La Banca popolare cinese (PBoC) ha tirato fuori il bazooka come non accadeva da anni. E, nel giro di una settimana, è intervenuta con una tale serie di strumenti per ravvivare un’economia anemica, da risvegliare le borse mondiali. L’indice Hang Seng di Hong Kong è balzato del 13% in cinque sessioni (+21% da inizio anno) e quello di Shanghai di altrettanto, +12,8% (+3,8% da gennaio). Anche il Ftse Mib ha reagito bene, salendo del 2,5% nell’ultima settimana grazie ai titoli del lusso e dell’automotive. Il governo di Pechino si aspetta di chiudere il 2024 con un pil in crescita attorno al 5% e i dati macro degli ultimi mesi, più vicini alla deflazione, non sostenevano questo obiettivo. Ecco perché la PBoC ha tagliato i tassi repo (pronti contro termine) a 7 e 14 giorni, intervenendo sul settore immobiliare in crisi e riducendo anche i requisiti di riserva obbligatoria delle banche.
La scommessa di Michael Burry
La domanda ora è se questo pacchetto pro-crescita sarà da traino alle borse occidentali. Gli analisti di Barclays parlano di «pacchetto di misure di stimolo più grandi del previsto... Pensiamo che Pechino ora faccia sul serio nell'affrontare i problemi strutturali». Gli economisti della banca inglese ritengono che ora «ci sia possibilità di creare un fondo di stabilizzazione per il settore immobiliare da 5 trilioni di yuan e di un pacchetto di stimoli da 4 trilioni di yuan in due anni, che farebbero alzare il pil cinese dell’1%». Gli analisti restano però cauti, in attesa di capire chi sarà il prossimo presidente Usa, perché se fosse Donald Trump «sarebbero significativi i rischi di ulteriori dazi».
Nel frattempo, il miliardario David Tepper, fondatore di Appaloosa Management, ha dichiarato alla Cnbc che intende acquistare «tutto ciò che riguarda la Cina... Pensavo che il taglio dei tassi della Fed avrebbe portato ad un allentamento in Cina, ma non sapevo che Pechino avrebbe tirato fuori le armi pesanti». Prima del recente rally, Tepper, insieme a Michael Burry di Scion AM (soprannominato The Big Short, dall’omonimo film, è stato il grande scommettitore nel 2007-2008 contro i mutui subprime che hanno innescato la crisi finanziaria globale) era stato uno dei pochi importanti rialzisti delle azioni cinesi tra gli hedge fund.
Lusso e auto
Da tempo si parla di un «possibile China trade, inteso come basket di aziende europee fortemente dipendenti dalla Cina», interviene Fabio Caldato, Portfolio Manager del fondo AcomeA Strategia Dinamica Globale. I settori più impattati dalla debolezza cinese «sono stati lusso e auto. In ottica di trading di fine anno, riteniamo che alcune società siano meritevoli di riposizionamento. Porsche, più che Volkswagen, con i nuovi modelli in uscita e una narrativa più benevola potrebbe recuperare valore». In ambito lusso, Caldato è prudente ma pensa «che il quarto trimestre potrebbe segnare un fondo per Lvmh e Kering». Infine, segnala Kion (automation) e Remy Cointreau. Per Antonio Amendola, Senior Fund Manager Azionario di AcomeA Sgr, «la toscana Elen, dopo la mancata quotazione proprio in Cina della unit industriale del laser, potrebbe finalmente vedere valorizzata questa importante sussidiaria». Anche David Pascucci, market analyst di Xtb, parla di lusso e «Moncler che ha in Asia un buon hub per il suo fatturato: è passato da 718 milioni di euro del 2020 al 1,29 miliardi del 2023. Altro titolo interessante é Ferrari che vende bene in Cina, ma l'attività verso l’area interessata é in rallentamento dal 2022. In Europa il settore del lusso é sicuramente guidato da Lvmh, altro titolo portante in Cina in quanto anche il suo fatturato in Asia (ex Giappone) é in crescita con 15 miliardi di euro di fatturato nel 2020 arrivati nel 2023 a 26,58 miliardi».
