Il governo di Giorgia Meloni prova a fare sul serio con la tracciabilità. In un’Italia dove il contante resiste più che in altri Paesi - il 61% delle operazioni nei punti vendita fisici avviene ancora attraverso il cash - la nuova legge di Bilancio introduce l’obbligo di collegare i registratori di cassa dei negozi agli strumenti di pagamento elettronico.
Un passo in più contro l’evasione fiscale, dopo la fattura elettronica e i corrispettivi telematici. Per eliminare le incongruenze tra incassi e scontrini il terminale Pos di milioni di commercianti, ristoratori e artigiani parlerà direttamente e in tempo reale con l’Agenzia delle Entrate attraverso un sistema online realizzato ad hoc.
Se il provvedimento è tecnico, l’obiettivo è tutto politico: chiudere una delle ultime falle nel sistema della tracciabilità, quella dell’evasione di prossimità, fatta di scontrini-fantasma e incassi mai dichiarati nonostante il pagamento avvenga attraverso carta di credito.
Oggi infatti il Pos e il registratore telematico operano su canali separati: un commerciante può ricevere un pagamento elettronico, ma non emettere lo scontrino corrispondente, eludendo così la trasmissione del corrispettivo all’Agenzia delle Entrate. Il collegamento obbligatorio tra i due sistemi rende quasi impossibile questa discrepanza. E il funzionamento per gli esercenti sarà semplice. L’obiettivo è replicare per le piccole transazioni quotidiane la trasparenza che la fattura elettronica ha introdotto in quelle business-to-business.
L’Agenzia delle Entrate ha scelto una soluzione completamente digitale, senza collegamento fisico tra dispositivi. L’abbinamento avverrà tramite il portale «Fatture e Corrispettivi» accessibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia, dove l’esercente (anche tramite intermediario) assocerà la matricola del registratore telematico ai dati identificativi dei Pos comunicati dagli operatori finanziari.
Per chi utilizza la procedura web dell’Agenzia al posto di un registratore telematico il collegamento potrà essere effettuato direttamente all’interno dello stesso sistema. Le nuove funzionalità saranno disponibili dai primi giorni di marzo 2026, con un termine di 45 giorni per completare la registrazione dei Pos già in uso al 1° gennaio 2026 o attivati entro fine gennaio.
A regime la prima associazione e le successive variazioni dovranno essere effettuate entro l’ultimo giorno lavorativo del secondo mese successivo alla messa in uso dello strumento. E per chi non si adegua arriveranno sanzioni da 100 a 1.000 euro e nei casi più gravi, in presenza di reiterate violazioni, potrà arrivare anche la sospensione della licenza o dell’autorizzazione all’attività.
La norma si inserisce in un più ampio pacchetto anti-evasione contenuto nella manovra, che include anche una disposizione per i dipendenti della pubblica amministrazione inadempienti con il fisco e nuove regole per le trasferte e i rimborsi aziendali, ora soggetti a tracciabilità obbligatoria quando superiori a 500 euro.
Sul modello delle spese sanitarie viene introdotto l’obbligo di pagamento con moneta elettronica o bonifico per poter dedurre i costi. L’obiettivo è innescare un contrasto di interessi tra acquirente e venditore per cui al primo converrà saldare con la carta e al secondo dichiarare il ricavo. In parallelo, l’esecutivo ha rafforzato il potere di incrocio dati tra Agenzia delle Entrate e Inps, per individuare i casi di falsa partita Iva o lavoro autonomo «di comodo».
Il Tesoro nella Relazione tecnica stima un effetto modesto sul gettito: la previsione prudenziale si aggira tra 50 e 65 milioni di maggiori entrate nel 2026. Piccole cifre per un Paese che ha ancora dei forti squilibri nell’andamento del Tax Gap.
Secondo l’ultima relazione del Mef, «sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva» nel 2022 il gettito perso a causa del mancato pagamento dei tributi (ossia delle imposte e delle tasse) e dei contributi previdenziali valeva 102,5 miliardi di euro, in crescita di oltre 2 miliardi rispetto al 2021.
Del gettito perso 91 miliardi fanno riferimento all’evasione tributaria e 11,5 miliardi a quella contributiva. In termini relativi però il peso dell’evasione continua a diminuire: nel 2018 rappresentava il 19,7% del gettito potenziale, nel 2022 è sceso al 15,3%, segno che la digitalizzazione e i controlli automatici stanno producendo effetti, anche se lentamente.
La relazione di Via XX Settembre individua nell’Iva e nelle imposte sui redditi da lavoro autonomo le aree più critiche: insieme generano oltre il 70% dell’intero tax gap. La propensione media all’evasione resta altissima nei servizi di trasporto dove sfiora il 50%, mentre è marginale nei settori digitalizzati. Il potenziale recupero di gettito da taxi e ncc viene quantificato in 20 milioni, mentre dai servizi di alloggio e ristorazione non ci si attende alcun ricavo aggiuntivo visto che già oggi hanno l’obbligo di fatturazione elettronica e trasmissione dei corrispettivi.
La nuova architettura dei controlli appare quindi fondamentale per l’evasione di prossimità. Ma il vero banco di prova resta la riscossione. Oggi oltre mille miliardi di crediti fiscali restano inevasi e solo una quota minima - circa il 6%, secondo la Corte dei Conti - è effettivamente esigibile. Il resto è composto da cartelle prescritte, debiti di imprese fallite o di soggetti nullatenenti, spesso accumulati in oltre un decennio. È qui che il sistema si inceppa: a monte l’accertamento si è digitalizzato, ma a valle la macchina della riscossione continua a muoversi con tempi e strumenti analogici. (riproduzione riservata)