Se nel 1978 Bettino Craxi aveva scelto di «tagliare la barba al Profeta» Karl Marx, lui oggi punta invece a «tagliare le unghie» (per non dire gli artigli) ai colossi del web, sempre più rapaci. A vent’anni dalla riforma del sistema radiotelevisivo che porta il suo nome, il capogruppo Fi in Senato, Maurizio Gasparri, traccia un bilancio della legge che varò da ministro delle Comunicazioni nel Berlusconi II e delinea le prospettive dell’industria editoriale. Con un monito: l’algoritmo è una risorsa, ma serve un pulsante di sicurezza per spegnerla.
Domanda. Vent’anni fa, il 3 maggio 2004, entrava in vigore la legge Gasparri sul sistema radiotelevisivo. Com’era e com’è cambiata la tv in questi vent’anni?
Risposta. Il più grande cambiamento di questi 20 anni è legato alla nascita di molte nuove tecnologie. Nel 2004 regolammo il sistema del digitale terrestre che stava arrivando e creammo il Sistema integrato delle comunicazioni (Sic), un contenitore di tutti i ricavi pubblicitari di tv, giornali, cinema, editoria, inserendo anche Internet. Ci accusarono di fare una torta più grande per diluire i ricavi di Fininvest e non far superare a Berlusconi la soglia massima del 20%. E pensi che non abbiamo inserito le telecomunicazioni, altrimenti ci avrebbero accusato ancora di più.
Oggi sono ormai anni che sullo smartphone, diventato strumento di massa, si può guardare la tv e leggere i giornali. Noi abbiamo anticipato i tempi: non pretendo scuse, non sono Filippo Tommaso Marinetti, il padre del Futurismo che oltre cent’anni fa diceva «un giorno scriveremo su libri di nichel di migliaia di pagine alti non più di tre centimetri e dotati di tastiere», ma bisogna ammettere che avevamo già capito qual era la direzione che la tecnologia stava prendendo.
D. Oggi l’ombra dei colossi Big Tech incombe ormai da tempo sul sistema dell’informazione e dell’editoria, già minato dal calo di vendite e ascolti e dal taglio dei fondi pubblici. Una crisi irreversibile?
R. È una crisi grave, ecco perché bisogna alimentare il Fondo dell’editoria. E noi lo abbiamo fatto: in manovra Forza Italia ha presentato un emendamento super-segnalato che stanzia oltre 136 milioni di euro. I giornali possono piacere o non piacere, ma danno un’informazione più ricca e variegata, mentre i social network alimentano solo fake news. Non sostenere il Fondo è una scelta sbagliata: solo gli illetterati non capiscono l’importanza dei giornali.
D. Altro emendamento di Fi in manovra è quello che ripristina i paletti sulla web tax che il governo vorrebbe invece estendere erga omnes.
R. Serve una norma che tagli le unghie allo strapotere delle Big Tech protette dagli Usa. Pensi che nel 3° trimestre gli Ott hanno generato, solo negli Stati Uniti, 99 miliardi di dollari di utili. In Francia hanno introdotto una tassa da 3 euro su ogni libro comprato in rete per incentivare i consumatori ad andare in libreria. Bisogna assolutamente riportare la web tax sopra un certo fatturato: oggi si rischia di far pagare a soggetti piccole e deboli, mentre i colossi spesso non pagano niente.
D. Quale futuro si immagina per l’industria editoriale, anche alla luce della rapidissima avanzata dell’intelligenza artificiale?
R. L’AI è una risorsa importante ma un po’ mi preoccupa: serve un tasto che ci consenta di spegnerla. Non vorrei che gli algoritmi (che rappresentano una forma di progresso inevitabile ma preziosa) finiscano per dirci come pensare e parlare. Ci dev’essere un tasto di spegnimento come quello del supercomputer Hal 9000 in «2001: Odissea nello spazio» di Stanley Kubrick: alla fine l’ultimo astronauta riesce a premerlo. Ecco, dev’essere così anche per l’algoritmo.
D. Tornando invece al tema manovra, nelle ultime settimane si sono registrate scintille tra Fi e Lega sulla Rai: per voi i 90 euro restano un punto irrinunciabile?
R. Il Media Freedom Act che l’Italia dovrà recepire entro maggio 2025 dice che la tv dev’essere indipendente. Ma una tv è più indipendente se la pagano i cittadini con il canone o se la paga lo Stato integrando il canone Rai ridotto a 70 euro con 430 milioni?
D. A proposito di Rai, l’11 dicembre è prevista una nuova convocazione della Vigilanza per la nomina del presidente: dopo cinque fumate nere, sarà la volta buona?
R. Credo servirà ancora un attimo di tempo. Diciamo che conosco il nome ma non la data. So come finirà, ma non so quando: Simona Agnes sarà presidente della Rai. Senza dubbio. (riproduzione riservata)