L’Europa dell’Est è una regione interessante per diversificare gli investimenti, con una crescita del pil spesso superiore a quella dell’Europa occidentale. E con dei rating sovrani che potrebbero stupire, come quello polacco, A- contro il BBB dell’Italia. Per contro, Ungheria e Romania sono Paesi con giudizi BBB-. Spostandosi verso il Medio Oriente, la Turchia ha un rating più basso, BB-, con obbligazioni che rendono, quindi, di più dovendo pagare un premio per il rischio più elevato. L'emissione con scadenza nel 2034 (si veda la tabella sotto), espressa in dollari, rende il 7,3%. Il Btp decennale, per fare un confronto, il 3,5%. Chi, invece, cerca un rendimento interessante (tenendo conto che il tasso Bce è del 2%) e una buona solidità economica, può guardare al bond polacco con scadenza 2049 espresso in euro che rende il 4,2%.
I Paesi dell’area rappresentano circa il 14% del pil dell'Ue, attirando l’interesse crescente degli investitori istituzionali alla ricerca di diversificazione, sottolinea Carl Vermassen, portfolio manager di Vontobel. La regione beneficia di forti investimenti diretti esteri, finanziamenti dell'Ue e di una crescente attività di near-shoring (localizzare attività produttive in Paesi geograficamente vicini), mentre le imprese occidentali stanno rivedendo la catena di approvvigionamento.
Importanti progetti infrastrutturali (transizione digitale e verde) alimentano la crescita, assieme a una forte domanda dei consumatori sostenuta dall'aumento dei salari. Tuttavia, nota Magdalena Polan, head of Em macro research di Pgim Fixed Income, gli investimenti verso le obbligazioni e le azioni locali sono stati modesti nel periodo 2022-2024, poiché i bond e le azioni statunitensi hanno offerto rendimenti elevati. La situazione è cambiata e ora l’Europa centro-orientale registra afflussi più consistenti. Tutto questo rafforza i fondamentali della regione e sostiene gli spread delle valute forti rispetto ad altre aree. Al contempo l’area gode di un premio tipico dei mercati emergenti, che riflette sia le prospettive di crescita superiori alla media, sia i fattori di rischio generalmente associati alle economie in via di sviluppo. Man mano che le economie dell’area Cee convergono con i mercati dell’Europa occidentale più maturi, questo premio può tradursi in rendimenti superiori alla media.
I rischi, tuttavia, restano: una politica fiscale troppo espansiva, con un aumento delle spese per la difesa e populista. La guerra in Ucraina e le tensioni in Medio Oriente mantengono poi elevati i rischi legati all'energia, sostiene John Espinosa, head of sovereigns di Nuveen. Infatti, si tratta di Paesi più vicini alla Russia e dipendenti dal petrolio di Mosca. Vermassen ricorda che, mentre la Repubblica Ceca è riuscita a liberarsi dalla dipendenza dal petrolio russo, l'Ungheria (e la Slovacchia) ne hanno addirittura aumentato le importazioni fino a oltre l'85% nel 2024.
A ciò si aggiungono le controversie con l'Ue su questioni relative allo Stato di diritto. Ma i rischi non si limitano alla politica. «L'aumento dei casi di insolvenza delle imprese e la debolezza del mercato del credito privato, nonostante la ripresa economica, indicano vulnerabilità sottostanti e di natura più strutturale», precisa il portfolio manager di Vontobel.
Vi sono, però, Paesi con rating solidi: Polonia, Croazia (A-), Slovenia (A) e Repubblica Ceca (AA-) che, secondo gli esperti, potrebbero beneficiare della riallocazione del capitale lontano dai Treasury Usa. «Chiaramente i rendimenti degli emittenti con rating elevato offrono spread modesti rispetto alle obbligazioni dell'area euro o statunitensi. Al contrario, i Paesi ancora in fase di convergenza verso l'investment grade, come la Serbia, offrono rendimenti più interessanti», indica Magdalena Polan. Mentre le obbligazioni dei Paesi con rischi fiscali ed esogeni più elevati, come la Romania o l'Ungheria, offrono spread più ampi, ma sono esposti a rischi di downgrade, anche se i fondi dell'Ue contribuiscono a mitigarli.
