Criptovalute, come cavalcare il trend senza il rischio truffe: Etf, azioni e wallet su cui puntare
Criptovalute, come cavalcare il trend senza il rischio truffe: Etf, azioni e wallet su cui puntare
Sono 2,4 milioni gli italiani che hanno investito su bitcoin & C. ma solo il 15% ne ha più di 5 mila euro in portafoglio. Per acquistarli oltre agli exchange cresce il peso del risparmio gestito attraverso Etp dedicati. Ma i rischi di questi strumenti restano alti  

di di Emanuele Bonora e Marco Capponi 12/09/2025 21:00

Ftse Mib
42.504,56 17.40.00

-1,28%

Dax 30
23.329,24 18.00.00

-1,77%

Dow Jones
45.774,47 20.40.50

-0,24%

Nasdaq
22.340,68 20.35.38

-0,04%

Euro/Dollaro
1,1871 20.20.56

+0,19%

Spread
81,53 17.29.57

+0,85

A 25 anni guadagnava 800 euro al mese e faceva il ricercatore per l’Università di Genova, dove si era laureato in informatica. Sedici anni dopo Paolo Ardoino è tra gli uomini più ricchi d’Italia, seduto su un patrimonio di 8,8 miliardi di euro. Più di quello di Luciano Benetton o di John Elkann. Insieme a Giancarlo Devasini, che ha il vezzo di farsi chiamare Mago Merlino, ha fondato Tether, la stablecoin (ancorata al prezzo del dollaro) più scambiata al mondo. Devasini si è laureato in medicina, ma ben presto è passato ad altro: verso la fine degli anni Ottanta è stato prima folgorato dall’elettronica e poi, a partire dal 2012, dalle criptovalute. Il suo tesoro è stimato in 20,7 miliardi che lo rende il 270esimo più ricco del mondo.

Due italiani, che vivono all’estero, sono quindi diventati protagonisti assoluti del mondo cripto. E i loro compatrioti che fanno? Secondo BlackRock sono 2,4 milioni gli italiani che hanno delle cripto in portafoglio, ovvero il 17% chi ha un deposito titoli. Il 35% è tra Piemonte e Lombardia, mentre il 79% ha tra i 18 e i 34 anni. Ma le valute digitali non vanno considerate solo come un fenomeno da giovani. Il 17% degli investitori (dati dell’Organismo Agenti e Mediatori) ha più di 50 anni.

Crescita e adozione delle criptovalute in Italia

Complessivamente ci sono 2,5 miliardi parcheggiati nei wallet digitali. Certo, come ricorda un sondaggio di Bva Doxa, solo il 15% dei portafogli ha un valore superiore ai 5 mila euro e il 57% non arriva nemmeno a 1.000 euro. Ma, assicura il report di BlackRock sul settore, l’Italia si prepara a registrare entro il prossimo anno la seconda più grande crescita d’Europa, con un incremento del 41% dei risparmiatori che punteranno sulle criptovalute. A poco sono serviti gli inviti alla prudenza del governatore della Banca d'Italia Fabio Panetta («c’è solo un solo asset sicuro ed è la moneta della banca centrale») o del membro della Bce Piero Cipollone che ha sottolineato il pericolo che le divise digitali vengano confuse «con prodotti bancari tradizionali con ripercussioni negative sulla fiducia nel sistema creditizio in caso di perdite». Le valute digitali sono diventate a tutti gli effetti di moda al punto che si possono comprare anche dal tabaccaio con le sigarette.

Opportunità di investimento o asset speculativi?

Alla fine il centro della questione sta tutto qui: le criptovalute sono un’opportunità d’investimento o semplicemente un asset speculativo? I risparmiatori italiani rimangono prudenti. Solo il 15% degli intervistati da Bva Doxa ha dichiarato di avere più del 30% del portafoglio allocato in cripto, mentre il 65% ha appena il 10%. Sicuramente pesa anche la paura delle truffe. Tra video fasulli che suggeriscono di puntare su fantomatiche monete virtuali, phishing e schema Ponzi online, il rischio di finire in una trappola non è così remoto. Lo scorso anno Forex Suggest, uno dei principali broker del forex, aveva calcolato che il valore delle criptovalute rubate in totale tramite criptotruffe era stato di 26,9 miliardi di dollari. L’Italia era al nono posto per numero di beffati: negli anni di crescita della ricchezza digitale erano stati rubati oltre 195 milioni di dollari.

