Banche italiane, previsti 6,5 miliardi di utili nel secondo trimestre. Chi alzerà la guidance 2024 e il dividendo
Banche italiane, previsti 6,5 miliardi di utili nel secondo trimestre. Chi alzerà la guidance 2024 e il dividendo
Le banche italiane chiuderanno il secondo trimestre con un +5% degli utili. Il taglio dei tassi Bce non frenerà il margine di interesse. Le premesse per alzare guidance e dividendi e proporre nuovi buyback. I buy nel settore di Deutsche Bank, Equita e Morgan Stanley

di Francesca Gerosa 19/07/2024 20:00

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Oltre 6,5 miliardi di euro di utili dalle prime nove banche italiane nel secondo trimestre del 2024 con cost/income e crediti deteriorati in calo. La stagione dei conti inizia il 24 luglio con Unicredit e si conclude il 7 agosto con Bper. Giovanni Razzoli, analista di Deutsche Bank, ritiene che il momento sia ancora favorevole. Il calo dei tassi di interesse, più lento del previsto, secondo le previsioni dell’esperto, dovrebbe sostenere il margine di interesse del settore, atteso a livello cumulato a 10,703 miliardi di euro (+4% anno su anno). Cresceranno di più le commissioni: +7% a 6,337 miliardi, spingendo i ricavi totali a 18,357 miliardi (+4%). Dopo costi e accantonamenti per perdite su crediti in aumento, rispettivamente, del 2% a 7,7 miliardi e del 18% a 976 milioni, l’utile netto del comparto dovrebbe salire del 5% a 6,581 miliardi. I numeri dovrebbero confermare anche l’ottimizzazione dei costi con un cost/income ratio in flessione di 64 bps al 42% e, lato credito, npl lordi in contrazione del 4% a 34,84 miliardi.


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Chi batterà le attese del consenso Bloomberg

Battere le attese del consenso Bloomberg è un obiettivo alla portata di alcune banche. L’utile netto di Unicredit, ad esempio, secondo Razzoli, stimato a 2,55 miliardi nel trimestre (si veda la tabella in alto in pagina), può superare la previsione del consenso a 2,47 miliardi, come il coefficiente patrimoniale previsto al 16,4% a fine giugno, oltre la stima del consenso al 16,3% e oltre la media del settore al 15,6%. «Ci aspettiamo notizie positive anche da Mps, che crediamo annuncerà obiettivi di redditività migliori: il piano attuale prevede un Rote (rendimento del patrimonio netto tangibile, ndr) nel 2026 dell'8,7% contro la nostra stima di un 10%. In più prevediamo una politica di distribuzione dei dividendi più interessante», aggiunge Razzoli che, a valere sul bilancio 2024 del Monte, si aspetta un dividendo pari a 0,53 euro per azione (yield del 10% circa), in aumento dai 0,25 euro del 2023, e sul bilancio 2025 di 0,59 euro per azione.

Margine di interesse resiliente al taglio tassi

Rating buy, quindi, confermato sul Monte insieme a Credem e a Intesa Sanpaolo, la sua top pick. Proprio la banca guidata da Carlo Messina, secondo Luigi de Bellis, Co-Head of Research Team di Equita, potrebbe migliorare (si veda la seconda tabella) la guidance 2024 che attualmente prevede un utile netto oltre 8 miliardi di euro. «Per il sistema bancario italiano nel secondo trimestre del 2024 ci aspettiamo un margine di interesse resiliente, pressoché in linea con il primo trimestre dell’esercizio, alla luce di un tasso Euribor sceso fino a oggi solo di 11 bps, volumi non brillanti, un costo del funding stabile, commissioni in crescita anno su anno del 3/4% e costi in aumento del 3% sia trimestre su trimestre per l’effetto stagionalità sia anno su anno, in questo caso a causa del rinnovo del contratto dei bancari», precisa de Bellis.

Mps può remunerare di più gli azionisti

Quanto alla voce accantonamenti, i tassi di default sono rimasti compressi, «per cui stimiamo un costo del rischio medio sotto 40 bps con Intesa Sanpaolo, Credem e Unicredit le meglio posizionate. Naturalmente, le banche continueranno a ottimizzare le attività ponderate per il rischio», continua l’esperto di Equita che in media si attende un aumento del Cet1 di 20/30 bps grazie alla generazione organica di capitale. Forte di questo, ad esempio, «Mps con l’aggiornamento dei target del piano potrebbe aumentare il payout (quota di utile da distribuire agli azionisti, ndr) dall’attuale 50% a oltre il 70% e introdurre un programma di buyback. Mediobanca ne ha annunciato uno da 1 miliardo nel piano industriale al 2026, di cui 0,2 miliardi già eseguiti, e i restanti 0,8 miliardi da completare negli ultimi due anni. Le nostre stime prevedono un buyback da 400 milioni nel 2025 e un altro della stessa cifra nel 2026. Anche per questo abbiamo un rating buy sull’azione insieme a Intesa Sanpaolo e Credem. Quest’ultima dovrebbe registrare nel secondo trimestre un costo del rischio di 13 bps, uno dei più bassi tra le banche italiane, e un Cet1 in crescita al 14,8%».

