Fa un certo effetto vedere Azimut Holding che perde il 15% in un mezzogiorno di fuoco, giovedì 13 novembre, riuscendo poi a chiudere con un -10% una giornata di forte stress. Ma anche A2A che cede il 9% il giorno prima, Avio il 13% a poca distanza, Diasorin il 19% a inizio mese, Brunello Cucinelli il 17% a fine settembre. Chi ha scordato poi il -14% di Stm il 23 ottobre, il -11,7% di Inwit o il -25% di Amplifon in piena estate? Sono ormai diversi gli angeli caduti a Piazza Affari, large cap per lo più che lasciano sul terreno percentuali in doppia cifra, fino ad arrivare ad un quarto della capitalizzazione di borsa, in una singola seduta. Cali inversamente proporzionali al galoppo di Piazza Affari, che ha visto il Ftse Mib toccare brevemente quota 44.000 punti, tornando ai livelli del 2001. I crolli cui i mercati hanno assistito sono legati a trimestrali deboli o a previsioni ridotte. Ma anche ad attacchi di fondi speculativi, oppure a inchieste della Gdf. Con una borsa che resta ancora a livelli alti nonostante un avvio di correzione, analisti e gestori si chiedono se i tonfi degli angeli caduti siano un interessante punto di investimento oppure una trappola.
Bankitalia è entrata a gamba tesa su Azimut Holding, accusando il gruppo del risparmio gestito di «rilevanti carenze» in capo alla controllata Azimut Capital. Si tratta della sgr che raccoglie i banker, buona parte dei quali dovrebbe confluire nel progetto Tnb, la banca dove Azimut avrebbe fino al 20% e Maurizio Tamagnini l’80%. Il giorno dopo la comunicazione, il titolo ha perso fino al 15% per poi chiudere con un -10% grazie anche all’intervento del presidente Pietro Giuliani. Che ha chiarito due punti: il gruppo è in grado di gestire i rilievi fatti e si aspetta un via libera di Bankitalia a Tnb entro il secondo trimestre 2026, altrimenti la banca può nascere in Svizzera. Intanto Giuliani ha dato mandato per comperare azioni Azimut per milioni di euro e ha confermato la politica dei dividendi. A seguire, l’intervento del ceo Giorgio Medda che ha annunciato un buyback fino a 500 milioni di euro con cancellazione delle azioni. A comprare saranno anche gli stessi manager. Gli analisti di Banca Akros hanno confermato il target price di 40 euro sul titolo.
E si sono chiesti: quanto vale l’azione senza il progetto Tnb? La risposta è 38 euro, valutando la società con un rapporto prezzo/utili di 11 volte. A questo si aggiunge l’interesse speculativo legato su Nova, la Sgr condivisa fra Azimut e Unicredit, che potrebbe tornare in scena «se l'accordo fra Unicredit e Amundi finissse, potendo arrivare a gestire circa 100 miliardi di euro entro il 2030». Gli analisti di Intesa Sanpaolo valutano invece 33,6 euro Azimut da sola, 38 euro con la creazione di Tnb. Gabriel Debach, market analyst di eToro, ricorda che «l’episodio riflette il clima contraddittorio che domina oggi Piazza Affari. Da un lato un indice che continua a macinare record, dall’altro, le vendite giornaliere a doppia cifra sui singoli titoli, a ricordare che sotto la superficie brillante si muove una tensione crescente. Azimut ne è l’emblema. Solo ieri festeggiava il 25° massimo storico del 2025». Il messaggio di Via Nazionale è chiaro, riprende Debach: «prima di espandersi, serve consolidare la struttura di controllo. Difficile però parlare di inversione di tendenza di lungo periodo per il titolo così come per Piazza Affari».
Il titolo A2A è sceso del 9% il 12 novembre dopo la presentazione del nuovo business plan «che a fronte di investimenti molto elevati per 23 miliardi di euro nel periodo 2024-35», ragiona Gianmarco Bonacina, Head of Equity Research Banca Akros, vede un «utile netto di 0,7 miliardi al 2028, stabile rispetto a quello atteso nel 2025 e con una crescita positiva dell’utile netto solo a partire dal 2029 in avanti». Banca Akros ha un rating neutral con target price di 2,4 su A2A. Debach di eToro nota che il gruppo «ha cambiato pelle, ma il mercato non l’ha riconosciuto». La performance dopo il Capital Market Day «è un voto di sfiducia o incertezza più che un eccesso di panico. Il management ha presentato due promesse forse in conflitto: una storia Growth (23 miliardi di investimenti e M&A estero) e una storia Yield (dividendo +4% annuo). Invece di rassicurare, questa duplicità ha creato dissonanza: il mercato non crede che si possano avere entrambe le cose».
