Chi vincerà la sfida dell’AI? La battaglia tra le big tech entra in una nuova fase, ecco i favoriti secondo gli esperti
Chi vincerà la sfida dell’AI? La battaglia tra le big tech entra in una nuova fase, ecco i favoriti secondo gli esperti
A tre anni dal lancio di ChatGpt la concorrenza si è fatta brutale Da Google a Microsoft fino a Nvidia e OpenAI, i colossi tecnologici hanno promesso investimenti stellari. Ma il 2026 sarà l’anno della concretezza

di Sara Bichicchi 26/12/2025 20:00

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Qattrocentoventitré miliardi di dollari. A tanto ammonta nel 2025 la spesa globale per l’intelligenza artificiale secondo una stima di Ubs. E il prossimo anno il totale potrebbe salire fino a 571 miliardi. A tre anni dal lancio di ChatGpt, l’AI ha portato numeri da capogiro in diversi ambiti. Goldman Sachs, per esempio, prevede un aumento della domanda elettrica dei data center del 175% tra il 2023 e il 2030, con investimenti per circa 3 mila miliardi di dollari attesi tra il 2025 e il 2029.

Con queste cifre non sorprende che le grandi società tecnologiche vogliano presidiare il mercato e avere la meglio sui concorrenti. Tuttavia, dopo tre anni di hype e rally in borsa, gli esperti sono concordi nel sostenere che per le aziende sia arrivato il momento del pragmatismo: non più (o non solo) annunci roboanti di progetti multi-miliardari, ma sostenibilità e ritorni visibili degli investimenti.

«Siamo forse di fronte a un cambio di paradigma con la corsa all’AI che ha superato la fase dell’entusiasmo speculativo per entrare in quella, ben più critica, della concretezza finanziaria», osserva Gabriel Debach, market analyst di eToro. E anche i clienti cercano benefici chiari. «Ora le aziende vogliono sapere quale AI può davvero integrarsi nei propri sistemi, migliorare efficienza e margini. La domanda non è più chi ha il modello più intelligente, ma chi controlla l’ecosistema dove vivono le aziende», aggiunge l’analista.

Chi vincerà la gara?

In corsa ci sono diverse corazzate, ma alcune hanno costruito posizioni più solide di altre e potrebbero trarne vantaggio nel 2026. È il caso innanzitutto di Microsoft, investitore della prima ora in OpenAI, che ha speso oltre 13 miliardi di dollari per sostenere lo sviluppo di ChatGpt. Ma la forza del colosso di Redmond non sta solo nella relazione con la società di Altman, ma anche nel legame con le aziende che fanno un uso esteso dei suoi pacchetti software. «Ora la vera barriera all’ingresso nell’AI diventa la distribuzione e qui l’inerzia gioca a favore di Microsoft. Abbandonare il binomio Office-Azure è complesso e questo probabilmente le consente di vincere la guerra dei ricavi software B2B», sostiene Debach.

Tuttavia la concorrenza è forte. Se Microsoft può contare sulle imprese, Alphabet (Google) ha dalla sua parte miliardi di utenti che ogni giorno usano i suoi servizi, dal motore di ricerca Chrome fino a YouTube e Android. «Dal punto di vista economico mettiamo Alphabet davanti nella corsa all’AI perché unisce tre cose che raramente stanno insieme: distribuzione, monetizzazione ed efficienza di costo», osserva Filippo Diodovich, senior market strategist di Ig Italia. «Ha miliardi di utenti e canali dove inserire l’AI, quindi l’adozione può essere rapida e a basso costo commerciale. In più, Alphabet è molto integrata in verticale: non si limita a comprare potenza di calcolo, ma sviluppa i propri chip AI. Questo è interessante perché nell’AI il costo principale è proprio il calcolo computazionale per addestrare e poi far girare i modelli».

Alphabet è tra i favoriti anche per Debach. «Google con le sue tpu (gli acceleratori AI, ndr) e il controllo diretto dei dati ha il costo per query (costo per ogni richiesta fatta all’AI, ndr) più basso del settore. Un vantaggio che potrebbe fare la differenza», afferma l’esperto.

Il collo di bottiglia dei chip

La maggior parte delle aziende dipende però dai chip avanzati di Nvidia e Tsmc. «In questa fase Nvidia emerge come il principale beneficiario della corsa all’AI grazie alla capacità di produrre chip particolarmente performanti», sostiene Anthony Ginsberg, ceo di Ginsglobal Index Funds e partner di Hanetf. «La domanda per questi semiconduttori, caratterizzati da costi elevati, continua a superare l’offerta con effetti positivi sui margini. Amd rappresenta il concorrente più vicino, ma resta nettamente distanziata».

Infine, come se la passa OpenAI? ChatGpt conta oltre 100 milioni di utenti attivi al giorno e la società starebbe preparando la quotazione in borsa negli Stati Uniti con l’obiettivo di debuttare nel 2026. Se completata, quella di OpenAI sarebbe un’ipo da record con una valutazione che, secondo alcune stime, potrebbe arrivare alla cifra monstre di 1.000 miliardi di dollari.

La sfida ChatGpt-Gemini

Ma intanto anche per il chatbot più noto la concorrenza si fa sentire. Il rivale più temuto è Gemini, l’intelligenza artificiale di Google. «La competizione si è fatta brutale. L'ultimo aggiornamento di Gemini ha riaperto i giochi, costringendo Altman ad accelerare l’uscita di Gpt-5.2», commenta ancora Debach. «A fine novembre ChatGpt ha perso circa il 6%, scendendo da 106 a 100 milioni di utenti giornalieri, mentre Gemini volava a +40% raggiungendo 650 milioni di utenti mensili. OpenAI resta prima con 800 milioni di utenti settimanali, ma il rischio sorpasso è ormai reale».

Inoltre, conclude Ginsberg, «a differenza dei grandi gruppi tecnologici OpenAI non ha un ecosistema di distribuzione basato su social media, motori di ricerca o piattaforme software diffuse su larga scala». Il che, nel medio periodo, potrebbe anche significare dover cedere lo scettro a qualcun altro. (riproduzione riservata)