Eppure, le cripto hanno comunque assunto dignità nei portafogli di investimento, ritagliandosi spazi sempre più importanti anche all’infuori dei recinti costruiti appositamente per la compravendita, i famosi exchange o borse di criptovalute, come Binance e Coinbase. Va detto anche, come certifica BlackRock, che il 37% degli investitori in monete elettroniche in Italia non possiede altri prodotti finanziari. Mentre il 30% ha in portafoglio anche Etf. Ormai, quindi, bitcoin e simili sono parte integrante anche dell’offerta di risparmio gestito e questo, oltre a facilitarne l’adozione da parte di un pubblico più generalista - che non frequenta le chat e i gruppi Telegram degli investitori della prima ora - ha dato quel sigillo istituzionale di cui prima non godevano. Mentre negli Stati Uniti i primi Etf spot sul bitcoin sono stati approvati a gennaio 2024, innescando di fatto la corsa della regina delle cripto che dura tuttora e che l’ha portata a superare quota 123 mila dollari (oggi si aggira intorno ai 115 mila), in Europa i primi Etp (exchange-traded-products) sul bitcoin fisico sono arrivati già nel 2021.

Gli Etp e il mercato delle criptovalute

Come certificato dal portale specializzato JustEtf, gli investitori europei hanno a disposizione 84 Etp sulle criptovalute, che si differenziano tra quelli che hanno come sottostante bitcoin fisico, altre cripto oppure panieri diversificati di divise digitali. Tecnicamente, questi Etp ricadono sotto la categoria degli Etn o exchange-traded-notes: in buona sostanza, strumenti che replicano la performance dell’indice sottostante tramite un’obbligazione, garantita da titoli di debito, sostenuta dalla detenzione fisica di cripto-moneta. Per l’investitore finale è poco più di un tecnicismo, ma è rilevante perché per le regole europee questi strumenti non possono ricevere il passaporto Ucits Etf in quanto non soddisfano i requisiti di diversificazione del portafoglio e i limiti all'esposizione verso singoli emittenti.

L’utilizzo di questi prodotti è in tutto e per tutto simile a quello di normali Etf. Se la banca o il broker presso il quale è stato aperto il conto titoli lo consente, il fondo può essere acquistato e venduto secondo le più classiche modalità di negoziazione. Anche con il meccanismo del piano di accumulo periodico, se previsto. Quanto alla scelta, i requisiti da privilegiare sono le masse in gestione (più l’Etp è grande, più sarà liquido), il tracking error (più si discosta dalla performance del sottostante, meno è efficiente) e i costi, espressi dall’indicatore total-expense-ratio o ter. A differenza dei più tradizionali Etf azionari, questi prodotti sulle cripto si muovono in un range di costi piuttosto ampio: si va da un ter annuo dello 0,15% per i più classici Etp sul bitcoin (uno di Wisdomtree, uno di iShares) fino al 2,5% dei prodotti che hanno come sottostanti valute digitali come Cardano, Solana o Polygon.

Costi, rendimenti e volatilità: un'analisi degli Etp sulle criptovalute

Il richiamo delle criptovalute è tanto alto tra i risparmiatori anche perché i rendimenti che fino a qui hanno portato sono stratosferici. Basti pensare che una simulazione lanciata con lo strumento Curvo sull’Etp Bitcoin di Wisdomtree, basata su un investimento iniziale di 10 mila euro fatto nel 2011, mostra un valore del portafoglio attuale di 160 milioni. Di fatto, un tasso di crescita composto annuo del 101%. Nello stesso lasso temporale un Etf generalista sulle azioni globali sarebbe arrivato a valere solo (si fa per dire) 53.198 euro, con un tasso di crescita del 12,7% annuo. Ma i rendimenti così alti non sono mai gratuiti.

