Campari resta sul chi va là in borsa (titolo -4,08% a 5,414 euro in chiusura in borsa) in attesa di capire se gli Stati Uniti applicheranno veramente tariffe del 200% su tutti i prodotti alcolici provenienti dall’Europa. Contro dazi dopo che l’Ue ha imposto una tariffa del 50% sul whisky. Se questa tariffa, ha avvertito lo scorso 13 marzo il presidente statunitense, Donald Trump, «non verrà rimossa immediatamente, gli Stati Uniti applicheranno a breve una tariffa del 200% su tutti i vini, gli spumanti e i prodotti alcolici provenienti dalla Francia e da altri Paesi della Ue».
Eppure proprio negli Stati Uniti Campari sta ampliando la sua presenza oltre gli otto Stati federali in cui attualmente opera, puntando a una distribuzione nazionale completa in tutti i 50 Stati. Allo stesso tempo, l'azienda sta intensificando i suoi investimenti nei mercati chiave dell'area Apac, con un focus su Cina e India, per cercare di catturare la domanda sempre più elevata dei consumatori e rafforzare il suo vantaggio competitivo.
Il portafoglio di Campari, sottolinea AlphaValue in un report raccolto da milanofinanza.it, è fortemente incentrato sul concetto di «Casa degli aperitivi», che rappresenta il 43% delle vendite nette totali, con il solo Aperol che contribuisce per il 24% al fatturato. Questa forte dipendenza dal segmento degli aperitivi distingue Campari dai suoi concorrenti, in particolare nel mercato statunitense, ma presenta anche alcune sfide, tra cui, appunto, l'esposizione ai rischi legati ai dazi.
Campari, che deriva il 28% dei suoi ricavi totali dagli Stati Uniti, il suo mercato più importante, rischia di essere colpita in modo significativo da eventuali dazi al 200%. «L'impatto finanziario dei dazi su Messico e Canada è stato stimato intorno a 35 milioni di euro. Aggiungendo i possibili dazi statunitensi sui prodotti europei e senza alcuna misura di mitigazione, il conto potrebbe salire a 90-100 milioni di euro nei prossimi 12 mesi», calcola AlphaValue. «Per attutire l'impatto di questi dazi e proteggere la sua redditività Campari potrebbe considerare di spostare la produzione negli Stati Uniti per i prodotti non soggetti a restrizioni legate all’origine e che presentano elevati fattori di crescita, come Aperol».
I dazi colpiranno i prodotti che non possono essere fabbricati negli Stati Uniti a causa della loro denominazione d'origine, come tequila, cognac e champagne. Considerando i competitor più vicini a Campari, Diageo (coperta da Alphavalue con buy) e Pernod Ricard (buy), il primo dipende da tre prodotti chiave - Don Julio, Johnnie Walker e Guinness - oltre alla sua partnership con Moët Hennessy. Mentre il portafoglio del secondo include marchi affermati come Mezcal, Martell e Whiskey irlandese. Entrambe le aziende hanno una flessibilità produttiva limitata a causa delle normative che regolano le denominazioni dei prodotti.
Al contrario, la «Casa degli aperitivi» di Campari ha una flessibilità operativa. Infatti, a differenza della tequila o delle case che producono cognac e champagne, la Casa degli aperitivi di Campari (43% delle vendite totali) non è legalmente vincolata a un luogo specifico di produzione. Questo, spiega AlphaValue, permette all'azienda di trasferire alcune linee produttive, se necessario. Ad esempio, mentre Aperol (24% del portafoglio) e Campari (11% del portafoglio) sono attualmente prodotti esclusivamente in Italia, la loro fornitura globale è già ben gestita.
Questo perché, a differenza di champagne o cognac, questi prodotti non richiedono anni di invecchiamento, permettendo un processo immediato di produzione, consegna e vendita. Di conseguenza, Campari potrebbe sfruttare le sue strutture esistenti negli Stati Uniti per spostare la produzione di marchi chiave, come Aperol, limitando in modo efficace l'impatto dei dazi rispetto ai concorrenti vincolati da regole di produzione geografiche.
Nell'ultimo anno, il consumo pro capite di Aperol nella regione è aumentato dal 2% al 4%, accompagnato da una forte crescita a doppia cifra nella categoria degli aperitivi. «Ciò evidenzia significative opportunità di espansione per l'azienda in questo segmento, che potrebbe anche fungere da buffer strategico contro le potenziali minacce dagli Stati Uniti», sottolinea ancora AlphaValue, ricordando che Campari sta già espandendo la sua capacità produttiva di aperitivi, bourbon e tequila nel 2025, con un investimento di circa 200 milioni di euro per l’esercizio, come parte del budget di 550 milioni di euro per il periodo 2023-2025.
Data l'attuale situazione geopolitica, «riteniamo che prenderanno in considerazione l'espansione della produzione di Aperol fuori dall'Italia, anche perché la fase di de-stocking si è stabilizzata, consentendo la creazione di scorte di Aperol negli Stati Uniti. Questo potrebbe essere discusso nel prossimo Capital Markets Day che non è ancora stato programmato ma è atteso in futuro. Ad oggi, l'azienda ha già stanziato 53,7 milioni di euro per aumentare la capacità di produzione del Bourbon negli Stati Uniti.
Dazi a parte, una delle altre potenziali sfide è preservare la segretezza della ricetta. Ma può essere fatto, come dimostrato da Coca-Cola. L'azienda protegge i suoi ingredienti segreti trasportandoli in sicurezza fino all’impianto dedicato all’imbottigliamento, mentre acquista altre materie prime da Paesi esenti da dazi, come il Brasile. Questo approccio consente all'azienda di fissare un prezzo simbolico al prodotto con la ricetta segreta, riducendo così i costi doganali. Acquistando gli ingredienti da regioni esenti da dazi e localizzando la produzione più vicino al mercato di riferimento, l'azienda può ridurre efficacemente sia i costi doganali sia quelli logistici.
«Riteniamo che il mercato degli alcolici abbia toccato il fondo, con la fase di de-stocking ormai superata, come confermato dagli operatori del settore. Campari vede l’esercizio 2025 come un anno di transizione, caratterizzato dal nuovo modello operativo introdotto nel 2024 e da un aumento dell'efficienza dei costi, gettando le basi per un ritorno a una crescita mid to high single digit nel lungo periodo. Quindi», conclude AlphaValue, manteniamo la nostra raccomandazione buy sull’azione con un target price a 7,85 euro poiché i parametri intrinseci dell'azienda rimangono interessanti e l'espansione sostenibile del mercato delineata sopra dovrebbe portare a una rivalutazione da parte degli investitori». (riproduzione riservata)