I dazi del 20% annunciati dal presidente americano Donald Trump «sono un errore ma non una catastrofe». Così Giorgia Meloni, in un’intervista al Tg1, ha commentato la scelta americana che ha travolto le borse e rischia di trascinare il mondo in recessione.
La premier ha annullato tutti gli appuntamenti di giovedì 3 aprile e ha chiesto al suo governo di fare altrettanto per una riunione a Palazzo Chigi. Un’agenda liberata per permettere alla presidente del Consiglio di «concentrare la propria attività sulle azioni da intraprendere in seguito all’introduzione di nuovi dazi da parte del governo degli Stati Uniti», come ha spiegato lo staff.
Al tavolo, durato poco più di un’ora, la presidente ha sottolineato la necessità di adottare una linea comune, aprendo alla possibilità di creare una «task force anti-dazi», composta da esperti nominati dai diversi dicasteri, che si occuperà di seguire e monitorare la situazione.
L’esecutivo, come confermato dalla stessa premier, è già al lavoro su «uno studio sull’impatto reale che settore per settore ha questa scelta, ci confronteremo la settimana prossima con i rappresentanti delle categorie produttive per confrontare anche con le stime che hanno loro, cercare le soluzioni migliori».
«Il mercato degli Stati Uniti», ha detto Meloni al Tg1, «è un mercato importante per le esportazioni italiane, vale alla fine il 10% del complessivo delle nostre esportazioni e noi non smetteremo di esportare negli Stati Uniti. Significa che ovviamente abbiamo un altro problema che dobbiamo risolvere, ma non è la catastrofe che alcuni stanno raccontando».
«Non sono convinta che la scelta migliore sia rispondere ai dazi con altri dazi», ha poi detto la premier, «perché l’impatto potrebbe essere maggiore sulla nostra economia. Bisogna aprire una discussione franca, nel merito, con gli americani. L’obiettivo è arrivare a rimuovere i dazi, non a modificarli».
In Europa l’Italia porterà gli interessi italiani. «Perché mentre noi trattiamo con gli americani ci sono tante cose che l’Ue può fare per rimuovere i dazi che si è autoimposta. Cito, ad esempio, le regole ideologiche non condivisibili sul settore dell’automotive nel green deal. Cito l’energia, un fattore di competitività. Cito la semplificazione. Cito il patto di stabilità. Ecco, forse una revisione del patto di stabilità, a questo punto, sarebbe necessaria».
Al vertice erano presenti i vicepremier Matteo Salvini e Antonio Tajani (videocollegato da Bruxelles), nonché i ministri Giancarlo Giorgetti, Tommaso Foti, Francesco Lollobrigida e Adolfo Urso. Proprio al titolare delle Imprese e del Made in Italy è stato affidato il compito di riferire la posizione dell’esecutivo, poco dopo, durante il question time al Senato.
La linea tracciata dal titolare di Via Veneto abbraccia la strada diplomatica, mettendo al primo posto «il bene delle imprese europee e, di conseguenza, di quelle italiane». L’Italia, probabilmente al prossimo Consiglio Europeo straordinario, chiederà «alla Commissione europea di puntare, piuttosto, sulla realizzazione di una politica industriale che renda nuovamente competitive le aziende».
Un rilancio che secondo il ministro deve passare attraverso poche direttive, ma ben mirate: «La sospensione delle regole folli del Green Deal che hanno già portato al collasso l’industria automobilistica europea, la semplificazione delle procedure amministrative europee, l’applicazione del principio Buy European e la sospensione, per almeno di due anni, degli accordi dell’Omc sugli appalti pubblici». (riproduzione riservata)