Costruisci la tua pensione con azioni, bond ed Etf per evitare il rischio trappole in manovra: tre strategie in base all’età
Costruisci la tua pensione con azioni, bond ed Etf per evitare il rischio trappole in manovra: tre strategie in base all’età
Tra strette annunciate in legge di bilancio e dietrofront improvvisi, la previdenza resta un cantiere aperto. Per mettersi al riparo da brutte sorprese conviene costruire portafogli per il lungo periodo: ccco come, in base alla vostra età

di di Marco Capponi 19/12/2025 21:00

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Le pensioni, in Italia, sono un cantiere sempre aperto. E pochi provvedimenti di politica economica infiammano gli italiani come quelli che riguardano il loro futuro pensionistico. Lo si è visto nei giorni scorsi, quando l’inserimento in manovra di un emendamento che depotenziava il riscatto della laurea come strumento di ritiro anticipato dal mondo del lavoro ha generato preoccupazioni tra i cittadini, costringendo la premier Giorgia Meloni al dietrofront: «dalla misura», ha detto, «è esclusa la retroattività».

Tra stop and go, blitz e marce indietro, sul tema in Parlamento, che deve approvare la legge di bilancio, è scontro al buio. C'è da fidarsi che la cosa sia conclusa una volta per tutte? Forse è meglio pensare in anticipo a come evitare eventuali trappole.

Tutto saltato (per ora)

Per ora, va precisato, tutte le misure annunciate sulle pensioni sono saltate. Sia la stretta sulla previdenza, che prevedeva anche un allungamento della finestra per l’uscita anticipata dal mondo del lavoro, sia la misura (pregevole) che prevedeva l'adesione automatica alla previdenza complementare per i lavoratori dipendenti del settore privato di prima assunzione.

L’esecutivo ha però ancora bisogno urgente di risorse finanziarie ed è pertanto probabile che arrivi nei prossimi giorni un decreto ad hoc proprio per andare a intercettare risorse dal sistema pensionistico. Al governo, spiegano le fonti, serve un miliardo di euro da erogare alle imprese, possibilmente già ad aprile. Questo decreto dovrebbe riguardare principalmente la previdenza integrativa, portando peraltro a qualche risultato positivo. Come l’adesione automatica alla pensione complementare per i neoassunti, per l’appunto.

Un problema da risolvere in fretta

Rimane il fatto che, quando si parla di manovre, la previdenza è sempre uno dei nodi più spinosi. La paura degli italiani è sempre la stessa, e la nuova legge di bilancio non ha fatto nulla per sedarla: andare in pensione più tardi e con molto meno denaro rispetto all’ultimo stipendio percepito. Un destino quasi inevitabile in un Paese in cui gli over 65 rappresentano ormai un quarto della popolazione e in cui nel 2024 sono nati meno di 370 mila bambini, in flessione del 2,6% rispetto all’anno precedente e in calo senza sosta dal 2008.

Il sistema previdenziale pubblico italiano, come noto, è contributivo, ma a ripartizione: si basa cioè su un patto tra generazioni per cui chi versa oggi i contributi paga le pensioni a chi si è già ritirato dal mondo del lavoro. Morale: se non ci sarà più chi paga i contributi il tasso di sostituzione, cioè il rapporto tra pensione e ultimo stipendio, sarà sempre più magro. Questo significa che l’assegno finale dipende non solo da quanto si è versato, ma anche dall’equilibrio demografico ed economico del Paese.

Urge correre ai ripari, e farlo in fretta. La previdenza complementare, visti i numerosi incentivi (tra cui il contributo datoriale e l’agevolazione fiscale sui rendimenti), resta la via maestra. Anche se, come certificato dalla Covip, solo il 38% della forza lavoro complessiva ne sta facendo uso. Una soluzione da affiancare – anche per schivare le potenziali trappole delle leggi di bilancio – può essere quella di costruire un’integrazione pensionistica ulteriore con gli investimenti fai-da-te: Etf, azioni, bond. Ecco tre possibili strade in base ai diversi profili di lavoratore.

PROFILO 1

Il trentenne neoassunto

Il profilo del lavoratore a inizio carriera, specie nelle grandi città come Roma o Milano, ha alcune caratteristiche ricorrenti: stipendi bassi o da entry-level, una spesa importante e ricorrente ogni mese (mutuo o affitto), poco capitale e molto tempo a disposizione per sfruttare quelli che, finora, si sono dimostrati come i punti di forza degli investimenti di lungo periodo nei mercati azionari. Su tutti l’interesse composto, l’effetto moltiplicatore che si ha quando i dividendi delle azioni e le cedole dei bond vengono reinvestiti nel valore netto degli asset (nav) di fondi ed Etf.

La soluzione ideale per questo profilo di lavoratore è l’investimento periodico tramite piano di accumulo. La simulazione in basso elaborata tramite il simulatore Curvo e con dati presi dal portale specializzato JustEtf propone due piani di accumulo mensili da 200 euro: uno al 100% in azioni globali (per profili di rischio più aggressivi), l’altro nel tradizionale portafoglio composto al 60% da azioni globali e al 40% da bond globali con copertura del cambio euro-dollaro. Dal 1990 a oggi su 85 mila euro investiti il valore patrimoniale al netto dei costi degli Etf sfiorerebbe i 460 mila euro nel primo caso (ma con più volatilità) e i 315 mila nel secondo.

