Chi ha avuto modo di conoscerlo sa che Francesco Gaetano Caltagirone ha tante qualità, ma la pazienza gli fa un po’ difetto. E si vede anche dal contenuto della recente intervista rilasciata al Sole 24 Ore, in cui spara ad alzo zero contro la progettata joint venture con Natixis per la creazione di un polo di asset management leader in Europa e nono al mondo. Ponendo tutta una serie di rilievi e domande sulla economicità e liceità societaria e politica dell’operazione.
Se avesse avuto un po’ di pazienza e si fosse fatto stampare il contenuto del sito Generali Investments Holding e Natixis, già in linea da alcuni mesi, tutti i dubbi che ha esposto avrebbero avuto una risposta. Ecco una ricostruzione basata su dati online disponibili per tutti.
In un colpo solo, l’Italia recupera un gap di mercato e di posizione nell’industria del risparmio gestito e nel wealth management, fin qui guidata da società americane, inglesi e francesi. Creando un gigante con forte matrice italiana, primo nel mondo nella gestione di asset assicurativi e nono al mondo tra gli asset manager. Proprio una mossa di cui nella precedente tornata assembleare lo stesso Caltagirone aveva criticato l’assenza, la creazione di un player mondiale.
Ma quale organizzazione? Sia Generali Investment Holding sia Natixis agiscono attraverso un sistema di affiliates, società controllate e specializzate per segmenti di business (reddito fisso, private asset, insurance asset management, ecc.). Questa struttura resta la stessa: si continuerà a lavorare per affiliates, sfruttando sinergie e ottimizzando la struttura organizzativa. Si valorizza e non si smantella.
Non solo. A oggi le Generali non hanno una rete distributiva perché l’asset management è essenzialmente al servizio delle compagnie di gruppo. Invece Natixis ha una delle migliori reti distributive al mondo di prodotti di risparmio gestito. Che sono un business in cui i più grandi crescono più velocemente dei piccoli. Nel settore del reddito fisso, poi sarebbero particolarmente forti le sinergie di ricavo in Europa. E vi sarebbe il ritorno in casa di molti mandati a gestori esterni, con conseguente risparmio di commissioni.
No, perché lo proibisce la disciplina assicurativa, legale (art. 37-ter Testo Unico delle Assicurazioni) e regolamentare (Regolamento Ivass 24/2016). Generali e il suo cda oggi definiscono le linee guida strategiche di investimento e l’asset allocation dell’intero gruppo. Le masse gestite da Generali Investments per conto di clienti italiani rappresentano circa il 30% degli asset complessivi gestiti da Gih, pari a oltre 600 miliardi di euro.
All’interno di quelle linee guida, Generali e tutte le società assicurative del gruppo stabiliscono termini e condizioni dei mandati di gestione che contengono limiti di rischio e obiettivi ben definiti cui si deve attenere il gestore (come l’indicazione dei Paesi, delle asset class o, per esempio, dei titoli di stato nei quali allocare gli investimenti). L’operazione con Natixis non modificherebbe in alcun modo questo assetto che continuerebbe così come oggi.
A parte la dizione «effettivo indirizzo politico» che sa di Politburo, oggi le Generali hanno in gestione 40 miliardi investiti in titoli di Stato italiani. E continuerebbero a definire le linee guida strategiche di investimento e l’asset allocation dell’intero gruppo, nonché a indicare i limiti di rischio e gli obiettivi ben definiti come appunto l’indicazione dei titoli di Stato nei quali allocare gli investimenti.
Addirittura, la quota in Btp potrebbe persino aumentare, in quanto la piattaforma globale che si intende creare permetterebbe di offrire interessanti opportunità italiane d’investimento a diversi investitori basati in Europa, America e Asia. Inoltre, il governo non dovrebbe temere una riduzione delle entrate fiscali: infatti non si determinerebbe alcun trasferimento di valore fuori dall’Italia e quindi niente riduzione delle imposte assolte in Italia. Anzi, c’è anche la possibilità che l’erario incassi di più, sia per la creazione di un altro livello nella catena societaria in Italia con conseguente ulteriore tassazione dei dividendi, sia per l’aumento dei dividendi previsti per effetto della creazione di valore della joint venture.
Addirittura! Innanzitutto va ricordato che l’asset management rappresenta più o meno il 10% dei ricavi di gruppo. Generali e il business assicurativo (90%) non vengono modificati. Possono però godere di grandi benefici da un asset management forte.
Inoltre, la nuova società destinata all’attività di asset management avrà una governance al 50/50, e senza alcun diritto speciale di governance riservato a nessuno dei due soci. Creare una jv paritetica è cosa ben diversa rispetto a cedere un’attività e perderne il controllo. Piuttosto, vuol dire acquisire determinanti diritti di governance e di co-controllo su un’attività di gestione di masse pari al triplo di quelle attuali, beneficiare di una maggiore abilità di servire meglio i clienti e partecipare ai maggiori utili derivanti dall’attività di gestione, rispetto agli attuali. (riproduzione riservata)