Settembre sarà un mese chiave per le due maggiori banche centrali globali. Dopo il primo taglio dei tassi dello 0,25% a giugno e la pausa di luglio, i mercati monetari si attendono una seconda riduzione della Bce il 12 settembre (con una probabilità dell’80%). Sei giorni dopo arriverà il primo taglio della Fed, secondo le previsioni degli operatori (con una probabilità del 100%). Le due banche centrali decideranno «riunione per riunione», ma dovrebbero allentare la stretta a settembre perché nell’Eurozona e negli Usa si sta rafforzando la fiducia sul ritorno dell’inflazione al 2%.
Negli Stati Uniti l’economia ha resistito meglio alla stretta monetaria e il carovita è su livelli lievemente superiori (3%, contro il 2,5% nell’Eurozona). Ma anche il presidente della Fed Jerome Powell ha evidenziato nei giorni scorsi che i dati sull’inflazione negli ultimi tre mesi sono stati «molto buoni».
Le tempistiche sui tassi della banca centrale americana si intrecceranno con quelle delle elezioni presidenziali. Donald Trump ha detto che in caso di vittoria lascerebbe Powell al suo posto fino al termine del mandato nel 2026, ma ha aggiunto che «la Fed sa che non deve tagliare i tassi prima delle elezioni». I mercati tuttavia ritengono che la banca centrale non si lascerà condizionare e si muoverà nella riunione che precede il voto.
L’avvicinarsi del taglio Fed rassicurerà la Bce, anche se restano da valutare gli effetti sull’economia europea di una seconda presidenza Trump. In Europa la principale incertezza politica riguarda la Francia. Alcuni banchieri centrali temono che il nuovo governo non migliori i conti pubblici e anzi possa aumentare il deficit, irritando i mercati.
In questo caso la Bce sarebbe in difficoltà per un eventuale sostegno attraverso lo scudo anti-spread Tpi (che è comunque lontano, vista la reazione finora ordinata dei mercati alle elezioni francesi). La presidente Christine Lagarde, ex ministro delle Finanze francese, dopo l’ultimo consiglio direttivo ha inviato un chiaro messaggio ai governi evidenziando la necessità di aderire alle norme sui conti pubblici appena aggiornate in Europa.
Per quanto riguarda il quadro economico, la disinflazione nell’Eurozona sta procedendo secondo le attese Bce, mentre le sorprese negative stanno arrivando dal pil. Dopo cinque trimestri di stagnazione, il pil dell’Eurozona è aumentato dello 0,3% nel primo trimestre 2024. Questo dato ha portato ottimismo sulla ripresa. Ma l’entusiasmo sta calando. Lagarde ha detto che probabilmente nel secondo trimestre la crescita sarà inferiore al primo, quindi potrebbe tornare vicino allo zero. Inoltre i rischi sul pil sono «orientati al ribasso» secondo la Bce.
I problemi principali riguardano un settore (la manifattura) e un Paese (la Germania). La produzione industriale nell’Eurozona è scesa a maggio dello 0,6% rispetto ad aprile e del 2,9% rispetto all’anno precedente. I dati per Paese hanno mostrato un aumento mensile in Italia (+0,5%, -3,3% annuo), mentre c’è stato un calo in Germania (-2,5% mensile a maggio, -6,7% annuo) e Francia (-2,1% mensile, -3,1% annuo).
Secondo molti economisti il settore manifatturiero continuerà a faticare. Il dato della Commissione Ue sui nuovi ordini industriali è stato debole a giugno e l’indice Pmi dei nuovi ordini manifatturieri è rimasto in territorio di contrazione. Il rallentamento della Cina potrebbe essere un ulteriore fattore negativo. La debolezza della manifattura potrebbe pesare prima o poi sull’occupazione. Le imprese hanno preferito trattenere i lavoratori dopo la pandemia, ma in autunno potrebbero ridurre i posti di lavoro se la domanda resterà debole.
Per quanto riguarda i rischi di inflazione legati all’aumento dei salari, Lagarde ha chiarito che il picco sarà raggiunto quest’anno, mentre si attende una discesa nel 2025 e nel 2026. Le contrattazioni salariali avvengono ogni due-tre anni: ci sarà un ritorno alla normalità dopo un recupero fisiologico del potere d’acquisto dei lavoratori in seguito ad anni di alta inflazione. Inoltre in questa fase l’incremento degli stipendi è compensato dai minori margini delle imprese.Sono stati meno buoni i dati sulla produttività, sebbene siano in lieve recupero. Su questo fronte il principale problema è la bassa domanda che ostacola un calo del costo del lavoro per unità di prodotto. Una crescita più forte consentirebbe un maggiore utilizzo della manodopera accumulata dopo il Covid.
I falchi del board temono soprattutto l’inflazione nei servizi che resta «elevata» secondo la Bce (+4,1% a giugno). Il governatore della Banca d’Italia Fabio Panetta ha osservato che si tratta di preoccupazioni «non immotivate», ma che «vanno ridimensionate se si considera che i prezzi dei servizi tendono a muoversi in modo diverso da quelli dei beni». In particolare, ha aggiunto Panetta, i dati nei servizi si muovono in ritardo e sono storicamente più alti dell’inflazione complessiva.
Da qui a settembre usciranno molti dati economici, in base ai quali la Bce deciderà sui tassi. Inoltre saranno importanti le nuove proiezioni macro, che potrebbero mostrare una revisione al ribasso dei dati sulla crescita. Gli esperti di mercato consultati da Francoforte vedono un’inflazione al 2% nel 2025 nell’Eurozona e all’1,9% nel 2026 (-0,1% rispetto al trimestre precedente). Di conseguenza le aspettative sono ancorate all’obiettivo (e persino sotto al target nel 2026).
Il governatore francese François Villeroy de Galhau dopo l’ultimo consiglio Bce ha detto che sono «ragionevoli» le previsioni di mercato di due tagli entro fine anno (il successivo sarebbe a dicembre). Anche un falco come il lituano Gediminas Simkus ha espresso un parere analogo. Alcuni membri del board restano preoccupati di un nuovo rialzo dell’inflazione e sono disposti a rischiare un danno non necessario all’economia e un’inflazione sotto il target (sebbene l’obiettivo sia simmetrico al 2%). Ma gli operatori di mercato scommettono comunque su nuovi tagli a settembre e dicembre se il quadro di base sarà confermato e non ci saranno nuovi shock. Le riduzioni dei tassi secondo gli economisti proseguiranno in media per un altro 1-1,25% l’anno prossimo. (riproduzione riservata)