Azioni Usa sui massimi: 15 titoli da acquistare dopo la svolta di Trump sui dazi
Azioni Usa sui massimi: 15 titoli da acquistare dopo la svolta di Trump sui dazi
Trump ha ottenuto le concessioni che sperava nei negoziati commerciali. Insieme all’ok al bilancio Usa e al pil oltre le attese, c’è spazio per un’altra corsa degli indici americani. Le azioni di qualità con utili da capogiro

di Francesca Gerosa 01/08/2025 21:00

Ftse Mib
42.196,20 6.57.55

-0,59%

Dax 30
23.902,21 23.50.46

-0,57%

Dow Jones
45.544,88 20.01.19

-0,20%

Nasdaq
21.455,55 23.50.46

-1,15%

Euro/Dollaro
1,1687 23.01.05

-0,08%

Spread
88,91 17.29.38

+1,64

Tutti pensavano bluffasse. Invece Donald Trump ha giocato su più tavoli la partita dei dazi e ha sbancato, incassando cifre da capogiro: solo dall’Europa 1.350 miliardi di dollari e le tariffe al 15% (sull’auto restano al 27,5%) a partire dal 7 agosto, come da nuovo ordine esecutivo, una stangata ma non come il 39% della Svizzera. Con una serie di accordi commerciali all’ultimo minuto, che si sono dimostrati tutti favorevoli agli Stati Uniti, ha ribaltato gli equilibri globali, restituendo a Washington un ruolo dominante.

Nessuna recessione in vista

È ovvio che Wall Street veda rosa. Il 28 luglio S&P 500 e Nasdaq (vedere la tabella) hanno aggiornato i massimi storici, salvo cadere venerdì 1° agosto anche in scia ai dati più deboli sull'occupazione non agricola (solo +73.000 posti a luglio) che hanno spinto i trader ad aumentare le scommesse sul fatto che la Fed abbasserà i tassi già da settembre. In precedenza, il pil Usa del secondo trimestre ha mostrato una ripresa solida oltre le attese con un aumento del 3%, scrollandosi di dosso la contrazione del primo trimestre (-0,5%). Un dato che contrasta con le previsioni catastrofiche successive all'annuncio dei dazi reciproci ad aprile.

Nessuna recessione americana, dunque. «Dal Liberation Day i rischi di recessione sono diminuiti in modo significativo: se allora i mercati prezzavano una probabilità del 70%, ora è scesa a un terzo», sottolinea Laura Cooper, head of macro credit and investment strategist di Nuveen. E il concetto di America First, spesso criticato, oggi si sta traducendo in America Ahead. Con gli Stati Uniti che dettano il ritmo, gli investitori iniziano a chiedersi: è ora di ribilanciare i portafogli verso Wall Street? Soprattutto prima che il dollaro si risvegli dal letargo forzato: -2,3% nei confronti dell’euro nell’ultima settimana. Un biglietto verde debole, infatti, incrementa gli utili delle società, poiché il 40% dei ricavi dell’S&P 500 proviene dall’estero.

Nuovi record

Oppenheimer e Morgan Stanley non hanno dubbi: Wall Street può ora raggiungere vette inesplorate. La prima banca d’investimento ha ripristinato l’obiettivo di fine anno per l’S&P 500 a 7.100 punti. «Con l’annuncio degli accordi commerciali, soprattutto con l’Ue e il Giappone», spiega, «riteniamo che siano stati superati abbastanza ostacoli da poter ripristinare l’obiettivo originario di 7.100 punti per l’S&P 500 entro fine anno», un target che implica un potenziale upside del 13%. Mentre Michael J. Wilson, equity strategist di Morgan Stanley, ha alzato l’asticella fino a 7.200 punti.

Ma quali sono i fattori trainanti? La domanda di intelligenza artificiale, la debolezza del dollaro, i risparmi fiscali derivanti dal One Big Beautiful Bill Act e i tagli dei tassi della Fed entro il primo trimestre del 2026. Considerando poi il dominio del tech nell'indice S&P 500, con le Magnifiche 7 che rappresentano il 30% della capitalizzazione di mercato e gli utili sostenuti dalla domanda di AI, «abbiamo recentemente aggiornato il posizionamento sulle large cap Usa a sovrappeso a fronte di un orientamento neutrale a livello globale», aggiunge Laura Cooper, ritenendo che l'S&P 500 possa raggiungere a fine anno 6.400 punti.

Una view supportata dal rendimento dei Treasury a 10 anni (crollato al 4,2% soprattutto dopo che i dati di maggio e di giugno sul mercato del lavoro sono stati rivisti al ribasso per 258.000 unità) «che prevediamo rimarrà entro un intervallo definito, rendendo le azioni relativamente interessanti rispetto al rendimento privo di rischio dei titoli di Stato». Le valutazioni elevate sono destinate così a rimanere sostenute. «La nostra analisi mostra che è raro vedere una compressione dei multipli in periodi di crescita degli utili superiore alla mediana storica e di politica monetaria accomodante», afferma Wilson che si aspetta una crescita degli utili a doppia cifra. Negli ultimi tre mesi il rapporto prezzo/utili dell'S&P 500 è cresciuto a oltre 22 volte.

