Ore concitate al vertice della Fondazione Cassa di Risparmio di Asti. Fonti locali parlano di un confronto aspro tra i membri del cda sul processo di vendita dell’omonimo istituto, di cui l’ente piemontese è primo azionista con il 31,8%.
Alla riunione di martedì 18 novembre il presidente Livio Negro avrebbe proposto di approfondire i contatti con le banche interessate a comprare Cr Asti, cioè Banco Bpm (già socio con il 9,9%) e Credem, con Unicredit più defilata. La richiesta avrebbe colto di sorpresa la maggioranza dei consiglieri, contrari ad aprire il capitale a un soggetto estraneo al territorio. Così il dossier è stato congelato insieme al mandato conferito all’advisor Equita.
Ieri la Fondazione ha smentito questa ricostruzione e ha spiegato di aver rinviato la pratica a una successiva seduta, escludendo una messa in minoranza del presidente e una bocciatura del suo operato. Della cessione di Cr Asti si parla però da mesi perché l’ente guidato da Negro deve ridurre la sua quota per rispettare i vincoli del Protocollo Acri-Mef.
L’ultima versione, da poco rinnovata, impone di non concentrare più del 44% dell’attivo nella banca conferitaria, soglia che l’ente piemontese supera ampiamente con oltre l’80% del patrimonio e quasi il 75% dell’attivo investiti. Da qui la necessità di un alleggerimento, che con il passare delle settimane sarebbe diventato un vero e proprio tentativo di vendita dell’intera banca guidata dal ceo Carlo Demartini. Un progetto che comunque richiedeva l’accordo con le altre fondazioni azioniste - Biella (12,91%), Vercelli (4,2%) e Crt (6%) - per consegnare all’eventuale acquirente la maggioranza di Cr Asti.
Nonostante la smentita, le voci di uno scontro interno alla fondazione - riportate da La Stampa - restano forti. Fonti del territorio escludono che la posizione di Negro sia in bilico al momento, ma confermano che la maggioranza dei consiglieri lo ha accusato di aver fatto dei passi in avanti non concordati. Perché è vero che il cda aveva incaricato Equita di effettuare una «valutazione indipendente del patrimonio e di esaminare possibili scenari di diversificazione degli investimenti», ma nessuno aveva immaginavano l’ingresso di una banca terza con mire sull’intera Cr Asti.
Ipotesi contro cui si è espresso anche il sindaco Maurizio Rasero (FI), che nomina la maggior parte dei consiglieri dalla fondazione essendo anche a capo della Provincia. Certo, la politica locale è consapevole della necessità di ridurre l’esposizione per rientrare nei parametri del Protocollo Acri-Mef, ma non a costo di perdere la banca della città. Idea che sembra non stuzzicare nemmeno gli altri enti nell’azionariato, che non avrebbero più voce in capitolo in un istituto ben radicato anche nelle loro zone d’origine.
Nessuna vendita, quindi. Ma che cosa accadrà allora a Cr Asti? Alcune fonti ipotizzano un patto tra le fondazioni, che potrebbero comprare la quota in eccesso del primo azionista per mantenere la banca indipendente. Un progetto che il presidente Negro potrebbe sposare per ricomporre la frattura interna al suo cda. Qualcuno arriva anche a ipotizzare l’ingresso di un altro ente piemontese, quello di Cuneo, dove però il dossier non sembra essere all’ordine del giorno. (riproduzione riservata)