È morto Robert Redford, attore e regista pluripremiato
È morto Robert Redford, attore e regista pluripremiato
La star di classici di Hollywood come Butch Cassidy e Tutti gli uomini del presidente ha contribuito a far esplodere il cinema indipendente con il Sundance Film Festival

di Chris Kornelis (The Wall Street Journal)  16/09/2025 16:16

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Nell’autunno del 1969, Robert Redford apparve in due film che cambiarono la sua vita e le carriere di intere generazioni di cineasti.

Il primo, Butch Cassidy and the sundance kid, incentrato su due fuorilegge in fuga, lo trasformò in un attore di punta, simbolo stesso della star hollywoodiana. Il secondo, Downhill racer, che raccontava la storia di uno sciatore competitivo, era una produzione a basso budget e dal messaggio cupo. Era, come avrebbe detto Redford anni dopo, il ritratto di «qualcuno che sarebbe stato completamente screditato e scartato, se non fosse stato per il fatto che era un vincente». Distribuito da una grande casa di produzione che sperava in un successo, fu invece un flop.

«È stato tragico», disse Redford a Inside the actors studio nel 2005, «ed è quello che mi spinse davvero a voler fare qualcosa per il cinema indipendente».

Per i successivi cinquant’anni, Redford recitò e produsse alcuni tra i film più costosi e più redditizi dell’industria cinematografica. Ma, come anima dietro al Sundance film festival di Park City, nello Utah, contribuì anche a creare un ecosistema per le produzioni più piccole. Alcuni film lanciati al festival divennero popolari presso il grande pubblico, come Le iene (Reservoir dogs) e Napoleon dynamite, ma molti altri trovarono semplicemente un pubblico di nicchia, reso possibile dall’infrastruttura del cinema indipendente statunitense costruita da Redford e dal Sundance.

Redford è morto nella sua casa nello Utah

Dopo Sundance kid, Redford interpretò ruoli da protagonista in film premiati e di enorme successo, tra cui La stangata (The sting, 1973), Tutti gli uomini del presidente (All the president’s men, 1976) e Il migliore (The natural, 1984). Dietro la macchina da presa, vinse l’Oscar come miglior regista con Gente comune (Ordinary people, 1980). Ottenne inoltre due Golden Globe e la Medaglia presidenziale della libertà. Pur essendo una delle star più celebrate del Novecento, Redford si interessava più all’arte di fare cinema che agli orpelli della celebrità.

«Hollywood non era un posto dove sognavo di arrivare», disse a Esquire nel 2013. «Non riuscivo a prendere sul serio l’ossessione che la gente ha per la celebrità o per arrivare a Hollywood—io ci sono nato accanto».

Dall’abbandono degli studi a divo del cinema

Charles Robert Redford Jr. era nato a Santa Monica, in California, il 18 agosto 1936, da Martha (nata Hart) e Charles Redford. Redford mal sopportava il conformismo del padre, contabile e lattaio, la cui esperienza durante la Grande depressione lo aveva reso «pauroso di rischiare» e desideroso che il figlio seguisse «la retta via», raccontò lo stesso Redford a Inside the actors studio. Sua madre, invece, era molto più comprensiva verso le sue inclinazioni ribelli: «Qualunque cosa facessi», disse, «era sempre pronta a perdonarmi e sostenermi, convinta che potessi fare qualsiasi cosa».

Frequentò la Van Nuys High School di Los Angeles, dove, a suo stesso dire, era «un disastro», con pessimi voti e più interesse per lo sport che per lo studio. Dopo il diploma ottenne una borsa di studio per il baseball all’Università del Colorado a Boulder, ma lasciò gli studi. Si trasferì in Europa, dove visse e studiò arte in Italia, Spagna e Francia. Successivamente si stabilì a New York, iscrivendosi brevemente al Pratt institute e poi prendendo lezioni di recitazione all’American academy of dramatic arts. Durante la scuola di recitazione iniziò a ottenere ruoli teatrali e televisivi, fino alla svolta con la commedia di Broadway di Neil Simon A piedi nudi nel parco (1963), diretta da Mike Nichols. (Avrebbe poi interpretato anche la versione cinematografica del 1967, al fianco di Jane Fonda.)

Nel 1969, Butch Cassidy and the sundance kid rese Redford un nome familiare. La Twentieth Century Fox avrebbe voluto Steve McQueen o Marlon Brando per il ruolo del «Sundance kid», ma Paul Newman insistette affinché fosse Redford a recitare con lui. Pur non essendo subito accolto calorosamente dalla critica (Roger Ebert lo definì «lento e deludente»), il film fu un successo al botteghino, incassando oltre 100 milioni di dollari. Ottenne sette nomination agli Oscar e vinse quattro premi, incluso quello per la sceneggiatura di William Goldman.

Redford e Newman, che divennero amici per la vita, tornarono a recitare insieme come truffatori ne La stangata (The sting, 1973), altro grande successo di critica e pubblico. Il film ricevette dieci nomination agli Oscar, incluso miglior attore per Redford, e ne vinse sette, tra cui miglior film.

