Le sette maggiori banche italiane hanno aumentato ulteriormente gli utili nei primi nove mesi del 2025 arrivando a quota 21,6 miliardi, con un rialzo del 9% rispetto ai 19,8 miliardi dello stesso periodo del 2024.
Secondo quanto emerge dai dati di bilancio elaborati da Value Partners, il margine di interesse è sceso del 5,6% a causa del calo dei tassi, ma questo fattore è stato compensato dalla crescita delle commissioni nette (+5,9%) e degli altri proventi (+23%).
In termini assoluti, le sette banche hanno perso 1,8 miliardi di interessi, ma hanno aumentato le fee di 1,1 miliardi (per effetto della focalizzazione su gestione patrimoniale e bancassurance) e gli altri ricavi di 924 milioni (soprattutto a causa del risultato netto delle attività e passività finanziarie valutate al fair value).
Per effetto di queste variazioni, il margine di interesse ora pesa per il 55% dei ricavi totali (dal 58% dell’anno precedente), mentre le commissioni sono salite al 36% (da 34%).
Marco De Bellis, partner di Value Partner, osserva che la discesa del margine è stata registrata anche nell’ultimo trimestre (-2,6% nel terzo rispetto al secondo) e inoltre che «il rendimento generato in rapporto al rischio assunto, calcolato in termini di proventi rispetto agli asset ponderati, è di nuovo in calo di 27 punti base, una tendenza avviata a inizio 2025 dopo numerosi trimestri di crescita».
L’aumento delle commissioni è stato sostenuto dalle fee sugli investimenti e dalla crescita della raccolta indiretta (+15% rispetto a fine 2024). La raccolta diretta ha invece registrato un lieve incremento dello 0,9% rispetto alla fine dell’anno scorso.
Tra le banche considerate, i maggiori utili in valore assoluto sono stati ottenuti da Unicredit (8,75 miliardi, con un rialzo del 13%) e Intesa Sanpaolo (7,6 miliardi, +6%), seguite da Banco Bpm (1,5 miliardi, +18%), Mps (1,37 miliardi, -13%), Bper (1,33 miliardi, +17%), Banca Popolare di Sondrio (513 milioni, +19%) e Credem (506 milioni, +4%).
Nel complesso i costi operativi sono scesi dello 0,6%: quelli relativi al personale sono calati dell’1,2%, mentre le altre spese amministrative sono rimaste quasi invariate.
Il rapporto cost/income dei primi nove mesi del 2025 si è attestato al 40%, in diminuzione di 41 punti base rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
«Le banche continuano a mantenere alta l’attenzione alle spese e la disciplina di costo», ha rilevato Pietro Galiberti, associate di Value Partners. «Inoltre continuano gli investimenti in nuove tecnologie per recuperare efficienza».
Il costo del rischio di credito ha mostrato una lieve riduzione rispetto al 2024 (20 punti base rispetto a 26 nel 2024). Le rettifiche nette di conseguenza sono scese dell’8,6% (da 1,92 a 1,75 miliardi), un altro elemento che ha migliorato i conti economici.
Il rapporto tra npl e prestiti totali (il cosiddetto Npl ratio lordo) è rimasto stabile al 2,5%, nonostante il contesto di incertezza per le imprese italiane dato dalla stagnazione del pil e dalle tensioni commerciali in corso.
All’interno della categoria complessiva dei deteriorati, nei primi nove mesi dell’anno c’è stato un rialzo delle sofferenze (+7%), mentre sono calate le inadempienze probabili (-3%) e le esposizioni scadute (-9%).
Nel complesso le coperture delle sette banche a fronte dei deteriorati sono lievemente salite (da 48,6% di fine 2024 al 49,2%).
Gli impieghi verso la clientela sono aumentati dell’1,8% rispetto alla fine del 2024 «a dimostrazione della crescita della domanda per il credito da parte di famiglie e imprese», osserva Value Partners.
A livello patrimoniale, il trimestre ha confermato «la capacità delle principali banche italiane di mantenere una solidità superiore ai requisiti normativi, con un capitale Cet1 fully loaded pari al 14,6% a livello aggregato», rileva Value Partners. «Nonostante la discesa dei tassi e l’aumentare dell’incertezza dell’economia globale le banche italiane continuano a dimostrare una struttura patrimoniale resiliente».
Tra gli istituti di credito analizzati, il maggior livello di capitale è quello di Credem (17,5%), seguita da Mps (16,9%), Popolare di Sondrio (16,6%), Bper (15,1%), Unicredit (14,8%), Intesa Sanpaolo (13,9%) e Banco Bpm (13,5%).
L’alta redditività delle banche ha innescato un’ondata di aggregazioni e ha anche spinto il governo a introdurre un prelievo sul settore.
Gli istituti hanno avvisato che lo scenario potrebbe cambiare l’anno prossimo a causa di tassi, possibile incremento di crediti deteriorati ed effetti dell’incertezza economica, commerciale e geopolitica.
Il governo e la Banca d’Italia hanno però ricordato alle banche la necessità di non far mancare il credito all’economia e di approfittare del momento favorevole per rafforzare la capacità di affrontare scenari avversi. (riproduzione riservata)