La principale novità per l’Eurozona negli ultimi mesi è stato il passaggio dai timori per l’inflazione a quelli per la crescita. Se dovessero confermarsi le preoccupazioni per un’attività economica inferiore alle attese, anche a causa dei dazi di Trump, gli effetti si farebbero sentire su banche, società finanziarie, imprese, famiglie e Stati, come ha indicato ieri la Bce nell’ultimo rapporto sulla stabilità finanziaria.
Tutto è legato in prima battuta alla crescita che è vicina allo zero da fine 2022. Da allora il pil è stato sostenuto soltanto dalla domanda estera, mentre consumi e investimenti hanno dato un contributo negativo alla crescita, come ha evidenziato il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta. Per il banchiere centrale non è più necessaria la stretta monetaria della Bce, considerando anche il ritorno dell’inflazione vicino all’obiettivo del 2% nel medio termine. I tassi, oggi al 3,25%, resteranno tuttavia restrittivi per mesi, ovvero continueranno a comprimere l’economia. La Bce avrà così un ruolo nel ridurre i rischi evidenziati nel rapporto sulla stabilità finanziaria, anche se una parte dei problemi dell’Eurozona sono strutturali e non dipendono dalla banca centrale.
Il rapporto Bce
I rischi macro nell’Eurozona «si sono spostati dalle preoccupazioni per un’inflazione ancora elevata ai timori per la crescita», ha osservato ieri la Bce. «La crescita economica rimane fragile, mentre le preoccupazioni sul commercio globale si aggiungono all'incertezza geopolitica e politica». Per il vicepresidente Luis De Guindos «le prospettive per la stabilità finanziaria sono offuscate da un’accresciuta incertezza macroeconomica, finanziaria e geopolitica e da una crescente incertezza in materia di politica commerciale», in vista delle decisioni della prossima amministrazione Usa.
Il rapporto Bce ha evidenziato che lo scenario macroeconomico può avere effetti sui mercati che sono «esposti a correzioni improvvise dei prezzi», anche per una possibile bolla nell’AI, come riportato su MF-Milano Finanza del 19 novembre. Inoltre la bassa crescita, secondo Francoforte, può incidere sulla sostenibilità dei debiti pubblici, assieme a «incertezza politica e deboli finanze pubbliche in alcuni Paesi». Infine la crescita zero, osserva il rapporto Bce, contribuisce all’indebolimento dei bilanci delle imprese e al deterioramento della qualità degli attivi di banche e altre società finanziarie.
Salari su ma l’inflazione non preoccupa
Riguardo all’inflazione, ieri è emerso che nel terzo trimestre la crescita dei salari negoziati nell'Eurozona è salita al 5,4%, dal 3,5% del secondo trimestre. Il rialzo, dovuto in gran parte alla Germania (+8,8%), non spaventa gli economisti che si aspettano una significativa discesa del valore l’anno prossimo. Gli analisti non si aspettano effetti sui tagli dei tassi Bce: per dicembre è attesa una riduzione dello 0,25%, anche se alcuni operatori ritengono possibile una mossa dello 0,5%, soprattutto se arriveranno ulteriore sorprese negative sulla crescita.
«L’attuale quadro dei rischi suggerisce che possiamo e dobbiamo ridurre ulteriormente la restrizione monetaria», ha detto nei giorni scorsi il membro del board Bce Piero Cipollone, ricordando anche il possibile impatto significativo dei dazi Usa. (riproduzione riservata)