Tra gli anni ’70 e ’80 Redford fu protagonista di numerose pellicole acclamate, tra cui Come eravamo (The way we were, 1973), I tre giorni del condor (Three days of the condor, 1975) e La mia Africa (Out of Africa, 1985), tutte dirette da Sydney Pollack, suo grande amico. I due si conobbero sul set di War hunt (1962), legando come giovani padri di famiglia in un’epoca in cui «la maggior parte dei ragazzi cominciava a vivere da scapoli», raccontò Pollack.

«Per me era un richiamo agli attori che adoravo quando crescevo: star vere, classiche, tradizionali, che incarnavano un’essenza profondamente americana», disse Pollack a Charlie Rose nel 1993.

Anche Jane Fonda divenne una sua grande amica, a partire dal film di Arthur Penn Caccia tragica (The chase, 1966). Quando recitarono di nuovo insieme nel film Netflix del 2017 Le nostre anime di notte (Our souls at night), The Hollywood reporter scrisse che «la loro chimica e il loro fascino restavano intatti, pur avvicinandosi agli 80 anni».

Un rifugio per il cinema indipendente

Oltre all’Oscar vinto con Gente comune (Ordinary people), Redford ottenne nomination come regista e produttore per Quiz show (1994). Diresse anche L’uomo che sussurrava ai cavalli (The horse whisperer, 1998) e Leoni per agnelli (Lions for lambs, 2007), tra gli altri.

All’inizio della carriera, Redford si sentì disilluso dall’espansione urbana e dall’inquinamento di Los Angeles, e cominciò ad acquistare terreni nello Utah.

«Avevo poco più di vent’anni ed ero cresciuto a Los Angeles, ma vedevo quella città scivolare via dal ricordo che avevo da bambino», raccontò a Esquire nel 2014. «Aveva perso la sua identità: improvvisamente c’era cemento ovunque, niente più verde, aria cattiva—e io volevo andarmene. Andai nello Utah perché non conoscevo nessuno lì».

Nel 1981, sulle sue proprietà nello Utah, fondò il Sundance institute, organizzazione no profit che inizialmente riuniva giovani registi indipendenti per aiutarli a sviluppare il proprio talento. Più tardi l’istituto prese in gestione un festival cinematografico a Park City, nello Utah, che divenne poi il Sundance film festival.

All’inizio il progetto era un azzardo: «Venite in pieno inverno a vedere un festival a Park City, nello Utah», disse Redford a Wsj. magazine nel 2015. «Pensai che forse la stranezza avrebbe attirato la gente».

Quando, nel 1989, Harvey Weinstein portò al Sundance il film di Steven Soderbergh Sesso, bugie e videotape, il festival divenne il fulcro del cinema indipendente. «Harvey fu il primo a trattarlo come qualcosa di importante», disse Redford. «Allora gli altri si chiesero: “Aspetta un attimo, cosa ci fa Harvey nello Utah?” e vennero anche loro».

Il festival contribuì a far esplodere il cinema indipendente negli anni ’90, lanciando film come Le iene (Reservoir dogs, 1992) di Quentin Tarantino, El Mariachi (1992) di Robert Rodriguez e Clerks (1994) di Kevin Smith.

Gli ultimi anni: «Non vedo ragioni per fermarmi»

Redford sposò Lola Van Wagenen nel 1958 e la coppia ebbe quattro figli: Shauna Jean, pittrice; David James, regista (morto di cancro nel 2020); Amy Hart, attrice; e Scott Anthony, nato nel 1959 e morto lo stesso anno per la sindrome della morte improvvisa infantile. Il matrimonio terminò con un divorzio. Nel 2009 Redford sposò l’artista Sibylle Szaggars, che gli sopravvive.

Continuò a lavorare anche nei suoi settant’anni e ottant’anni, con risultati alterni ma spesso apprezzati. Da regista, lanciò Brad Pitt con In mezzo scorre il fiume (A river runs through it, 1992). I due recitarono poi insieme nel thriller Spy game (2001). Più recentemente, Redford apparve nei film Marvel Captain America: the winter soldier (2014) e Avengers: endgame (2019). Le sue interpretazioni in All is lost (2013) e Old man & the gun (2018) furono particolarmente lodate dalla critica.

«Bisogna sfruttare al massimo ciò che ti è stato dato—è così che la vedo», dichiarò a Wsj. magazine nel 2015. «E continuare a spingersi oltre. Non vedo alcuna ragione per fermarmi. Penso che la pensione possa portare alla morte, e non fa per me».

In un’intervista a Time dopo la morte di Sydney Pollack nel 2008, Redford ricordò che, andando a trovarlo negli ultimi mesi, gli disse che i momenti più divertenti della loro carriera insieme erano stati quelli in cui lavoravano a progetti originali, non adattamenti né remake: «Perché significava sempre andare un po’ in salita, lottando contro gli ostacoli. Gli dissi: non so tu, ma per me il successo è un gioco strano. Non credo che il divertimento maggiore fosse nell’averlo raggiunto, ma nello sforzo di inseguirlo». (riproduzione riservata)