Nell’estate del risiko i titoli delle banche italiane non smettono di crescere. Tra annunci di nuove offerte pubbliche, rilanci e dividendi generosi, la stagione del consolidamento ha per il momento almeno un vincitore acclamato: gli azionisti. Dall’estate del 2021 a oggi l’indice Ftse Italia Banche ha quasi quadruplicato il proprio valore. E alcuni titoli hanno fatto ancora meglio: il prezzo delle azioni Unicredit, per esempio, si è sestuplicato. E anche solo nell’ultimo anno, le performance sono rimaste stellari: la Popolare di Sondrio è balzata del 44,2%, Mediobanca del 32%, Banco Bpm del 29,3% e Bper del 25%.
Questo rally si riflette nei multipli di mercato: a fine 2020 gran parte degli istituti quotava a forte sconto sul patrimonio netto tangibile (cioè il capitale contabile al netto delle attività immateriali). Oggi la fotografia è diametralmente opposta. Unicredit vale a 1,47 volte il proprio patrimonio, Intesa Sanpaolo a 1,46 volte, Mediobanca a 1,34 volte, Banco Bpm e Bper si muovono attorno a uno. Persino Monte dei Paschi, a lungo penalizzata da anni di crisi, è risalita a 0,72 volte il patrimonio. Quando il prezzo di una banca supera il valore contabile? Quando il mercato scommette su utili futuri maggiori, su un miglioramento della gestione oppure sul verificarsi di operazioni straordinarie che determinino sinergie.
Le ragioni di questo entusiasmo sono molteplici. Da un lato, la stretta monetaria della Bce ha generato profitti record: i tassi più alti hanno fatto esplodere il margine d’interesse – la differenza tra quanto le banche pagano per raccogliere fondi e quanto incassano dai prestiti – che è diventata la principale fonte di utili e quindi di dividendi. Dall’altro, il contesto economico italiano si è dimostrato solido: le insolvenze sono rimaste contenute e la qualità del credito è migliorata. A questi fattori si è aggiunto, nell’ultimo anno, la ripresa in grande stile del risiko bancario, che ha spinto in alto i titoli sia delle potenziali prede sia dei possibili acquirenti.
Tuttavia, dopo una corsa così lunga, molti investitori iniziano a chiedersi se ci sia ancora spazio per guadagnare. Il contesto, d’altra parte, sta cambiando. Il ciclo dei tassi alti è ormai alle spalle. Dopo l’ottavo taglio dei tassi a giugno, il mercato si attende almeno un altro intervento nel 2025. Se l’euro forte e il calo dei prezzi energetici dovessero spingere l’inflazione stabilmente sotto il 2%, Francoforte potrebbe per giunta accelerare nella sua tabella di marcia. E questo metterebbe sotto pressione proprio quel margine d’interesse che ha alimentato i profitti degli ultimi due anni.
Secondo gli analisti di Jefferies, già nel secondo trimestre di quest’anno questa posta di bilancio sarà in calo rispetto al 2023. In alcuni casi, le commissioni potranno compensare la discesa, ma per molti istituti l’età dell’oro è ormai alle spalle. Un secondo elemento di incertezza riguarda la qualità del credito: nel primo trimestre 2025, le sofferenze bancarie – la componente più deteriorata dei crediti – sono aumentate del 6% su base annua. Per ora i numeri restano sotto controllo, ma un eventuale rallentamento dell’economia o shock esterni potrebbero cambiare il quadro rapidamente.
In questo scenario a luci e ombre, gli analisti sono diventati più cauti. Per Unicredit (14 giudizi buy dagli analisti), per esempio, il potenziale di apprezzamento nei prossimi 12 mesi è stimato al 5,4%. Dopo un rally che ha portato il titolo ai massimi dal 2015, il mercato scommette insomma su un consolidamento, più che su nuovi record, anche se la banca guidata da Andrea Orcel dovrebbe comunque garantire ai propri azionisti un total return 2025 al 51,84%. Lo stesso vale per Banco Bpm (5 giudizi buy), per cui si prevede un upside limitato al 7% a fronte di rendimento totale del 36,96%. Per entrambe, il futuro prossimo potrebbe essere segnato più da operazioni straordinarie che da crescita organica.
Per Intesa Sanpaolo (19 buy) gli analisti vedono margini di crescita superiori al 10%, anche grazie alla solida base commissionale e all’attesa sul nuovo piano industriale al 2030, che dovrebbe essere presentato nei prossimi mesi. Ancora più interessante potrebbe essere la traiettoria di Mediobanca, che oggi è alle prese con l'ops del Montepaschi (vedere articolo qui a fianco) e, secondo alcune previsioni, potrebbe anch’essa guadagnare oltre il 10% nei prossimi 12 mesi.
Ma potrebbero essere le banche di media dimensione a riservare le sorprese più positive in termini di ritorni azionari. Montepaschi, proprio perché ancora lontana dai multipli registrati dai competitor, ha un potenziale di rialzo stimato attorno al 20,3%. Bper (9 buy) – attiva nel risiko con l’ops sulla Popolare di Sondrio – potrebbe offrire ritorni simili. La banca modenese ha appena migliorato l’offerta, aggiungendo un euro in contanti per ciascuna azione dell’istituto valtellinese guidato da Mario Alberto Pedranzini, con l’obiettivo di chiudere l’operazione entro l’11 luglio. Il mercato sembra premiare la strategia espansiva del gruppo.
C’è poi il mondo delle banche specializzate, dove alcune opportunità potrebbero emergere proprio sui titoli meno seguiti. È il caso di Banca Sistema, il gruppo milanese guidato da Gianluca Garbi su cui CF+ ha appena lanciato un’opas: in questo caso l’aspettativa del mercato è di un apprezzamento fino al 30,8% nel prossimo anno. Anche in questo segmento, però, la selettività sarà fondamentale: il ciclo favorevole non durerà all’infinito.
È stato d’altra parte proprio un banchiere, il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo Carlo Messina, a lanciare un avvertimento sui corsi azionari del settore: «Se hai un valore di borsa che incorpora un premio per determinate aspettative di aggregazioni o sinergie, io da risparmiatore mi porrei delle questioni e guarderei con attenzione», ha dichiarato Messina, ventilando neppure troppo velatamente l’ipotesi che il mercato abbia a che fare con una bolla.
Il settore bancario italiano potrebbe insomma non aver ancora esaurito il suo combustibile. Ma la fase dei rally generalizzati è probabilmente finita. Oggi più che mai, per cogliere nuove opportunità, servirà fiuto e attenzione ai fondamentali. In un mercato che ha già incorporato gran parte della crescita futura nei prezzi, la selettività sarà la chiave. (riproduzione riservata)