Tech e industria
La Cina è il secondo partner commerciale dell'Ue dopo gli Stati Uniti, con scambi bilaterali che nel 2023 hanno raggiunto i 739 miliardi di euro, il 15% del mercato, nota Gabriel Debach, market analyst di eToro. «Un risveglio dell'economia cinese avrebbe dunque un impatto significativo anche sulle nostre economie. Negli Stati Uniti, le importazioni dalla Cina nel 2023 hanno raggiunto i 448,02 miliardi di dollari, pari al 15% del totale. Gli Stati Uniti hanno poi esportato in Cina 147,81 miliardi di dollari lo scorso anno, rendendo il Paese il terzo principale mercato di sbocco dietro a Canada e Messico». I settori che trarrebbero maggior vantaggio da un'accelerazione cinese riguardano «i materiali, il lusso, l'energia (con una maggiore domanda), l'automotive e l'industriale. E’ tuttavia il settore del lusso quello più interessante per l'appetito del consumatore cinese per i marchi europei», sottolinea Debach. Che cita, fra i titoli: Brunello Cucinelli (28% delle vendite), Moncler (49%), Salvatore Ferragamo (33%). Nelle auto, Stellantis è esposta alla Cina solo per l’1%, Ferrari per l’8%, Amplifon per il 15% (ha oltre 400 punti vendita in Cina).
Meteriali e casinò
Per Debach, nel settore dei materiali, potrebbero beneficiare di una maggiore domanda cinese le inglesi Anglo American, Rio Tinto e Antofagasta, così come le tedesche Covestro e BASF e la lussemburghese ArcelorMittal. Inoltre, «Adidas nell'abbigliamento sportivo e Prosus NV nel campo della tecnologia e dei servizi internet hanno esposizioni significative in Cina. Nel settore sanitario, Siemens Healthineers e AstraZeneca sono tra le più esposte. Nel comparto industriale, meritano attenzione la finlandese Kone, la svizzera ABB, le svedesi Atlas Copco e SKF».
Negli Stati Uniti, le dinamiche sono simili. Nel settore delle materie prime, «Freeport-McMoRan, Alcoa (produttore di alluminio) e Cleveland-Cliffs nel settore dell'acciaio hanno beneficiato delle speranze di una maggiore domanda cinese», ragiona l’analista. Anche colossi come «Apple e Nike, con forti interessi in Cina, hanno registrato performance positive. Lo stesso vale per i titoli legati ai casinò, come Las Vegas Sands e Wynn Resorts, grazie alle loro operazioni a Macao. Infine, i diretti interessati: i titoli cinesi quotati a Wall Street come Alibaba, JD.com, PDD Holdings (la casa madre di Temu), fino alle aziende del settore dei veicoli elettrici come Xpeng, Nio e Li Auto», conclude Debach.
In Europa, Debach pensa a Hermès, Swatch, Richemont, Lvmh, L'Oréal, Kering e Burberry, oltre a Porsche, Mercedes, Volkswagen e Bmw. Quanto agli Stati Uniti, Filippo Diodovich, Senior Market Strategist di IG Italia, ritiene che «QualComm e Western Digital siano due titoli che potrebbero salire grazie al forte peso di ricavi che i gruppi tech registrano in Cina (65% QualComm, quasi il 50% Western Digital)». L’analista cita Apple, «che fa molto affidamento sui produttori cinesi per la sua catena di fornitura, Tesla con la Gigafactory di Shanghai e Nike». Nel lusso, Diodovich ricorda «Lvmh, Dior e Hsbc, la banca inglese che ha profonde radici storiche in Cina e in particolare a Hong Kong (il maggiore azionista della banca è il gruppo assicurativo cinese Ping An Insurance Group)». A Piazza Affari i più esposti verso il mercato cinese sono «Ferrari, Moncler, Pirelli, Reply e Piovan. Tra i brand italiani segnaliamo anche Prada, quotata a a Hong Kong, con una forte esposizione in Cina», conclude l'analista. (riproduzione riservata)