Fondo Sator verso lo scioglimento, Banca Profilo passa ai quotisti
Fondo Sator verso lo scioglimento, Banca Profilo passa ai quotisti
Con l'uscita di massa dei private banker che impatta sui risultati del terzo trimestre, Banca Profilo cambia rotta. Il ceo Matteo Arpe annuncia un nuovo piano industriale che punta sui family office e sulle sinergie digitali per far crescere l’istituto. Ma prima va trovato un nuovo assetto di governance tra Enasarco, Sator, le fondazioni, le casse e i soci privati

di di Fabrizio Massaro 07/11/2025 23:57

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In appena quaranta giorni da quando il 26 settembre è diventato amministratore delegato di Banca Profilo, Matteo Arpe - tornato a gestire un istituto di credito dopo la riabilitazione giudiziaria legata alla vecchia condanna per il crac Parmalat - ritiene di avere messo il gruppo su un percorso di sicurezza. Ma il vero nodo sarà la sistemazione dell’azionariato, alla quale dovrà dedicare le prossime settimane. Banca Profilo è controllata al 60% dal fondo Sator, che pur essendo in liquidazione ormai da oltre tre anni e mezzo non ha ancora trovato una via per collocare l’istituto. Ma una svolta adesso pare imminente.

La recente vita di Banca Profilo è stata parecchio travagliata: in vendita da cinque anni, non ha mai trovato un acquirente né tra le concorrenti né tra i fondi di private equity. Ne ha risentito anche il titolo, non influenzato dalla spinta del risiko, con una capitalizzazione scesa del 20% da quando è stato appeso il cartello Vendesi fuori dai cancelli di via Cerva.

Chi conosce il dossier indica tra le cause anche il mancato vincolo contrattuale sui private banker, che potevano lasciare l’istituto in ogni momento senza colpo ferire. Esattamente quello che è successo.

L'impatto della fuoriuscita dei private banker

Dopo una pesante ispezione conclusa con un esito negativo nel settore cruciale delle verifiche antiriciclaggio, le dimissioni in massa del vecchio cda e quindi l’uscita di scena dell’ex ceo Fabio Candeli, la temuta fuoriuscita di massa dei private banker è effettivamente avvenuta. Ben 22 su 30 hanno deciso di lasciare l’istituto, azzoppando una delle tre gambe del modello di business della banca e di conseguenza ricavi, redditività e masse.

La trimestrale presentata venerdì 7 mostra solo l’inizio dell’impatto. Da giugno a ottobre le masse sono diminuite di 1,2 miliardi (su una raccolta totale da clientela di 5,5 miliardi). E «altre operazioni sono attualmente in lavorazione», è specificato, con gli effetti che si vedranno nei prossimi trimestri. La falla comunque sembra essere stata faticosamente tappata, seppure con strascichi anche legali con qualcuno dei promotori, con maggiori costi per la retention. La liquidità non è in ogni caso minacciata, essendo l’indicatore Lcr superiore al 520%, così come il patrimonio è al 22,2% di cet1.

L’impatto si è invece riflesso nei numeri consolidati dell’istituto, con ricavi in calo del 4,4%, un risultato operativo in flessione del 19% a 10 milioni e un utile netto in crescita del 30% perché puntellato da un’operazione contabile e fiscale sulla prestigiosa sede in centro a Milano che ha fatto emergere crediti fiscali per 8,1 milioni. Risultato finale: utile consolidato a 9,4 milioni di euro. Senza questa componente straordinaria sarebbe in calo del 54,4% sul terzo trimestre 2024 a 3,3 milioni.

L’impatto si è invece riflesso nei numeri consolidati dell’istituto, con ricavi in calo del 4,4%, un risultato operativo in flessione del 19% a 10 milioni e un utile netto in crescita del 30% perché puntellato da un’operazione contabile e fiscale sulla prestigiosa sede in centro a Milano che ha fatto emergere crediti fiscali per 8,1 milioni. Risultato finale: utile consolidato a 9,4 milioni di euro. Senza questa componente straordinaria sarebbe in calo del 54,4% sul terzo trimestre 2024 a 3,3 milioni.

La fuoriuscita dei banker ha implicato un cambio di strategia della banca, che si riflette nell’aggiornamento delle linee guida del piano industriale presentato sempre venerdì 7 e preparato con il supporto di Prometeia.

La nuova strategia e le prospettive future

Profilo si concentrerà su family office e grandi milionari (Uhnwi) con una rete ridotta ma fidelizzata da nuovi contratti che legano i banker all’istituto. Altra leva significativa saranno i clienti digitali, stimati a 270 mila unità grazie alle sinergie con Tinaba, oltre ai rami storici della Finanza e dell’Investment Banking, per arrivare a una redditività dell’8% nel 2028.

Il nuovo piano servirà ad Arpe per continuare a cercare un’eventuale vendita della banca ma soprattutto a negoziare con i quotisti di Sator, che dopo mesi di stallo si starebbero orientando per una soluzione draconiana: sciogliere il fondo e assegnare pro quota il 60% di Banca Profilo a se stessi. Dentro Sator Private Equity Fund c’è lo stesso Arpe secondo quotista con il 18%, dietro Enasarco che ha il 19%. Seguono fondazione Mps (12%), fondazione Roma (10%), Banca di San Marino (8%) e con quote minori Enpam, Cassa forense, Poste Vita, Inarcassa e investitori privati.

Il nodo dell'azionariato e le trattative in corso

Tra fine novembre e metà dicembre il quadro dovrebbe farsi più chiaro. Secondo quanto risulta a Milano Finanza sono in corso interlocuzioni tra i quotisti per definire una futura base azionaria della banca, alla quale sarebbe interessata anche Enasarco, oltre allo stesso Arpe. Sciolto il fondo, la previsione di chi lavora al dossier è che il titolo possa beneficiare della ritrovata contendibilità e di una prospettiva di crescita in vista di una futura alleanza nel medio termine. Bisognerà vedere se i quotisti troveranno un accordo tra loro e se riusciranno a fissare delle alleanze. (riproduzione riservata)