Intesa Sanpaolo e Mediobanca best pick di Morgan Stanley

Un po’ di cautela è, comunque, d’obbligo. Per Pamela Zuluaga, analista di Morgan Stanley, le banche italiane nel secondo trimestre potrebbero evidenziare l'inizio di alcune pressioni, seppur limitate, sul margine di interesse a causa di un tasso Euribor più basso e di volumi persistentemente contenuti. In ogni caso, le commissioni dovrebbero rimanere resilienti, grazie alla minor concorrenza dei Btp e al ritorno di attività rischiose che supportano i flussi verso i fondi azionari. «Prevediamo un utile trimestrale più resiliente per Intesa Sanpaolo e Mediobanca, rispettivamente a 2,334 miliardi e a 349 milioni, in aumento del +3% e del +47% anno su anno, grazie alla diversificazione dei ricavi, in particolare di quelli del business assicurativo. Per questo consigliamo di sovrappesare in portafoglio (overweight) le due banche». Il Cet1 di Ca’ de Sass è visto al 13,4% che crea una certa flessibilità per lanciare un buyback. L’analista attende con interesse anche la presentazione dei nuovi obiettivi per il business wealth e asset management che potrebbero portare a una revisione al rialzo delle stime di utile della banca.

Per Mediobanca, in particolare, l’esperta di Morgan Stanley sconta un trimestre forte anche a livello di ricavi, +9% a 969 miliardi, grazie al modello di business diversificato. Il contributo di Generali dovrebbe tradursi in un profitto pari a160milioni dalle partecipazioni azionarie, superiore alle aspettative iniziali, e spingere l’utile. Inoltre, con un Cet1al 15,6%, «pensiamo che potrebbe essere proposta una nuova tranche di buyback da 400 milioni per l’esercizio 2024/2025».

Un occhio alla Russia

L’esposizione alla Russia ed eventuali indicazioni sul mix interim dividend/buyback di Unicredit sono al centro dell’attenzione dell’analista che per l’istituto guidato da Orcel ha stimato un calo più significativo del 3,2% trimestre su trimestre del margine di interesse (-0,9% anno su anno) a 3,465 miliardi, ma commissioni forti a1,988 miliardi(+4%), sostenute dal miglioramento dei flussi nell’asset under management di Amundi. Il costo del rischio (0,19% da 0,02% del secondo trimestre del 2023) persistentemente basso in gran parte dell'Europa centrale e orientale ammortizzerà l'accantonamento di circa 460 milioni di euro legato al contenzioso in Russia. «Faremo attenzione anche a eventuali deterioramenti della qualità degli attivi in Italia e Germania. Intanto ci attendiamo un Cet1al 16,2%, un livello che permette un pay-out totale del 90%», aggiunge Zuluaga.

Collegare i depositi a tassi variabili, invece, potrebbe essere un vento contrario per il trimestre di Banco Bpm, «tuttavia ci aspettiamo un contributo dal minor costo del funding con i graduali tagli dei tassi. Pur mantenendo una view positiva sui ricavi del business delle assicurazioni, prevediamo alcuni ritardi nella crescita di questo segmento con ricavi a10 milioni, -33,2% anno su anno. In quest’ottica faremo attenzione a eventuali miglioramenti della guidance poiché la sensibilità di Banco Bpm al margine di interesse, stimato a 853 milioni nel trimestre, +5,3% anno su anno, probabilmente migliorerà grazie agli sforzi del management nel rafforzare la copertura strutturale e adeguare il costo del credito. Il Cet1 dovrebbe essere pari al 14,8%, con la possibilità di distribuire il capitale in eccesso dopo l'implementazione di Basilea IV».

Non è ancora l’ora dell’M&A

Banco Bpm, come Bper, la Popolare di Sondrio e Mps mantiene un certo appeal speculativo per le voci di M&A. Ma un consolidamento nel settore bancario italiano, che continua a trattare su valutazioni a sconto sia rispetto alla media europea sia rispetto alla media storica (7,1volte il p/e stimato per il 2025 contro una media storica di 8,4 volte), è improbabile nel breve termine, a detta di de Bellis. Non c’è una necessità impellente di accelerare le fusioni con l’attuale livello dei tassi. Solo quando il contributo del margine di interesse ai conti verrà meno se ne parlerà sul serio.


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