La palla passa agli utili

Le aziende più importanti hanno già pubblicato i risultati del secondo trimestre. E l'83% ha superato le stime con le Mag-7 in testa (una pioggia di 115 miliardi di dollari di utili da Alphabet, Microsoft, Meta, Amazon e Apple). Di conseguenza, il tasso di crescita atteso dei profitti dell'indice S&P 500 per il trimestre è stato rivisto al rialzo al 5,5% dal 4%. «Le banche hanno rappresentato un punto di forza, a dimostrazione della salute dei consumatori e della stabilità del credito», sottolinea Antonio Tognoli, responsabile macro analisi di Cfo Sim. Con il 40% dei ricavi dell'S&P 500 derivanti dai mercati internazionali, gli effetti della conversione valutaria e la maggiore competitività per gli esportatori Usa probabilmente stimoleranno i profitti. «Tecnologia e industria sono i due settori che trarranno i maggiori benefici, data la loro esposizione elevata ai ricavi esteri. A nostro avviso, i massimi storici confermano tipicamente la solidità del mercato, non preannunciano imminenti inversioni di tendenza», assicura Tognoli.

Nessuna bolla

Valutazioni così alte dell’S&P500 (p/e di 22,5 volte) si erano viste l’ultima volta durante la pandemia da Covid-19, quando l’economia globale era colpita dai lockdown. Tuttavia, «questo confronto con il passato è in parte fuorviante, poiché dieci o più anni fa la struttura del mercato azionario statunitense era diversa», osserva Christian Stocker, lead equity strategist di Unicredit. In particolare, i titoli tecnologici a forte crescita costituiscono quasi il 40% dell’S&P 500, invece nel 2015 erano solo il 18%.

Anche se non si può escludere una correzione di Wall Street nelle prossime settimane, il contesto per investimenti a medio-lungo termine è positivo. «Il nostro messaggio agli investitori preoccupati dai segnali di ottimismo eccessivo, mentre i mercati azionari continuano la loro corsa record, è che un’eventuale correzione», conclude l’esperto di Unicredit, «sarà probabilmente di breve durata e rappresenterà un’opportunità di acquisto».

I buy nella old economy

Il settore industriale è la prima scelta di Morgan Stanley, anche dopo un lungo periodo di performance brillanti: è il comparto con la miglior performance dell’S&P 500 sia da inizio anno sia nell’ultimo mese. Le revisioni degli utili, nota Wilson, rimangono solide, l’utilizzo della capacità produttiva si sta stabilizzando, il totale dei prestiti commerciali e industriali ha superato i 2.800 miliardi di dollari, il livello più alto dal 2020. In quest’ottica meglio privilegiare le azioni che beneficiano degli investimenti negli Stati uniti, poiché la combinazione tra la diffusione delle tecnologie e l’attenzione dell’amministrazione Trump verso le infrastrutture nazionali sta generando un contesto più «capital-intensive».

L’occhio cade sulla società di automazione e information technology, Rockwell Automation, su Eaton Corporation, fornitore di tecnologie per il controllo e la distribuzione dell’energia, su Johnson Controls, che produce attrezzature antincendio, e su Trane Technologies, specializzata in sistemi di riscaldamento e ventilazione e condizionamento dell'aria. Ma nella buy list di Morgan Stanley (vedere la tabella) ci sono anche tre evergreen dell’economia americana: due dei brand più famosi al mondo, come Coca-Cola e Colgate Palmolive, oltra alla catena di negozi retail Walmart che ha resistito all’avanzata di Amazon. Anche Paul Middleton, global equities portfolio manager di Mirabaud Asset Management, è sovrappesato nel settore industriale, ma con un orientamento leggermente difensivo, che probabilmente manterrà fino all'arrivo dei tagli dei tassi.

Ma anche tra alcune Magnifiche 7

Le Magnifiche 7 rimangono componenti fondamentali delle allocazioni dei portafogli statunitensi. Il +18% del Nasdaq Composite nel secondo trimestre è stato trainato dalle performance eccezionali di Microsoft (+32,7%), Nvidia (+45,8%) e Meta (+28,2%). «Questi tre titoli hanno spinto le Magnifiche 7 a un guadagno del +18,6% nel secondo trimestre, dopo un calo del -16% nel primo, e prevediamo che continueranno a essere i principali motori della performance», stima Cooper. «L'intelligenza artificiale è il nostro sottosettore preferito del comparto tecnologico: le società in grado di soddisfare la domanda di AI sono quelle meglio posizionate. Dato il nostro forte sovrappeso sul settore tecnologico statunitense, riteniamo interessanti Microsoft e Nvidia. Microsoft per via dei suoi solidi fondamentali sostenuti dal cloud e dagli strumenti di intelligenza artificiale e delle prospettive sugli utili trainate dalla domanda di servizi di AI. Il miglioramento delle condizioni di offerta, la forte domanda di chip e la sua posizione nel boom della spesa per l’AI sostengono, invece, l’interesse per Nvidia».

Però Middleton di Mirabaud AM osserva che non tutte le Mag 7 stanno performando bene. «Ne possediamo una selezione», dice. «Hanno valutazioni ragionevoli, ricavi in crescita e sono leader nell'AI. Continuiamo a guardare con interesse a Microsoft, con il ceo Nadella che di recente ha sottolineato un tasso di innovazione e una velocità di disruption senza precedenti. Ci sono anche segnali che i semiconduttori non legati all’AI stiano iniziando un ciclo positivo, ma i dati sono contrastanti. Abbiamo un'esposizione ad Analog Devices per cogliere queste prospettive in miglioramento». (riproduzione riservata)