Giacomo Alessi, analista obbligazionario indipendente, ricorda che il costo del denaro in area euro oggi è del 2%, con i livelli di spread vicini ai minimi storici (quello Btp-Bund a 95). «Questa condizione di stabilità obbliga l’investitore intelligente a cercare rendimento altrove e guardare ai Paesi limitrofi», ragiona l’analista. Aggiungendo che la Polonia è ormai uno Stato altamente affidabile con un rating superiore a quello italiano, ma con un rendimento in linea con quello italiano e può essere una buona alternativa al Btp. L’economia polacca ha un rapporto debito/pil al 50% «ben al di sotto del 135% italiano e un tasso di crescita reale del pil al 3,2%. Discorso diverso per l’Ungheria, che ha un rapporto debito/pil in area 70% e un tasso di crescita più modesto (0/0,8%). I rendimenti dei bond in euro sono, tuttavia, piuttosto attraenti e la sostanziale affidabilità del Paese rende i titoli in euro ancora più appetibili visto lo spread di circa 100 punti base sul Btp».
La Romania, dal canto suo, offre i rendimenti più alti sui titoli di Stato in euro e la recente instabilità politica, avverte Alessi, sembra essersi arrestata a fronte delle elezioni che hanno visto vincere Nicusor Dan che, «forte del suo notevole background da matematico, dovrebbe consolidare i conti del Paese. La Romania vanta un debito/pil al 50%, piuttosto sostenibile, tuttavia il deficit annuo è stato del 7% e va ridotto per garantire stabilità». L’esperto di Nuveen resta selettivo in questo caso, ma vede del potenziale se verrà affrontato il problema del twin deficit strutturale. Si potrebbe puntare sui titoli a breve termine denominati in leu rumeni, suggerisce Vermassen. La Turchia, infine, ha un rapporto debito/pil sotto al 30% ma ha anche un’inflazione al 35% e tassi oltre il 30% che non riescono a contenere il carovita. Un debito da maneggiare con attenzione.
A Eldar Vakhitov, analista del team Emerging Markets Debt di M&G Investments, piace la Turchia. L’esperto mantiene in portafoglio una posizione sovrappesata (rispetto al benchmark) «sia sui titoli in valuta estera, che locale. Le riserve valutarie della banca centrale sono tornate a crescere e ci aspettiamo che il deprezzamento della lira turca rimanga contenuto nei prossimi mesi. In parallelo al calo dell’inflazione, questo dovrebbe permettere alla banca centrale di riprendere l’allentamento monetario, sostenendo i titoli in valuta locale».
A Vakhitov piacciono anche i titoli in valuta estera della Bulgaria, perché l’entrata nel Paese all’area euro nel 2026 (che dovrebbe essere approvata dall’Ue tra giugno e luglio) «migliorerà significativamente le prospettive economiche. L’adesione comporterebbe la rimozione del rischio di cambio, facilitando i flussi commerciali e riducendo i premi di rischio, con un possibile miglioramento del rating sovrano». L’esperto è, invece, sottopesato sui titoli in valuta estera della Polonia per le valutazioni elevate e «la probabile lentezza nel consolidamento fiscale e nelle riforme strutturali dopo la vittoria alle presidenziali del candidato populista». Ma guarda con interesse ai titoli in valuta locale, «grazie al ciclo di allentamento monetario, favorito dalla decelerazione dell’inflazione».
Vermassen, dal canto suo, continua ad apprezzare i titoli di Stato a lungo termine in Polonia (primo posto nella classifica delle previsioni di crescita con un +3,3% per il 2025) e in Repubblica Ceca (+2% nel 2025). Le obbligazioni di quest’ultima sono un rifugio di stabilità, mentre le promettenti previsioni sull’inflazione dovrebbero sostenere i titoli di Stato polacchi a lungo termine, a meno che l'impossibile convivenza tra il neoeletto presidente sovranista, Karol Nawrocki, e la coalizione di governo del premier, Donald Tusk, non mandi all'aria tutto, con il rischio di inasprire i rapporti con l'Ue sulle questioni relative allo Stato di diritto. L'Ungheria resta un'incognita: la liquidità, la situazione politica complessa con le elezioni del 2026 alle porte e i rapporti difficili con l'Ue, «non favoriscono investimenti strategici stabili, anche se dal punto di vista tattico potrebbero presentare opportunità interessanti». Per i bond in valuta locale ungheresi Espinosa preferisce la parte centrale della curva, poiché resta cauto sui rischi fiscali e politici che potrebbero accentuarne la pendenza.
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