Paura e patriottismo scoraggeranno e animeranno i cittadini, tanto i cinesi che gli americani, mentre Pechino risponde con gelidi silenzi e decisioni mirate agli annunci concitati e ai subitanei ripensamenti dei vertici di Washington.
Attorno a questi fattori si sta combattendo la guerra commerciale difensiva nei confronti della Cina che è stata dichiarata personalmente dal presidente americano Donald Trump, su cui si gioca la credibilità delle leadership di entrambi i Paesi: perché è innanzitutto sulla compattezza delle rispettive opinioni pubbliche che si misurerà il consenso popolare e la stabilità politica che sono necessari per vincere questo confronto che punta più sull’orgoglio collettivo che sull’enorme posta economica in gioco, il riequilibrio della produzione tra le due sponde del Pacifico.
La misurazione costante delle ricerche effettuate su internet e degli orientamenti prevalenti sui social media sarà essenziale per comprendere le preoccupazioni e gli stati d’animo prevalenti tra i cittadini: controllare l’opinione pubblica sarà fondamentale, come ai tempi dell’emergenza sanitaria per l’epidemia del Covid.
Non è casuale, quindi, che Trump abbia dichiarato il 2 aprile, la data dell’annuncio dei dazi compensativi generalizzati che sono imposti sulla base dell’International Emergency Economic Powers Act (Ieepa), come il «Giorno della Liberazione» degli Usa dai soprusi dei Paesi con cui commercia perennemente in passivo.
I continui ripensamenti e poi l’abbassamento dei toni stanno caratterizzando l’atteggiamento statunitense: dopo lo shock dell’annuncio in diretta televisiva mondiale dei dazi compensativi, commisurati all’avanzo commerciale di ciascun Paese, è seguita la sospensione per tre mesi della loro applicazione prevedendo solo la tariffa minima del 10%; subito dopo è stato deciso il raddoppio per ritorsione della misura compensativa prevista nei confronti delle merci cinesi, che ha portato i dazi al 145%; e quindi l’esenzione dei prodotti elettronici e di alta tecnologia che sono indispensabili per il funzionamento dell’economia statunitense.
Una marcia indietro che ne ha messo a nudo la debolezza, cui sono seguite dichiarazioni sostanzialmente concilianti verso la Cina da parte del segretario al Tesoro Scott Bessent: più che l’inizio di una de-escalation è il timore di aver compiuto un passo falso avendo dichiarato un vero e proprio embargo nei confronti del principale partner commerciale.
Mentre si diffondono allarmanti le notizie sul blocco delle spedizioni in partenza dai porti cinesi, con un 30% di caduta dei traffici, la politica cinese ha deciso di rispondere con una duplice azione: evitare l’accerchiamento politico da parte americana e rispondere ai dazi con misure sistemiche.
Da una parte, mentre il presidente Xi Jinping, che non ha mai risposto personalmente agli annunci di Trump, si è immediatamente recato in visita ufficiale nei Paesi dell’area, per rinsaldare i rapporti politici ed economici con Vietnam, Malesia e Cambogia, la diplomazia ha lanciato appelli contro il bullismo americano minacciando ritorsioni nei confronti dei Paesi che si coalizzeranno con gli Usa contro la Cina.
In secondo luogo, il 4 aprile è stato aggiornato l’elenco dei minerali di cui è controllata l’esportazione dalla Cina, aggiungendone altri che sono fondamentali per l’industria come la costruzione dei magneti, ed è stata annunciata la rinuncia alla consegna dei Boeing 737 Max che erano già stati ordinati, essendo divenuti eccessivamente onerosi per via del dazio del 125% che grava sull’importazioni di merci dagli Stati Uniti. Finito il tempo degli annunci, il campo di battaglia si sposterà sul terreno dell’economia reale, sulle fabbriche ferme, sugli scaffali vuoti e sui prezzi in aumento.
«Bastarono i frigoriferi vuoti a far collassare l’Urss», affermó un giorno senza alcuna ironia Pino Rauti, rammentando che la penuria di cibo era stata un’arma più devastante degli eserciti dell’Asse. Saranno anche stavolta i cittadini, i protagonisti della guerra commerciale in corso: quelli americani impotenti davanti ai prezzi più che raddoppiati, e quelli cinesi licenziati per il venir meno delle commesse americane. Inorgoglirli di tutto ciò, sarà davvero difficile. (riproduzione riservata)