l’oncia mercoledì, salendo per la quarta seduta consecutiva e raggiungendo un nuovo massimo, trainato dalle aspettative di tagli dei tassi negli Stati Uniti e dalla domanda di bene rifugio.
I trader stanno attualmente prezzando la possibilità di due riduzioni dei tassi nel 2026, mentre indicatori economici contrastanti rafforzano le aspettative di un allentamento della politica monetaria da parte della Fed.
Sebbene il Pil del terzo trimestre sia cresciuto del 4,3% annualizzato, il calo della fiducia dei consumatori a dicembre e la produzione industriale invariata a novembre hanno contribuito alla percezione che la politica monetaria possa essere allentata nei prossimi mesi. Anche le tensioni geopolitiche hanno sostenuto il rally: la scorsa settimana il presidente Usa Donald Trump ha ordinato il blocco delle petroliere venezuelane sanzionate, coinvolgendo anche alcune navi non sanzionate.
Da inizio anno, l’argento è balzato del +149%, sostenuto da una combinazione di fattori tra cui un deficit strutturale dell’offerta, una forte domanda industriale e la sua recente designazione come minerale critico negli Stati Uniti.
Il pil degli Stati Uniti è cresciuto a un tasso annualizzato del 4,3% nel terzo trimestre 2025, il livello più alto degli ultimi due anni, rispetto al 3,8% del secondo trimestre e oltre le stime del 3,3%.
La crescita riflette principalmente l’aumento dei consumi, delle esportazioni e della spesa pubblica. La spesa dei consumatori è cresciuta del 3,5%, il ritmo più elevato dell’anno (contro il 2,5% del secondo trimestre), sostenuta sia dai beni (+3,1% contro +2,2%) sia dai servizi (+3,7% contro +2,6%), in particolare sanità, viaggi internazionali, apparecchiature per l’elaborazione delle informazioni e farmaci su prescrizione. (riproduzione riservata)