Conviene ancora tenere i Btp o è il momento di fare cassa? Ecco come e quanto guadagnare con le plusvalenze
Conviene ancora tenere i Btp o è il momento di fare cassa? Ecco come e quanto guadagnare con le plusvalenze
La recente ondata di acquisti sui bond sovrani unita ai tagli Bce sta facendo scendere i rendimenti: ma i prezzi nell’ultimo anno sono saliti fino all’11%. Un’occasione per andare a caccia di plusvalenze? Ecco chi ha corso di più e chi tratta ancora sotto la pari

di di Marco Capponi 13/06/2025 20:00

Ftse Mib
39.929,18 17.40.00

+1,24%

Dax 30
23.699,12 23.30.16

+0,78%

Dow Jones
42.515,09 3.03.24

+0,75%

Nasdaq
19.701,21 23.30.00

+1,52%

Euro/Dollaro
1,1552 3.02.53

-0,25%

Spread
95,88 17.30.08

-1,70

Chi lo avrebbe detto, solo qualche anno fa, che tra i Btp italiani e il mercato sarebbe scattata la scintilla della passione? Certo, è presto per dire se quella iniziata da qualche settimana a questa parte sia una semplice infatuazione o l’inizio di una lunga storia d’amore, ma la recente ondata di acquisti di titoli di Stato tricolore è un indizio importante: l’Italia non è più percepita dal mercato come il brutto anatroccolo del mercato obbligazionario occidentale.
 

Questo in un contesto in cui da una parte le locomotive d’Europa, Germania in primis, fanno storcere il naso ai grandi investitori sulla salute finanziaria di lungo periodo a causa dei maxi-piani infrastrutturali in rampa di lancio, e dall’altra il «big, beautiful bill» di Donald Trump, che progetta importanti tagli fiscali negli Stati Uniti, sta convincendo mercato (e agenzie di rating) che il già scricchiolante debito pubblico americano possa finire ulteriormente sotto pressione. Morale: gli investitori istituzionali stanno lasciando gli Usa (dinamica in atto anche nel mercato azionario) e cercando nuovi lidi in Europa. E tra questi privilegiano i nuovi campioni del rigore in finanza pubblica: incredibile ma vero, si tratta di Spagna, Grecia e Italia.

Questione di spread

L’indicatore chiave di questo fenomeno, anche nella percezione dei non addetti ai lavori, è lo spread, il differenziale tra Btp decennale e Bund tedesco di pari durata, sceso ormai da inizio mese sotto i 100 punti base (con il Btp italiano intorno al 3,4%) e che, secondo analisti di grande peso come quelli di Vanguard o Barclays, può diminuire ulteriormente nei prossimi mesi fino a 80 punti o anche meno.

Nel frattempo lo spread sulle corte scadenze (due e tre anni) tra Btp e Oat, il titolo di Stato francese, è arrivato addirittura a scambiare in territorio negativo, come non accadeva da inizio anni Duemila. Tradotto: per il mercato il debito pubblico italiano è più affidabile, nel breve periodo, rispetto a quello d’oltralpe.

E i rendimenti?

In tutto ciò l’asta di titoli di Stato di giovedì 12 giugno si è rivelata un altro (l’ennesimo) successo per il Mef. Il Tesoro ha infatti collocato circa 6,5 miliardi di euro di titoli di Stato con una domanda di 10 miliardi (1,6 volte l’offerta) e, di riflesso, rendimenti in forte calo. Per l’asta di un Btp triennale si parla addirittura dei livelli di rendimento minimi da luglio 2022.

La curva dei rendimenti dei Btp parla da sé: appena un mese fa il decennale era al 3,7% (ora, come accennato, si muove intorno al 3,4%), il cinque anni è sceso dal 2,9% al 2,6%, il biennale dal 2,2% a poco più del 2%, il trentennale dal 4,5% al 4,2%. Certo, una traiettoria di questo tipo, complici i tagli ai tassi della Bce, è un atto in tutte le economie dell’Eurozona: ma in altri Paesi è stata meno marcata che in Italia. Da qui, per l’appunto, deriva la contrazione degli spread.

Come ha fatto notare una recente analisi di Bloomberg, l’Italia negli ultimi mesi «ha attratto investimenti record e migliorato la propria reputazione: mentre Francia e Germania vedono aumentare i propri costi di finanziamento. I titoli italiani offrono rendimenti in calo e un rischio percepito più contenuto».

Ma per gli investitori si pone un dilemma: che cosa ne sarà dei ricchi rendimenti dei titoli di Stato italiani se il mercato continua a comprarli (quando il prezzo di un bond sale il rendimento scende e viceversa)? Domanda lecita, tanto più ora che il ciclo di tagli della Bce sta spingendo al ribasso tutti i rendimenti obbligazionari dell’Eurozona, visto che le nuove emissioni sul mercato primario possono essere fatte a tassi più bassi rispetto a quelli degli ultimi due anni.

Btp da corsa

Oltre alla più classica soluzione per chi investe in Btp, cioè comprarli (in emissione o sul secondario) e tenerli fino alla scadenza per incassare cedole periodiche ed eventuale plusvalenza se li si compra sotto la pari, lo scenario attuale può essere intrigante anche per un uso differente e più tattico dei titoli di Stato in portafoglio. Acquistarli per cercare l’apprezzamento in conto capitale, e poi rivenderli sfruttando le variazioni del prezzo.

