Le aspettative, forse, sono eccessive. Ma la speranza è che, durante il tavolo sull’ex Ilva convocato martedì 18 novembre a Palazzo Chigi, il governo chiarisca se e come ha intenzione di proteggere il lavoro e l’industria siderurgica nella città di Taranto. E se il futuro le appartiene ancora.
I temi da affrontare sono tanti: alcuni sono stati già svelati (come i 6 mila lavoratori in cassa integrazione) mentre altri restano nascosti dietro i cancelli dello stabilimento (come la relazione tra il piano di decarbonizzazione e futuri esuberi).
Probabilmente, il primo nodo che i commissari straordinari e i rappresentanti del governo dovranno sciogliere è se il piano su Acciaierie d’Italia è davvero un «piano di chiusura», come sostengono le organizzazioni sindacali, o se invece riflette una condizione industriale della fabbrica a Taranto, determinata dall’inattività di alcuni impianti e dal costoso approvvigionamento energetico.
Dal punto di vista dei sindacati, il tempo delle ambiguità è finito. L’obiettivo è arrivare a un piano di rilancio chiaro, con investimenti pubblici certi e una gestione a maggioranza pubblica. «Non ci interessano solo le date della cassa integrazione, serve un impegno concreto sul futuro dello stabilimento», spiega a MF-Milano Finanza Loris Scarpa, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil. La preoccupazione è che il piano possa diventare solo uno strumento di ridimensionamento e di disinvestimento sul territorio.
«O si cambia rotta, si fanno investimenti e si esce dal sistema di amministrazione straordinaria per intervenire con un’azienda a maggioranza pubblica che abbia come obiettivo il rilancio. Oppure, i 9 stabilimenti, non li tieni in vita», ha detto ancora Scarpa.
Il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, dopo l’ultimo tavolo con i sindacati, aveva spiegato che quello presentato dai commissari è «un piano operativo necessario a gestire questa fase di transizione, mentre procedono i negoziati per la vendita del polo siderurgico» e mentre si lavora per «garantire gas a prezzi competitivi» da destinare al futuro Dri della città ionica. Certo è che oggi a Palazzo Chigi il governo ha promesso di «riprendere il dialogo sulle prospettive occupazionali dei lavoratori». E forse, anche per questo, si guarda al tavolo come un test della volontà politica. (riproduzione riservata)