Il titolo ha perso il 19% il 6 novembre dopo la pubblicazione di risultati del terzo trimestre inferiori alle attese e alla riduzione della guidance per il 2025 con un fatturato atteso ora in crescita fra il 4-5% (rispetto al precedente 7%) e un margine ebitda del 33% (dal 34%). Per Bonacina (Banca Akros, accumulate, prezzo obiettivo 90 euro) i conti sono stati colpiti da una «inattesa contrazione del mercato cinese legata alla regolamentazione del Volume-Based Procurement, un calo del business Luminex e moderati volumi di vendita di test molecolari per le infezioni respiratorie. Inoltre le attese 2026-27 sul mercato Usa della diagnostica potrebbero risentire della nuova normativa più restrittiva sul Medicaid».
Fabio Caldato, Portfolio Manager del fondo AcomeA Strategia Dinamica Globale, ha cercato di capire se la debolezza di business e di borsa sia «intrinseca o dell’industria. Emergono valutazioni contraddittorie: immunodiagnostica debole e un minor impatto dell’influenza stagionale sono i motivi recenti, ma non emergono chiari i segnali di inversione. Tuttavia, le valutazioni borsistiche scontano uno scenario negativo su cui discordiamo. In un portafoglio diversificato, a questi livelli (rapporto ev/ebitda vicino a 10 e flussi di cassa solidi), Diasorin può certamente entrarci», ragiona Caldato. Per Debach, Diasorin è in un limbo: «dopo il peggior crollo giornaliero della sua storia, il titolo tratta su multipli che non si vedevano dal 2012, ma il mercato non sta reagendo per paura: sta punendo una crisi di credibilità. Il taglio della guidance e il tono difensivo del management hanno minato la fiducia nella traiettoria di crescita post-Covid».
La casa di Maranello ha perso il 15,4% il 9 ottobre dopo il Capital Market Day dove ha annunciato ricavi in crescita a 7,1 miliardi quest'anno, ma gli analisti hanno giudicato deludenti la guidance 2030 e i piani sull'elettrico. Caldato (AcomeA) sottolinea che «l’unicità del marchio e il saggio equilibrio tra scarsità e nuovi modelli ci spingono a valutare un ingresso in caso di nuovi minimi». Debach è «fiducioso», dal momento che «Ferrari ha frenato per non perdere la traiettoria. Dopo un ottobre da record negativo, i conti del terzo trimestre hanno riportato coerenza e fiducia: ricavi +7,4% a 1,77 miliardi, margine ebit al 28,4% e flussi di cassa record a 365 milioni. La prudenza del piano 2030 non è un limite, è metodo. L'azienda ha un portafoglio ordini che copre il 2026 e parte del 2027. La domanda supera strutturalmente l'offerta».
La società dei chip ha segnato un -14% dopo i conti il 23 ottobre. Per Caldato, il titolo «risente della debolezza del settore auto e in prospettiva della competizione cinese dove i produttori locali stanno facendo passi da gigante». La seconda sfida, tuttavia, è più nel medio termine e il gestore di AcomeA si concentra sull’analisi del ciclo di investimenti dei clienti di StM: «giudicare il livello di inventario è sempre più difficile perché l’approccio, post Covid, è quello di ridurlo ai minimi e di richiedere velocità di consegna ai produttori di chip. A questa incertezza si somma la diatriba Italia-Francia sulla governance». AcomeA è comunque positiva sul titolo che consente di diversificare dal tema AI nei semiconduttori. Debach mette in evidenza che i conti del terzo trimestre confermano «un’esecuzione pulita su target deboli. Ricavi in linea, margine lordo al 33,2% e flussi di cassa tornati positivi solo grazie al taglio degli investimenti. La vera criticità resta il Power & Discrete (conversione dell’energia elettrica, ndr), con margini negativi e una concorrenza crescente». Il mercato guarda ora alla tenuta del piano 2027.
