Eni, sgambetto di Trump in Venezuela. L’embargo sul petrolio resta solo per i gruppi europei
Eni, sgambetto di Trump in Venezuela. L’embargo sul petrolio resta solo per i gruppi europei
Via libera all’americana Chevron, che torna a fare affari con Caracas. Alle altre big oil non resta che aspettare le decisioni di Washington. Il gruppo di Descalzi deve recuperare crediti miliardari dalla compagnia venezuelana Pdvsa. Inntanto in Uk crolla Ithaca dopo la cessione del 3%

di di Angela Zoppo 02/09/2025 19:30

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Da generale, il blocco imposto a marzo 2025 dall’Amministrazione Trump alle oil company che operano in Venezuela è diventato selettivo. E a farne le spese sono le compagnie europee. Gli Stati Uniti infatti hanno appena concesso alla connazionale Chevron il via libera per riprendere la produzione e l’esportazione di greggio venezuelano, ma continuano a mantenere bloccate le autorizzazioni richieste da diverse compagnie europee, che non possono più ricevere i rimborsi in natura, attraverso carichi di greggio, per il gas che producono nei giacimenti del Paese sudamericano e rivendono alla compagnia statale Pdvsa (Petróleos de Venezuela).

Eni e le altre rimaste al palo

Tra queste c’è Eni, in compagnia della spagnola Repsol e della francese Maurel & Prom: tutte in attesa di un provvedimento ufficiale del Dipartimento del Tesoro e del Dipartimento di Stato americani. La conseguenza è che, mentre Chevron ha già ripreso le spedizioni di greggio verso gli Stati Uniti, le compagnie europee restano in una situazione di stallo, senza possibilità di avviare nuove esportazioni o riprendere i programmi con Pdvsa.

Appena a luglio la situazione era ancora generalizzata: tutte le società estere in Venezuela, comprese quelle con passaporto americano, aspettavano chiarimenti da Washington. Anche Eni e Repsol avevano presentato richieste formali di autorizzazione per poter continuare a ricevere greggio in pagamento dei crediti maturati con Pdvsa nell’ambito degli accordi di «oil for debt». Poi la mossa di Trump ha rimescolato le carte. Chevron libera e le compagnie non statunitensi al palo.

Quanto deve recuperare Descalzi

Guardando a Eni nello specifico, la situazione nel Paese sta ostacolando il recupero dell’investimento nel giacimento offshore a gas Perla, operato dalla società locale Cardón IV, joint venture paritetica con un’altra compagnia petrolifera internazionale. Pdvsa, alla quale viene venduta l’intera produzione di gas naturale del progetto, versa in stato d’insolvenza e, per inciso, è dal 2017 che non pubblica più la relazione finanziaria né l’aggiornamento sulla situazione debitoria.

Alla data della relazione finanziaria semestrale pubblicata a luglio scorso l’esposizione nominale creditoria del gruppo guidato dall’ad Claudio Descalzi verso Pdvsa ammontava a circa 2,3 miliardi di dollari (con un valore di carico di 900 milioni), in aumento rispetto ai 2,1 miliardi riportati nel bilancio 2024 in seguito alla decisione dell’Amministrazione Usa di revocare tutte le licenze e i cosiddetti comfort precedentemente accordati alle compagnie petrolifere internazionali per recuperare le somme dovute attraverso il ritiro di carichi di greggio. Nel 2024 la presa statunitense si era leggermente allentata, consentendo al gruppo di compensare parte dei crediti fino a circa il 45% di quelli maturati nei confronti di Pdvsa. Poi la nuova stretta. I canali negoziali restano tutti aperti ed Eni è in contatto costante con Washington.

Lo scivolone di Ithaca Energy sul listino Uk

Intanto, quella di marted’ 2 settembre è stata una brutta giornata nel Regno Unito per la partecipata Ithaca Energy, che è arrivata a perdere il 17% per chiudere a – 12,8% sulla notizia della vendita da parte di Eni e dell’azionista di maggioranza Delek di un 3% circa del capitale per un incasso intorno ai 106 milioni di sterline. Sono state cedute a investitori istituzionali 49,6 milioni di azioni ordinarie al prezzo unitario di 213,75 pence, con uno sconto del 10% rispetto alla chiusura di lunedì di 237,5 pence. Secondo fonti di mercato, a determinare lo scivolone in borsa è il timore di ulteriori cessioni. In seguito alla transazione, Delek deterrà il 50,5% di Ithaca ed Eni quasi il 36%. (riproduzione riservata)