La svolta sulle Generali ha fatto venire il dubbio se abbiano o meno fatto bene alcuni grandi gestori di portafoglio a uscire da Mediobanca Private Banking negli ultimi tre mesi. Se il primo tempo della partita si è concluso con la riconferma di Philippe Donnet per il quarto mandato alla guida dal Leone di Trieste, quindi con il vantaggio di Mediobanca, nell’intervallo ci si chiede se alla ripresa l’asse Caltagirone-Delfin avrà la meglio, ovvero se riuscirà ad avere successo nell’ops lanciata da Mps su Piazzetta Cuccia. Non bisogna dare niente per scontato anche perché, come si è visto all’assemblea delle Generali, c’è incertezza sulla composizione delle forze in campo per l’una o l’altra squadra. Resta il fatto che da inizio gennaio tre grandi consulenti hanno lasciato la divisione di Mediobanca per la gestione dei patrimoni della clientela più facoltosa. Due di questi sono usciti subito dopo l’annuncio, avvenuto il 24 gennaio scorso, dell’ops su Mediobanca da parte della banca guidata dall’ad Luigi Lovaglio.
La prospettiva del trasferimento sotto le insegne senesi, raccontano alcuni addetti ai lavori probabilmente potrebbe aver provocato malumori, accelerando quindi il passaggio, che già meditavano, verso altri lidi. I tre, Gianluca Piacenti, Federico Carini e Vincenzo Pennacchio, prima di Mediobanca, tutti ex Ubs (dove lavorava anche Angelo Viganò, responsabile del private della banca guidata dall’ad Alberto Nagel) si sono infatti dimessi ben prima di avere il bonus annuale che in Piazzetta Cuccia viene dato dopo l’estate dato che il gruppo chiude il bilancio al 30 giugno. In Mediobanca Private Banking i consulenti (in totale circa un centinaio attivi su 11 filiali sul territorio italiano) sono dipendenti e hanno stipendi che possono arrivare anche a un paio di centinaia di migliaia di euro lordi. Spostandosi, tutti e tre sono andati invece a lavorare a provvigione: Piacenti in Fideuram, Pennacchio in Azimut e Carini in Bnl Bnp Paribas Life Banker, con una remunerazione che da fissa è diventata variabile ma comunque ben più corposa visti i ricchi portafogli che detengono.
E questo probabilmente è il motivo di fondo che li tentava già da un po’ di tempo a cambiare casacca. Il blitz di Mps potrebbe quindi soltanto aver dato la spinta finale per indurli ad abbandonare lo status di dipendente. Allo stesso tempo potrebbe aver fornito l’assist per convincere i loro clienti a spostarsi presso un’altra banca. Non è facile infatti per il banker far capire alle famiglie che segue l’opportunità di cambiare struttura soprattutto se nella precedente non avevano avuto frizioni e problematiche tali da convincerli a sciogliere ogni legame. Un’operazione che oltretutto solitamente è ostacolata dalla vecchia banca visto che questa di norma per trattenere il cliente fa offerte molto generose come ad esempio un tasso di remunerazione della liquidità sopra la media.
In ogni caso l’ultimo uscito, Piacenti, il cui ingresso è stato comunicato da Fideuram appena prima di Pasqua, ha un portafoglio da oltre 1 miliardo di euro e avrebbe già girato alla banca del gruppo Intesa Sanpaolo oltre 750 milioni. Dal 2008 al 2014 Piacenti ha lavorato in Ubs, dove ha guidato il desk dedicato alla clientela di fascia alta per Roma e il Centro-Sud Italia, coordinando un team di dieci professionisti. Poi è stato managing director in Mediobanca, dove ha gestito per il Centro e Sud Italia il segmento ultra high net worth individuals (la cosiddetta fascia delle famiglie con ricchezze a sei zeri), contribuendo in modo significativo alla crescita della divisione private banking. Come affermato da Carlo Messina, ad e dg di Intesa Sanpaolo, «Fideuram è un porto sicuro per tanti banker italiani». In Fideuram, secondo rumors di mercato, Piacenti potrebbe triplicare il suo compenso, arrivando anche a mezzo milione di euro l’anno visto il maxi portafoglio. Supponendo infatti che questo miliardo possa rendere a Fideuram 1,5 milioni di provvigioni l’anno, solitamente dal 30 al 40% resta al private banker.
Se Piacenti è entrato nella sede di Roma, a Milano opera Carini, banker della stessa taglia, uscito a fine gennaio. E lo hanno seguito da Mediobanca anche Marco Carzaniga, Enrico Baraldini e Alessandra Paizis (con loro sono andati pure Emanuela Bazoli e Andrea Bossi che operavano a supporto del business).
Per Bnl Bnp Paribas Life Banker il reclutamento di questo team ha rappresentato un passo molto importante nella crescita: la rete italiana della banca francese è nata solo dieci anni fa e gestiva prima di questi ingressi soltanto 11,8 miliardi a differenza di Fideuram che ha masse ben più elevate (oltre 182 miliardi a fine 2024).
Dal canto suo Pennacchio, ex responsabile della sede di Mediobanca Private Banking di Bologna, ha accettato la sfida di diventare libero professionista in Azimut «per essere finalmente indipendente, sposo la logica di lavorare da family office, mettendo a disposizione la mia esperienza trentennale con i clienti imprenditori, le aziende e le famiglie complesse», ha scritto nel suo profilo Linkedin. A parte l’obiettivo di guadagnare di più resta da da capire se non si pentiranno del cambio di casacca soprattutto se la scalata del Monte fallirà. (riproduzione riservata)