Nel terzo trimestre le politiche del credito delle banche italiane hanno mostrato un’accelerazione significativa: il calo dei tassi si è intensificato rispetto ai trimestri precedenti, mentre lo stock dei prestiti ha continuato a crescere, con le nuove erogazioni che rappresentano ormai circa il 15% del portafoglio crediti.
Questi numeri, analizzati in una recente ricerca di Kpmg, riflettono l’allineamento progressivo degli istituti alla politica monetaria della Bce, che da giugno 2024 ha dimezzato in poco più di un anno il costo del denaro, portandolo dal 4% al 2%. Una manovra attesa e voluta per sostenere la crescita economica e contenere gli effetti della recessione e che ora sta lasciando tracce visibili nei bilanci delle banche, soprattutto sul fronte degli interessi attivi e degli impieghi.
«La riduzione dei tassi di interesse sta diventando sempre più evidente nei bilanci delle banche italiane: nel primo semestre 2025 la riduzione dei tassi attivi rispetto al secondo semestre 2024 è stata pari ad oltre il 15%, portando ad una ricomposizione dei ricavi con una crescita della componente commissionale», spiega Lorenzo Macchi, coordinatore del settore bancario per Kpmg in Italia.
L’accelerazione registrata nel terzo trimestre mostra come le conseguenze delle scelte della Bce non si siano manifestate in modo immediato e lineare. I dati evidenziano una diminuzione progressiva degli interessi attivi contabilizzati dalle banche, in linea con il calo dei tassi di riferimento, ma con un ritardo significativo rispetto alla riduzione dei tassi stessi.
Tre fattori principali determinano la reattività dei tassi attivi rispetto alla politica monetaria della Bce:
Scadenze dei crediti – I prestiti a lunga durata tendono a riflettere più lentamente le variazioni dei tassi, mentre i finanziamenti a breve termine si adeguano più rapidamente.
Tassi fissi e variabili – La prevalenza di crediti a tasso fisso rallenta l’effetto del calo dei tassi, pur se i nuovi finanziamenti vengono erogati a tassi più bassi.
Nuove erogazioni – I tassi dei nuovi prestiti seguono più fedelmente la curva di mercato (Euribor e IRS), e il loro peso crescente sul portafoglio influenza progressivamente il totale degli interessi attivi contabilizzati.
I nove mesi del 2025 hanno confermato queste dinamiche: il primo semestre ha registrato una riduzione degli interessi attivi del 15,7% rispetto al secondo semestre del 2024. Il calo si è ulteriormente accentuato nel terzo trimestre (-5,4% rispetto al -4,0% del trimestre precedente). Il fenomeno è legato alla ripresa dei nuovi flussi di finanziamento: i principali istituti hanno incrementato lo stock dei prestiti di oltre il 2% da inizio anno, con le nuove erogazioni che oggi rappresentano circa il 15% del portafoglio complessivo.
Questa dinamica produce un effetto di «re-pricing» implicito degli impieghi: il peso crescente dei finanziamenti a tassi più bassi riduce progressivamente il rendimento medio del portafoglio, anche se i crediti più datati e a tasso fisso attenuano temporaneamente il fenomeno. È un fenomeno strutturale destinato a continuare se la politica monetaria della Bce manterrà i tassi a livelli relativamente bassi.
Ne ha parlato diffusamente il ceo di Intesa Sanpaolo Carlo Messina durante la trimestrale: «Tra giugno e settembre c'è stata una concentrazione di repricing del portafoglio impieghi a causa del calo subito dall'Euribor. Solo 8 miliardi di impieghi cambieranno prezzo nel quarto trimestre», ha puntualizzato il banchiere.
Per le banche italiane, questa dinamica implica margini più compressi sul credito, ma offre anche la possibilità di spingere sulle nuove erogazioni. Tassi più bassi stimolano la domanda di finanziamenti, sostenendo l’espansione degli impieghi e aumentando la rotazione del portafoglio. Si crea così un rapporto dinamico tra minori ricavi unitari e aumento dei volumi, che incide sia sul conto economico sia sulle scelte di gestione del rischio.
Il calo dei tassi comporta per gli istituti l’esigenza di ripensare la composizione dei prestiti, bilanciando tassi fissi e variabili e distribuendo con attenzione le scadenze per limitare l’erosione dei margini.
Se la tendenza dovesse proseguire, gli analisti prevedono un’ulteriore riduzione del rendimento medio dei crediti, con implicazioni sui tassi delle nuove erogazioni e sulle politiche di raccolta. In questo scenario, le banche italiane si trovano a operare in un equilibrio complesso: da un lato la necessità di sostenere la ripresa attraverso il credito, dall’altro la sfida di mantenere una redditività adeguata in un contesto di tassi più bassi.(riproduzione riservata)