L’Asia apre la settimana ad andamento misto, lunedì 8 dicembre. Alle ore 7:40 italiane il Nikkei sale dello 0,15%, Hong Kong perde l’1% circa, Shanghai guadagna lo 0,6%. I futures sul Nasdaq viaggiano in guadagno dello 0,3%.
L’avanzo commerciale della Cina ha superato quest’anno per la prima volta i 1.000 miliardi di dollari, grazie al boom delle esportazioni nonostante la guerra dei dazi avviata dal presidente Usa, Donald Trump. Nei primi 11 mesi dell’anno, il surplus in dollari è stato pari a 1.076 miliardi, secondo i dati diffusi lunedì dall’amministrazione doganale del Paese, che contabilizza i beni (ma non i servizi). Nel 2024 l’avanzo commerciale si era avvicinato ai 1.000 miliardi senza però superarli.
Il surplus record arriva dopo una fase di riduzione delle tensioni commerciali tra Washington e Pechino, che lo scorso ottobre hanno concordato una tregua di un anno.
Il forte divario tra esportazioni e importazioni della Cina ha attirato critiche da parte dei partner commerciali, con il presidente francese Emmanuel Macron che, durante una visita nel Paese la scorsa settimana, ha definito «insostenibili» questi squilibri. Le esportazioni verso l’Ue sono aumentate molto a novembre, con un +14,8% su base annua rispetto allo 0,9% di ottobre. «E’ stata la grande sorpresa nei dati di novembre», il commento di Lynn Song, capo economista per la Cina di Ing. Song ha spiegato che la svalutazione del renminbi, in linea con il dollaro e rispetto all’euro, ha rafforzato la competitività delle esportazioni cinesi e contribuito ad ampliare l’avanzo commerciale con l’Ue. L’analista prevede che la situazione persisterà anche l’anno prossimo, ma dovrà affrontare una crescente resistenza da parte dell’Unione europea. «Macron ha detto che l’Ue potrebbe aumentare i dazi sulla Cina, quindi rimangono molte incertezze», ha aggiunto Song. «E inoltre abbiamo prospettive di crescita globale leggermente più deboli, che influiranno sulla domanda di esportazioni».
Le importazioni sono aumentate dell’1,9% a novembre, portando il surplus mensile a 112 miliardi di dollari. Le esportazioni cinesi verso gli Stati Uniti sono crollate negli ultimi mesi e a novembre sono diminuite del 29% su base annua. Ma le spedizioni verso altre regioni, soprattutto il sudest asiatico, sono cresciute rapidamente. Gli economisti ritengono che parte di queste spedizioni verso il Sudest asiatico — in aumento dell’8% il mese scorso — vengano poi riesportate negli Stati Uniti. «Il punto cruciale è che gli Stati Uniti non hanno ancora bloccato i transiti di merci attraverso Paesi terzi», ha detto Carlos Casanova, capo economista per l’Asia di Ubp. E ha aggiunto che la domanda statunitense è rimasta «stabile».
Il governo del presidente Xi Jinping ha fatto forte affidamento sulle esportazioni per sostenere l’attività economica, a fronte di una domanda interna debole e di un mercato immobiliare in rallentamento da cinque anni. Le esportazioni verso l’Ue sono inoltre aumentate velocemente a novembre, con un +14,8% su base annua rispetto allo 0,9% di ottobre. «Questa è stata la grande sorpresa nei dati di novembre», ha ribadito Lynn Song di Ing. Sottolineando che la svalutazione del renminbi ha contribuito alla maggiore competitività dei prodotti cinesi e all’allargamento del surplus con l’Ue.
La Cina è destinata ad aumentare la propria quota sulle esportazioni globali al 16,5% entro il 2030, rispetto all’attuale 15%, secondo gli analisti di Morgan Stanley. Nel loro report hanno aggiunto di dubitare che le misure protezionistiche in aumento da parte dei partner commerciali riusciranno a frenare questa avanzata. «Data la posizione dominante in settori ad alta crescita come veicoli elettrici, batterie e robotica, riteniamo che la Cina continuerà a rafforzare il suo ruolo nella manifattura e nel commercio globale», hanno scritto gli analisti. (riproduzione riservata)