Nei prossimi 20 anni, l’Italia vedrà una colossale staffetta patrimoniale: il trasferimento intergenerazionale di oltre 6.460 miliardi di euro a titolo di eredità. Una cifra che basterebbe per finanziare 80 leggi di bilancio o 60 Pnrr, e che nessuno si era preso la briga di calcolare. Ma adesso a incrociare dati e tirare le somme è arrivato il report «La pesante eredità: ricchezza e immobilità sociale tra le generazioni in Italia», realizzato da Future Proof Society e il think-tank Tortuga
Non si tratta di un puro esercizio contabile. Nella mole dei numeri emerge anche un altro aspetto: in Italia, l’ascensore sociale funziona poco o niente, in altre parole, chi nasce povero ha pochissime possibilità di diventare ricco. L’elasticità intergenerazionale del reddito, che misura quanto lo status economico dei genitori influisca su quello dei figli, è 0,5, una delle cifre più alte tra i Paesi Ocse.
Vuol dire che metà delle possibilità economiche dipendono dalla famiglia in cui si nasce. Genitori abbienti garantiscono accesso privilegiato a istruzione di qualità, reti sociali, assistenza legale e sanitaria, rafforzando il vantaggio competitivo intergenerazionale. Peggio dell’Italia fanno solo Stati Uniti e Regno Unito. In Svezia o in Norvegia, per esempio, lo stesso indice è attorno allo 0,2. Il fenomeno si chiama «Curva del Grande Gatsby», dal nome del protagonista del romanzo di Francis Scott Fitzgerald, che assume addirittura una nuova identità per emanciparsi dalla famiglia di poveri contadini del Nord Dakota da cui proviene.
Il problema non è solo la scarsa mobilità, ma anche la concentrazione della ricchezza. Secondo i dati Eurostat analizzati dal think-tank Tortuga, il 10% degli italiani più ricchi possiede il 60% della ricchezza totale del Paese. La metà più povera invece, 30 milioni di persone, si divide appena il 7,4%.
La tendenza si è rafforzata negli ultimi dieci anni, la fetta di ricchezza della fascia top 10% è aumentata di 7 punti percentuali, contro una media Ue di 3,5. Un’accelerazione quasi doppia rispetto al resto d’Europa.A pagare il prezzo più alto di questa dinamica sono i giovani, come dimostrano i dati della Banca d’Italia.
Nel 2022, il 75% della ricchezza nazionale era detenuta da over 50. Gli under 40, Millennials e Generazione Z, erano fermi sotto il 9%. Anche a parità di età, i giovani di oggi sono più poveri di quelli di ieri. Un quarantenne nato nel 1946, un Baby Boomer secondo le etichette generazionali, aveva il 50% di patrimonio in più rispetto a un quarantenne di oggi. Colpa, elenca il report, di salari stagnanti, lavori precari, prezzi immobiliari inaccessibili e mancanza di politiche redistributive.
A quest'ultimo proposito, lo studio evidenzia un altro aspetto: il sistema fiscale italiano, a sorpresa tra i più indulgenti d’Europa sulle successioni, rischia di consegnare questo patrimonio immenso solo a chi è già ricco, senza alcun beneficio collettivo.
Dagli oltre 6.400 miliardi di euro che cambieranno proprietario tra il 2025 e il 2045, secondo le attuali norme lo Stato riuscirà a incassare solo 50 miliardi in 20 anni. Circa 2,4 miliardi l’anno.Per fare un confronto: in Francia, una tassazione simile porterebbe 17 miliardi in più all’anno. Una differenza che, in vent’anni, vale quasi 350 miliardi di euro. A rendere più confuso il quadro c’è l’elusione fiscale, agevolata da trust, residenze fiscali estere, società off-shore. Secondo il Global Tax Evasion Report, la maggior parte del patrimonio dei multimilionari è formalmente invisibile al fisco.
Gli estensori del report sanno di addentrarsi su un terreno scivoloso, la tassa di successione è tra le più impopolari, e perciò si fa subito chiarezza: nessuno vuole tassare le famiglie medio e basso-reddito. La proposta avanzata da Tortuga e Future Proof Society, semmai, prevede un aumento modesto dell’imposta di successione solo sui grandi patrimoni, destinando l’eventuale extra-gettito al finanziamento di istruzione pubblica, sanità, case per giovani, ricerca. Non per punire chi ha successo, ma per non zavorrare chi parte svantaggiato, e quindi per dare una spinta all’ascensore sociale.
La tesi del report è che ridistribuire una parte del gettito fiscale in funzione formativa può diventare una questione strategica in un’Italia che non cresce, che invecchia, dove le nascite crollano e i giovani scappano all’estero. «Questo report nasce da una domanda: il nostro Paese sta stimolando la generazione di valore? Analizzando i macrotrend della polarizzazione della ricchezza e dell’erosione della mobilità sociale in Italia, e dunque identificando la leva concreta per evitare di ritrovarci tra 20 anni con un’ascensore sociale ancora bloccato» spiega Alessandro Tommasi, ceo e co-founder di Future Proof Society. «La soluzione è un sistema fiscale più equo, orientato al futuro, capace di investire dove oggi si accumula il ritardo. Perché in un Paese che eredita le disuguaglianze, la vera scelta è capire come costruire delle opportunità di cambiamento. Intanto», spiega a MF-Milano Finanza, «Future Proof Society farà la sua parte creando una piattaforma partecipativa per promuovere aziende e società a prova di futuro e migliorare le prospettive della Gen Z». (riproduzione riservata)