Il titolo ha perso il 9% il 30 ottobre dopo l’aggiornamento dell’outlook sul secondo semestre che ha confermato i principali indicatori come ricavi e margine ebit ma ha evidenziato «maggiori oneri di ristrutturazione», nota Bonacina. Che si aspetta ora dalla strategia del nuovo ceo Filosa, con l’introduzione di nuovi modelli con motori a combustione e meno investimenti sugli elettrificati, «benefici nel 2026 in termini di recupero di quote nel mercato Usa e di un miglioramento della marginalità». Banca Akros ha un rating buy con target price a 10,5 euro su Stellantis.
Il titolo è collassato del 12% l’11 novembre dopo i conti e il taglio della guidance su quello «che dovrebbe essere un business prevedibile e poco volatile» delle infrastrutture legate alle tlc, ragiona Caldato. Che nota una minor crescita nel prossimo futuro dovuta al congelamento degli investimenti dei gruppi tlc. Inwit mostra però una crescita organica del 4% e «un dividendo solido e ben superiore al 6%. La domanda tornerà verso la fine del 2026 e si vedrà nei numeri del 2027. Per l’investitore paziente, in area 8 euro, Inwit è un’occasione di investimento», nota Caldato.
Il gruppo del beverage ha subito uno scossone dopo che il tribunale di Monza disposto il sequestro di azioni per 1,3 miliardi in portafoglio alla Lagfin della famiglia Garavoglia per motivi fiscali. Secondo Debach (eToro), il mercato non ha ancora digerito il prezzo: «il titolo scambia con un premio di 4-5 giri rispetto a Diageo e Pernod, senza più i multipli da crescita che lo giustifichino».
Il tonfo è stato del 17% il 25 settembre dopo l’attacco di Morpheus Research che ha accusato il gruppo del lusso italiano di informazioni false sulle attività in Russia. Per Debach resta un «titolo di qualità, ma oggi cammina su un filo sottile. Dopo l’attacco dello short seller e un ritardo evidente rispetto alla ripartenza del lusso la questione non è più di multipli, ma di fiducia». Con un rapporto prezzo/utili (forward) a 42,9 volte contro le 25,4 di Moncler, le aspettative «lavorano contro: il rischio reputazionale pesa quanto un taglio di guidance.
La società che produce sistemi di propulsione spaziale ha perso il 13,3% il 10 ottobre finalizzando un aumento di capitale da 400 milioni «che le permetterà di strutturare un piano di crescita americano ragguardevole», commenta Caldato. Il recente annuncio relativo al contratto siglato con Lockheed Martin «certifica che la strada intrapresa è quella giusta. Inoltre a medio termine l’azione potrebbe mostrare multipli americani più che europei e trattare a premio», nota il gestore. Tuttavia la volatilità nelle prossime settimane «sarà alta fino a che Avio non convincerà gli analisti a identificare un livello di prezzo equilibrato».
Il titolo ha ceduto il 25,5% il 30 luglio portandosi ai minimi dal 2019 dopo conti deludenti e il taglio della guidance. Ora la società degli apparecchi per l’udito viaggia depressa a 13,64 euro, mentre il target price medio del consenso Bloomberg la vede a 18,26 euro.
La holding di partecipazioni industriali della famiglia Pesenti ha ceduto nei tre giorni seguenti la pubblicazione dei conti il 12,5%. I ricavi dei 9 mesi sono cresciuti del 12,1% a 1,19 miliardi di euro, ma il margine operativo lordo è sceso del 21,2% a causa del prezzo elevato della materia prima per Caffé Borbone. Il titolo è sceso a 28 euro, ma la media dei target price del consenso Bloomberg lo vede a 37,6 euro.
Il produttore di yacht e superyacht ha ceduto oltre l’8% il 10 novembre, anche se i dati relativi ai 9 mesi del 2025 paiono tutti positivi. Il gruppo ha registrato ricavi netti per 690,1 milioni di euro (+3,2%) e un ebitda di 128 milioni di euro (+3,6%). Il portafoglio ordini si attesta a 1,051 miliardi, con una copertura superiore al 94% del target di fatturato per l'anno in corso. Il target price medio sul titolo è di 44,8 euro contro i 29,4 euro della quotazione attuale. (riproduzione riservata)