A novembre l'attività sul mercato primario delle nuove emissioni corporate è stata particolarmente robusta, con volumi molto elevati e superiori alle stime del consenso. Il tutto in un mese che tradizionalmente non registra grande attività, sia per la diffusione delle trimestrali sia per l'avvicinarsi della fine dell’anno. A guidare e amplificare i flussi hanno contribuito molti emittenti statunitensi, interessati a diversificare sul mercato dei capitali in euro ingenti investimenti legati all’AI.
Oltre ai volumi, è interessante notare che le emissioni, ben assorbite dal mercato, hanno avuto strutture multi-tranche, articolate su un ampio ventaglio di scadenze, anche lunghe ed extra lunghe. Così da inizio anno l'offerta di titoli investment grade in euro ha raggiunto 623 miliardi di euro che è già un record annuale, sottolinea a Milano Finanza Eoin Walsh, gestore di portafogli di TwentyFour Asset Management (boutique di Vontobel). Il 2026 dovrebbe vedere un’offerta ancora più ampia tra 700 e 800 miliardi.
I rendimenti, soprattutto dei titoli emessi da banche e assicurazioni (la tabella sotto evidenzia una selezione di obbligazioni societarie, denominate in euro, sterline e dollari Usa, dal taglio minimo molto contenuto e con rendimenti attesi fino al 7%), continuano a essere interessanti sulle scadenze medie, cioè intorno ai cinque anni. Le banche e le compagnie assicurative, osserva Walsh, continuano a offrire il miglior valore relativo rispetto al credito societario e, con i livelli di capitale delle banche ai massimi storici e i crediti in sofferenza ai minimi degli ultimi dieci anni, anche i fondamentali sono molto solidi.
«Nel portafoglio investiamo principalmente nella parte centrale della curva dei rendimenti, ovvero in scadenze comprese tra sette e 15 anni. Ciò richiede un'analisi attiva del rischio. Più lunghe sono le scadenze, maggiore dovrebbe essere la qualità degli emittenti», fa presente Lars Conrad, gestore del fondo Flossbach von Storch Bond Opportunities. Anche perché, aggiunge Michail Gasparis, senior portfolio manager di Bank J. Safra Sarasin, le curve di credito sono troppo piatte per accettare la volatilità delle scadenze più lunghe. «Preferiamo, quindi, scadenze intermedie, principalmente nel paniere 3-5 anni, dove la curva di credito offre il miglior equilibrio tra rendimento e rischio di duration».
Per quanto riguarda l'allocazione geografica, Gasparis apprezza i Paesi core, come la Germania e i Paesi Bassi, sostenuti da pacchetti consistenti di spesa fiscale e da una solida posizione fiscale. Allo stesso tempo, vede valore nei Paesi periferici forti, come la Grecia e l'Italia, dove la crescita in miglioramento e i profili di credito resilienti offrono opportunità interessanti. Mentre dal punto di vista fiscale, sottolinea Walsh, Francia e Regno Unito sono in una situazione difficile a causa di alti livelli di deficit e di spesa pubblica, ma in queste aree ci sono ancora aziende ben gestite.
Comunque, per principio, Conrad non crede nel sovrappeso o sottopeso di singoli Paesi o segmenti di mercato in modo generalizzato: «siamo bond picker: le opportunità possono presentarsi in tutti i Paesi, segmenti e aree valutarie. Nel comparto dei corporate bond prestiamo attenzione alla qualità e al prezzo dei titoli. Le obbligazioni societarie solide rappresentano attualmente circa il 50% del portafoglio obbligazionario bilanciato dove al momento deteniamo obbligazioni societarie europee di Total Energie, Booking Holdings, Siemens, Merck & Co. e Porsche».
Tra high yield e investment grade, Walsh vede buon valore in entrambe le aree da un punto di vista bottom up. Comunque, se si guarda allo spread storico tra le obbligazioni societarie europee con rating BBB e BB, lo spread medio su 5 e 10 anni è di circa 150 punti base, mentre i valori più ampi registrati si collocano nella fascia dei 200-250 punti base. L’attuale spread è di soli 100 punti base e il livello più ristretto osservato nell’ultimo decennio è stato di 85.
«È quindi evidente che gli spread si sono ridotti in modo significativo e, sebbene sia possibile un ulteriore restringimento, il premio derivante dal possesso di titoli BB rispetto a quelli BBB è ora piuttosto basso e, in generale, è opportuno detenere meno titoli societari high yield e più titoli societari investment grade». In parole povere, conclude Walsh, il costo-opportunità di detenere asset di qualità superiore, dal punto di vista della performance, non è significativo, rendendole più attraenti.
Anche se recentemente i mercati obbligazionari sono stati molto tranquilli nonostante le numerose incertezze geopolitiche, ciò non deve trarre in inganno. Persistono numerosi rischi esogeni, dalla crisi del debito che incombe sulla Francia alla politica della Fed (si allontana il taglio dei tassi a dicembre). Tuttavia, secondo Conrad, questi non giustificano (ancora) un cambiamento strategico di direzione nei portafogli obbligazionari. «Dal canto nostro, continuiamo a concentrarci sulla buona qualità e, se non ci saranno cambiamenti sostanziali nel mercato, per il 2026 tenderemo a prediligere i settori meno ciclici. Sarà comunque interessante vedere come le grandi aziende tecnologiche Usa convertiranno i loro investimenti in utili. Ciò potrebbe portare a nuove emissioni più consistenti sul mercato obbligazionario, anche in Europa».
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