A partire dal 2020 un Etp sul bitcoin fisico avrebbe avuto un drawdown (cioè la differenza tra un punto massimo e uno minimo) del -71% a dicembre 2022 contro il -13% delle azioni globali (fonte: JustEtf). Tornando alla simulazione, dal 2011 la deviazione standard dell’Etp sul bitcoin (unità di misura della volatilità) è stata pari al 150,5%, contro il 12,8% del più diversificato degli Etf globali. Insomma, i rendimenti così alti ottenuti finora necessitano di stomaci altrettanto forti per tollerare turbolenze estreme, senza uscirne malconci. 

Le azioni della blockchain come alternativa al bitcoin

C’è chi nelle criptovalute cerca soprattutto la speculazione e chi invece guarda alla tecnologia che le sostiene: blockchain. Per cavalcare le opportunità di questa frontiera, e costruirsi un’esposizione indiretta all’universo tecnologico nel quale gravitano anche bitcoin e simili, le società di gestione si sono attrezzate per offrire una serie di Etf tematici dedicati. Il portale specializzato JustEtf ne censisce sette dotati di passaporto Ucits (quindi a uso e consumo degli investitori europei). Tra questi prodotti e le criptovalute c’è un po’ lo stesso rapporto che esiste tra prodotti di investimento focalizzati sugli estrattori di oro e l’investimento in oro fisico.

Un prodotto di risparmio gestito focalizzato su blockchain ha infatti come sottostante azioni che sono influenzate solo indirettamente dall’andamento delle criptovalute e che dipendono in primo luogo dalle logiche dei mercati azionari (bilanci, guidance, prospettive degli analisti sui titoli).

Il più grande Etf tematico specializzato, con circa 720 milioni di euro di masse in gestione, è un prodotto di Invesco, il CoinShares Global Blockchain. Si tratta di un prodotto passivo dal costo piuttosto elevato (il ter annuo è dello 0,65%), lanciato nel marzo 2019 e composto da 47 titoli, replicati fisicamente. Il 39% del portafoglio è concentrato in azioni americane, segue il Giappone al 25% e poi Taiwan al 5%.

La partecipazione più importante in portafoglio è quella nella giapponese Metaplanet: nata come catena alberghiera, oggi si è pienamente trasformata in una holding che investe in bitcoin e fornisce servizi di consulenza ad altre società che vogliono intraprendere la stessa strada.

Seguono Core Scientific, una società che fa mining di cripto utilizzando anche algoritmi di intelligenza artificiale, e Coinbase, una delle più grandi borse di criptovalute (o exchange) al mondo.

Su un orizzonte di tre anni l’Etf in questione ha un rendimento (in euro) del 90%. Molto meno di un Etp sul bitcoin fisico (che si aggira intorno al 355%), ma meglio di un indice generalista sulle azioni globali (+41%). Il tutto con un profilo di rischio sensibilmente più alto: la volatilità a tre anni, calcola JustEtf, è pari al 32% per l’Etf sui titoli della blockchain, sale al 43% per l’Etp sul bitcoin fisico e scende al 16% per un fondo passivo diversificato sulle azioni mondiali.

In buona sostanza, quali sono i vantaggi di investire nei titoli legati alla tecnologia del bitcoin senza esporsi direttamente (o tramite Etp fisici) alle cripto? La performance dell’ultimo anno degli Etf dedicati è sicuramente incoraggiante: i sette comparti tematici vanno da un minimo del 20% a un massimo dell’80%, seppur con costi strutturalmente elevati nel mondo dei fondi-indice (i ter oscillano tra lo 0,45% e un altissimo 3,5% annuo).

Inoltre, investire in azioni può aiutare a tenere sotto controllo la volatilità, e di provare a cavalcare tutte le possibili applicazioni della tecnologia blockchain anche al di fuori del suo ambito più speculativo. (riproduzione riservata)