La tabella in basso elaborata da Skipper Informatica ordina i titoli di Stato sulla base di quanto si sono apprezzati nell’ultimo anno. Sono stati inclusi solo i bond che hanno visto il loro prezzo salire del 9% o più. Per ampliare il livello di analisi sono state considerate in tabella anche le performance da inizio anno e degli ultimi tre mesi, in modo tale da vedere anche chi ha corso di più durante il recente rally obbligazionario.

Un Btp a tasso fisso con scadenza nel settembre 2051, ad esempio, solo negli ultimi tre mesi si è apprezzato di oltre l’8%, passando da un minimo di 57,8 a metà marzo fino al 63,1 attuale. Il Btp in questione ha una cedola fissa dell’1,7% (non certo alta), un rendimento effettivo a scadenza lordo del 4,02% e netto del 3,73%. Insomma: il suo contributo al portafoglio tramite cedole è modesto, ma magari si presta a una scommessa su un futuro apprezzamento. Tanto più che, prima della maxi-ondata di vendite del 2022, era arrivato a prezzare fin sopra 107.

Lepri in portafoglio

Su un orizzonte annuo ci sono Btp che si sono apprezzati fin oltre l’11%. Una dinamica che, come logico, ha interessato soprattutto le scadenze lunghe o lunghissime: infatti più la scadenza di un titolo obbligazionario è lontana nel tempo più aumenta la sensibilità dei bond alla variazione dei tassi di interesse da parte della Bce.

Un investimento di questo tipo in portafoglio può essere assimilato, come logica di base, a quello in azioni che distribuiscono dividendi. Con la differenza che, con un Btp, si sa già con certezza (salvo fallimento dell’emittente) quanto si intascherà alla scadenza. Se il prezzo continua a crescere si può rivendere e intascare la plusvalenza (come per le azioni). Se il prezzo dovesse diminuire, si potrebbe portare il bond a maturazione – anche se per le scadenze lunghe questo può voler dire aspettare 20 o 30 anni – ricevendo il valore nominale del titolo, più la plusvalenza cristallizzata al momento dell’acquisto. E, ovviamente, le cedole periodiche.

Senza necessariamente dover bloccare il denaro per troppo tempo, si può andare a cercare anche scadenza più vicine: tra i bond che si sono apprezzati di più, con una crescita annua del 9,2% (e del 3,5% negli ultimi tre mesi) compare ad esempio anche un cinque anni in scadenza ad agosto 2030, con cedola modesta (0,95% annuo) ma che attualmente prezza 91. Un Btp di questo tipo potrebbe ancora avere spazio per crescere, ma se anche non dovesse succedere si possono aspettare i cinque anni e raccogliere la somma di cedole e plusvalenze: 2,65% lordo annuo, con la maggior parte dell’incasso posticipato alla scadenze, che al netto della tassazione diventa il 2,52%.

Acquisti sotto la pari

Un investitore può scegliere però anche l’approccio inverso: se si vogliono evitare minusvalenze (cioè: si compra sopra 100 e si riceve il rimborso al valore nominale) e magari scommettere su un ulteriore apprezzamento in futuro, quali sono i Btp che prezzano ancora sotto la pari dopo la recente ondata di acquisti? Nella tabella in basso Skipper ha raccolto tutti i titoli di Stato su cui si può realizzare una plusvalenza comprando ora sul mercato secondario, divisi sulle varie scadenze: per ognuno sono stati indicati, oltre al prezzo, i rendimenti a scadenza lordi e al netto della tassazione, che per i bond sovrani è quella agevolata al 12,5%.

Le occasioni più interessanti dopo l’ultimo taglio della Bce, secondo vari esperti di mercato consultati da MF-Milano Finanza, si trovano oggi nelle scadenze intermedie, quelle tra quattro e sette anni. Specialmente in quei titoli a tasso fisso con cedole basse, ancora minori rispetto ai nuovi tassi della Bce. Si possono ad esempio catturare, al prezzo di 87 o 88, dei bond a sei anni con rendimenti a scadenza annui sopra il 2,8% lordo (e il 2,7% netto), con cedole tra lo 0,6% e lo 0,95%. Il che può essere interessante in una duplice prospettiva: se il prezzo sale, si può pensare di rivendere il titolo e intascare la plusvalenza. Se il prezzo si ferma ai livelli attuali (o scende), si può aspettare la scadenza senza dover tenere il denaro bloccato per un periodo di tempo troppo lungo.

Il fattore carry

In tutto ciò non va dimenticato un aspetto molto importante: il Btp rimane comunque, e nonostante i recenti acquisti, più interessante di altri titoli di Stato europei per quello che in gergo si chiama carry, ossia il rendimento che si può avere comprando il titolo e portandolo a maturazione, intascando rimborso al valore nominale (con eventuale plusvalenza) e cedole.

«I rendimenti complessivi appaiono interessanti dal punto di vista del carry, in un momento in cui la traiettoria del deficit di bilancio dell'Italia è stata chiaramente la migliore all'interno dell'Eurozona negli ultimi anni», segnala Mohammed Kazmi, chief strategist di Union Bancaire Privée (Ubp). «Inoltre, anche se dovessimo assistere a delle fasi di ampliamento degli spread dei Btp, ci aspettiamo che la Bce adotti una politica più accomodante in tale scenario, contribuendo a contenere parte della volatilità dal punto di vista del rendimento totale». (riproduzione riservata)