Il piano di accumulo ha anche un vantaggio in termini psicologici. «Agisce come un ammortizzatore di volatilità», spiega Lorenzo Demaria, country manager per l’Italia di JustEtf. «Riduce infatti drasticamente la profondità dei rossi in portafoglio, minimizzando il rischio di vendita emotiva sui minimi, vero distruttore di ricchezza per gli investitori retail». Tradotto: una maniglia antipanico del portafoglio per mantenere la barra dritta, tanto più se l’obiettivo finale è quello pensionistico. Con un’ultima avvertenza: il giovane lavoratore dovrebbe preferire gli Etf ad accumulazione piuttosto che le strategie da rendita (come quelle ad alto dividendo), perché altrimenti vanificherebbe il potenziale dell’interesse composto.

PROFILO 2

Il lavoratore a metà percorso

Man mano che ci si procede con la carriera lavorativa e si arriva ai 40-45 anni il profilo dell’investitore cambia, e così le sue esigenze. Stipendi (in genere) più alti rendono meno gravose le spese per l’abitazione, anche se è possibile che crescano quelle per il sostentamento della famiglia. Al contempo, il lavoratore potrebbe avere a disposizione un tesoretto di capitale di partenza (magari frutto di una vendita immobiliare) che può essere messo al servizio degli obiettivi pensionistici. Le strade sono molteplici. Per la parte principale (il core) del portafoglio si può considerare sempre la strada del piano di accumulo, rafforzato magari da un investimento di partenza in un’unica soluzione che metta in moto da subito l’interesse composto.

Per la parte obbligazionaria invece si possono considerare i bond a lunghissima scadenza, dai 15 anni in su. La tabella in basso, proposta da Skipper Informatica, riunisce i bond sovrani o sovranazionali con scadenza dal 2040 in avanti, ordinati per liquidità negli ultimi dieci giorni. La caratteristica che li accomuna è la tassazione agevolata: cedole e plusvalenze sono infatti tassate al 12,5% e non al 26% tipico della maggior parte delle rendite finanziarie. Per un obiettivo pensionistico, la tabella individua solo bond che prezzino sotto la pari: lo scopo non è infatti quello di ricevere cedole periodiche, quanto piuttosto quello di incassare la plusvalenza finale. Un quarantenne di oggi, ad esempio, potrebbe optare per un Btp che scade nel settembre 2051, e che prezza 60,5. Il rendimento a scadenza lordo annuo è del 4,28% (netto del 3,98%), ma la cedola annua lorda è solo dell’1,7%. Questo significa che il grosso del rendimento è posticipato alla scadenza: proprio quello che serve a un investitore in ottica previdenziale.

Attenzione però al rischio di duration: su scadenze molto lunghe la sensibilità dei bond ai tassi di interesse è molto più elevata e, se li si dovesse vendere, si rischierebbe di farlo a un prezzo più basso di quello al quale sono stati acquistati. Si tratta di strumenti adatti solo a chi è in grado di sopportare forti oscillazioni di prezzo nel breve-medio periodo.

PROFILO 3

Quando la meta si avvicina

All’avvicinarsi del traguardo pensionistico i rapporti patrimoniali si invertono: gli stipendi arrivano al loro valore massimo, le spese ricorrenti (anche quelle per il sostentamento della famiglia) diminuiscono, ma al contempo si abbassa la tolleranza al rischio.

In ottica previdenziale ci sono però ancora grandi margini di manovra. Per quanto riguarda le azioni, sempre a fianco a un portafoglio ben diversificato, si può pensare a qualche scommessa da cassettisti. Titoli dai fondamentali solidi, poco volatili, con rendimenti da dividendi elevati e rapporti prezzo-utili ragionevoli. Nella tabella in basso David Pascucci, analista del broker regolamentato Xtb, propone una selezione di azioni italiane ed europee da mettere in portafoglio in ottica pensionistica. Si tratta perlopiù di titoli finanziari (da Intesa Sanpaolo a Unicredit, da Generali e Bbva), con qualche sconfinamento nei settori ad alta crescita, «come quello tecnologico rappresentato da Asml, riferimento europeo e globale per il settore della produzione hardware relativa all’AI», sottolinea l’esperto.

Secondo Pascucci le valutazioni di questi titoli sono molto importanti al momento della scelta. Unicredit e Intesa, ad esempio, «presentano dei rapporti prezzo/utili più che accettabili per il settore finanziario, potenzialmente interessanti per il lungo periodo». In alternativa si possono scegliere Etf sui titoli di qualità o su quelli ad alto dividendo, in modo tale da garantirsi una maggiore diversificazione.

L’investitore alla fine del suo percorso lavorativo ha anche un'altra opportunità. Se, come è plausibile, ha a disposizione una certa quantità di capitale, può pensare di costruirsi un portafoglio da rendita, adottando la strategia dell’income investing. Si tratta, in buona sostanza, di investire solo in strumenti che staccano cedole periodiche: bond, Etf a distribuzione, azioni ad alto dividendo. L'idea dell’investitore income è di toccare il capitale il meno possibile, lasciandolo al lavoro sui mercati, e integrare la pensione pubblica solo con i frutti delle distribuzioni. Con una differenza in termini fiscali, perché ogni cedola sarà tassata al 26% (o al 12,5% nel caso di titoli di Stato). (riproduzione riservata)