Bond, torna l’interesse per l’America Latina: 18 obbligazioni con rendimento medio dell’8,5%
Bond, torna l’interesse per l’America Latina: 18 obbligazioni con rendimento medio dell’8,5%
Le elezioni in Argentina innescano un riprezzamento dei mercati obbligazionari del Sud America. Ecco su quali bond puntare, meglio in valuta forte. Brasile, Messico e Perù tra i Paesi più solidi  

di Francesca Gerosa 07/11/2025 20:00

Ftse Mib
42.917,67 6.54.45

-0,35%

Dax 30
23.569,96 23.50.54

-0,69%

Dow Jones
46.987,10 14.27.38

+0,16%

Nasdaq
23.004,54 23.50.54

-0,21%

Euro/Dollaro
1,1571 23.00.41

-0,07%

Spread
76,87 17.29.47

+1,02

Le elezioni di metà mandato in Argentina hanno catalizzato uno dei repricing più ampi e ordinati dell’anno nei mercati emergenti, segnando un punto di svolta nella traiettoria del rischio Paese argentino. Il movimento non è stato del tutto una sorpresa, secondo Daniele Bivona, Portfolio Manager di AcomeA Sgr, era chiaro che l’aritmetica parlamentare avrebbe comunque ampliato la base politica del presidente argentino, Javier Milei, ma la solidità del risultato ha superato le attese e, insieme al backstop del Tesoro Usa, ha trasformato la previsione di una graduale riduzione del premio al rischio in un repricing di intensità eccezionale.

La vittoria netta di Milei e della coalizione La Libertad Avanza e il rinnovo del sostegno finanziario statunitense da 40 miliardi di dollari hanno agito da catalizzatore per un riprezzamento cross asset: i rendimenti dei bond sovrani in valuta locale sono scesi di 10 punti percentuali, i titoli in hard currency hanno guadagnato fino al 20-25%, il peso si è apprezzato del 10% circa e le banche locali hanno registrato un rally di oltre il 40%.

Argentina più credibile

«Nei nostri portafogli, l’esposizione tattica e dinamica su sovrani e banche locali ha generato oltre +40% di rendimento in euro nell’ultimo mese, beneficiando appieno del riprezzamento post-elettorale. Abbiamo ridotto in modo significativo il rischio nel pieno del rally, man mano che il focus del mercato si spostava verso la ricostruzione delle riserve e una maggior flessibilità del cambio», prosegue Bivona.

La traiettoria dei prossimi mesi dipenderà dalla capacità del governo di utilizzare questa finestra politica per rafforzare i buffer esterni e ricostruire le riserve. Se la nuova credibilità verrà impiegata per ampliare la flessibilità valutaria, contenere il disavanzo e rendere sostenibile la disinflazione, il sostegno americano potrà agire come deterrente permanente, non come liquidità da consumare. In questo scenario, chiarisce l’esperto di AcomeA, «l’Argentina potrà riaccedere ai mercati internazionali dei capitali già nel 2026 e consolidare un regime di stabilità duratura, creando al contempo il contesto perché la normalizzazione del credito privato e il re-rating del settore bancario diventino strutturali. Se, invece, la finestra verrà sprecata difendendo un cambio sopravvalutato o rinviando le riforme, la stabilità attuale resterà transitoria, riproponendo le distorsioni del 2018-2019».

I rischi da non sottovalutare

Naturalmente a fronte di rendimenti elevati rispetto a quelli presenti nei mercati sviluppati con gli spread sia sovrani che corporate che offrono un carry superiore a parità di duration: rispetto al riferimento classico dei Treasuries Usa, sono tra i più generosi nel panorama dei mercati emergenti, circa 4,40% in più e con rendimenti medi superiori all’8%, i rischi, e questo vale per tutti i Paesi dell’America Latina, sono di natura idiosincratica e tipicamente legati al calendario elettorale. Questo perché i cambiamenti politici possono influenzare in modo significativo la percezione del rischio da parte degli investitori, spiega Fabrizio Santin, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management.

