Il primo ministro francese accusa l’Italia di fare dumping fiscale, attraendo i ricchi. È evidentemente un modo per ribaltare all’estero le preoccupazioni interne. A parte il fatto che il primo ministro potrebbe guardare prima le anomalie del Principato di Monaco, dove, non ultimo, è andato a risiedere e pagare le imposte Jannik Sinner, l’Italia non ha certo le aliquote e le regole di un paradiso fiscale, almeno per chi osserva le norme.
Sarà anche vero che a Milano è arrivato qualche banchiere francese, che prima lavorava a Londra; ma è poca roba in totale. Preoccupa forse che Bernard Arnault, uno dei più ricchi del mondo, abbia acquistato la Casa degli Atellani, in corso Magenta a Milano, famosa per i giardini di Leonardo da Vinci? Se vi trasferisse la sua residenza, dalla Francia uscirebbe un po’ di gettito fiscale (molto di più se pagasse in Italia eventuali imposte di successione, su beni non francesi).
Ma a prescindere da quante tasse personali paghi Arnault, il gettito statale italiano non aumenterebbe molto. L’agevolare o meno le persone fisiche super ricche è un tema delicato e di giustizia sociale, ma pesa relativamente ai fini del gettito di uno Stato, perché i super ricchi sono pochi.
Guardando invece al quadro generale, è indubbio che, per la prima volta da molti anni, l’Italia è messa meglio (o meno peggio) di Francia e Germania. I due vicini prima la guardavano dall’alto in basso o la ignoravano facendo incontri bilaterali su grandi piani di collaborazione economica. Oggi la Francia ha un serio problema di deficit, di debito e di interessi. Problemi a cui l’Italia, grazie a saldi primari migliori, ha comunque fatto il callo.
La Germania ha il tema del deficit, avendo ampio spazio sul debito. Ma tale spazio ha già deciso di spenderselo entro i propri confini, in difesa o infrastrutture, con buona pace del rapporto privilegiato e dei bilaterali con la Francia. A essere realisti, più che l’Italia migliorata, sono peggiorate Francia e Germania; ma tant’è, la distanza si è accorciata. Solo le agenzie di rating fanno finta di non accorgersene – alla faccia della professionalità - lasciando una AA alla Francia, che paga sui suoi titoli di stato quasi gli stessi tassi dell’Italia, con la sua BBB.
Ma se le realtà economiche si sono avvicinate, invece che polemizzare su argomenti futili, si potrebbe invece più utilmente ed efficacemente iniziare a collaborare su temi economici e fiscali di ampio respiro. Se il tema che brucia è il dumping fiscale, che si propongano insieme e con forza, al Consiglio Europeo, oltre ai piani per la difesa comune, anche piani a medio termine per armonizzare le aliquote fiscali; partendo da chi davvero basa una fetta della sua economia sul dumping, come Irlanda, Benelux e la fascia orientale dell’Unione Europea.
Gli interessi sui debiti pubblici convergono? Si potrebbero effettivamente iniziare a finanziare in comune grandi progetti industriali-strategici, come nuove reti di comunicazione digitale ed energia, atomica o rinnovabile. Si discuta sulla governance condivisa di tali progetti e di dove collocarli, in modo equilibrato; ma il loro finanziamento specifico - non sarebbe debito pubblico generico, per pagare deficit da pensioni e sanità - potrebbe essere effettivamente in eurobond. Debito aggiuntivo buono, come dice Mario Draghi, che tutti applaudono, ma nessuno ancora mette in pratica. Sarebbe bello che fosse proprio il governo Meloni, forte di una situazione economica interna relativamente stabile, a fare un passo avanti, con nuove proposte di grande respiro, utili a dare all’Europa un cambio di marcia.(riproduzione riservata)