Poi c’è il rischio di credito: i rating sono relativamente bassi, c’è sempre un’alta probabilità di default, aggiunge Vittorio Fumagalli, Senior Portfolio Manager di Decalia Sim. Da non sottovalutare anche i rischi di liquidità: i mercati locali sono meno liquidi, soprattutto per i corporate bond. Spesso hanno un’elevata sensibilità alle commodities (oil/metalli) e alle condizioni finanziarie globali (sicuramente con un beta maggiore di 1). «A mio modo di vedere, il punto centrale è che tutti questi rischi si possono concentrare nella penalizzazione dei flussi verso questi mercati, che è invece la base minimale per un loro buon funzionamento», precisa Fumagalli. Tuttavia, il principale fattore di incertezza rimane l'andamento del dollaro e il contesto generale di liquidità determinato dalla politica della Fed.

Altre elezioni in vista

Da questo punto di vista, i prossimi mesi sembrano delineare un quadro complessivamente favorevole, anche se con diversi appuntamenti elettorali di rilievo. Il 16 novembre, infatti, i cittadini cileni saranno chiamati a eleggere un nuovo presidente, mentre nel 2026 si terranno le elezioni in Colombia, a maggio, e in Brasile, a ottobre. Le maggiori opportunità sembrano concentrarsi proprio in Brasile: «uno scenario in cui l'attuale governatore dello Stato di San Paolo, Tarcísio de Freitas, riuscisse ad assumere la leadership del partito conservatore di Bolsonaro, riuscendo a sconfiggere il presidente Lula, sarebbe accolto in modo estremamente favorevole», afferma Santin.

I bond più interessanti

Debito governativo in valuta locale (si veda la tabella sotto) è la scelta dell’esperto di Pictet. Al contrario, il debito corporate, solitamente emesso in dollari, offre una maggior sicurezza, soprattutto per gli investimenti nei mercati di frontiera, come ad esempio l'Argentina. Tuttavia, in questo contesto, diventa cruciale considerare il rischio legato al tasso di cambio euro/dollaro. «Preferiamo il debito in valuta locale rispetto a quello emesso in dollari, poiché il livello contenuto degli spread non compensa adeguatamente il rischio di cambio euro/dollaro. Ad esempio, Brasile, Messico e Colombia, sulle scadenze a 10 anni, presentano uno spread compreso tra 150 e 250 punti base rispetto al Treasury statunitense», spiega Santin. Per i bond in valuta locale, i rendimenti annualizzati superano abbondantemente il 10% in Brasile e Colombia, mentre in Messico si avvicinano al 9%. Questo avviene, continua l’esperto, in un contesto di inflazione contenuta, con tassi di poco superiori a quelli statunitensi (Messico 3,8%, Brasile e Colombia 5%).

Scadenze brevi

Quattro i Paesi investment grade scelti da Fumagalli: il Messico (BBB), che beneficia dell’accesso preferenziale al mercato Usa, Cile e Perù (A e BBB-, rispettivamente), interessanti per il settore minerario ma occorre prestare attenzione alla volatilità politica e Colombia (Baa3) la cui economia è abbastanza stabile, con un quadro macroeconomico che ha dimostrato una gestione prudente e un'evoluzione costante, nonostante le sfide storiche legate ai conflitti interni e alle disuguaglianze sociali.

La parte più consistente del portafoglio va a bond governativi di Messico, Cile e Perù per la duration gestibile e la liquidità buona, rigorosamente in hard currency, quindi dollaro ed euro, particolarmente indicate in questi Paesi con incertezze politiche/fiscali, più sicure e più liquide.

Le valute locali, che offrono logicamente un maggior rendimento potenziale perché sono molto più rischiose, «dovrebbero essere acquistate solo su base estremamente selettiva, di Paesi con un’inflazione in discesa e con banche centrali credibili, però si aggiunge comunque un rischio di volatilità notevole», avverte Fumagalli. Come scadenze, meglio puntare sul breve-medio termine (4/8 anni) per avere una maggior visibilità sui rischi politici e macroeconomici. Sul lungo (10–12 anni) solo per emittenti solidi e in valuta forte come il Messico.

Quanto ai bond corporate, conclude Fumagalli, «sono per esperti, eventualmente orientarsi verso i settori energetico, perché in questi Paesi c’è una forte spinta verso la transizione energetica, o infrastrutture. Finanziari solo con banche investment grade».

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