Occhio per occhio, dazio per dazio. Con Donald Trump la legge del taglione è rientrata prepotentemente nella politica economica globale. Il suo approccio non è diplomatico, è ritorsione pura: se colpisci l’America, preparati a essere colpito il doppio. Per fortuna che, dopo aver lanciato dazi reciproci al Liberation Day (2 aprile) come se fossero coriandoli a stelle e strisce, con la grazia di un elefante in un negozio di porcellane cinesi ha fatto mezzo passo indietro. Ha concesso 90 giorni di tempi supplementari per negoziare con i partner commerciali.
È bastato questo a far scattare le ricoperture sui mercati azionari giovedì 10 aprile. Non abbastanza perché, in parallelo, sono state alzate le tariffe al 145% nei confronti della Cina che, a sua volta, ha risposto con un sonoro schiaffo del 125% (dall’84%). La guerra commerciale senza esclusione di colpi tra Washington e Pechino accende ancora di più i timori di una recessione non solo Usa ma globale. Ogni nuova sparata trumpiana condizionerà ancora l’andamento dei mercati e la volatilità regnerà sovrana.
Il bilancio resta pesante. Il Ftse Mib è sceso del 13,6% dai massimi relativi di metà marzo, annullando la performance positiva da inizio anno (-10,9% dal 2 aprile). Mentre le aziende italiane stanno valutando di spostare le produzioni in aree meno colpite dai dazi e di posticipare le decisioni di investimento con lo spettro della recessione.
«Questa fase di incertezza legata all’esito della guerra commerciale porterà a un rallentamento economico tanto più marcato quanto maggiori saranno i dazi imposti al termine del periodo di negoziazione», afferma Alberto Villa, Responsabile Equity Research di Intermonte.
La stagione dei risultati del primo trimestre del 2025, che prenderà avvio nelle prossime settimane, sarà un test interessante per valutare eventuali revisioni degli obiettivi societari. Nel frattempo, c’è già stato un taglio delle stime di crescita degli utili sull’indice Ftse Mib nel 2025. L’utile per azione (eps) è visto salire dell’1% rispetto al +1,7% del mese scorso e al +4,6% di gennaio. Parte della crescita attesa è stata posticipata al 2026 con un eps atteso a +10% rispetto al +8,7% di gennaio. Il multiplo p/e rimane sempre contenuto, intorno a 9,4 sul 2025 e a 8,6 sul 2026, a sconto rispetto alla media storica e all’EuroStoxx (12,4 e 11,1).
L’Europa è nelle condizioni di trovare un compromesso con Trump, secondo Aldo Martinale, Senior Portfolio Manager di Symphonia Sgr, e questo dovrebbe limitare l’impatto sulle società esportatrici e sulla crescita dell’economia della zona euro, che tra l’altro è destinata a beneficiare di politiche fiscali espansive (vedi i recenti piani infrastrutturali e per la difesa annunciati dalla Germania).
In questo contesto, Martinale ritiene che il recente ribasso a Piazza Affari abbia creato opportunità interessanti in alcuni settori come quello finanziario, industriale e costruzioni/cementieri.
Una cosa è certa: i titoli che hanno maggior potenziale di rialzo, osserva Massimo Intropido, responsabile di Ricerca Finanza, sono quelli che prima dell'entrata in vigore dei dazi Usa erano i più forti. Quindi i bancari con il risiko che non si fermerà, gli assicurativi, le società di risparmio gestito (a marzo hanno mostrato ottimi dati di raccolta) e della difesa. «Non bisogna dimenticare, infatti, che il programma europeo di spese militari (il ReArmEu prevede investimenti fino a 800 miliardi di euro, ndr) andrà avanti comunque, dazi o non dazi», precisa Intropido.
C’è chi ha perso più del colosso italiano della difesa Leonardo (-5,18% dal 2 aprile; nella tabella sotto solo i titoli che hanno lasciato sul terreno oltre il 10%), i finanziari, ad esempio, che comprendono società non direttamente esposte ai dazi ma solo indirettamente all'effetto performance dei mercati e al potenziale rallentamento economico, spiega Villa, indicando nel settore Intesa Sanpaolo, Banco Bpm, Mps, Unipol e Banca Mediolanum.
Quest’ultima, concorda Gianmarco Bonacina, Head of Research di Banca Akros, ha un’ottima capacità di raccolta di risparmio anche in condizioni di mercato avverso e una valutazione interessante (p/e di 10 con rendimento del dividendo del 7%). Anche Azimut, coperta con un rating accumulate e un target price a 28,1 euro, può recuperare il terreno perso.
Tra gli industriali Villa vede la correzione come un'opportunità: «segnaliamo Prysmian, eccessivamente penalizzata, ha raggiunto livelli interessanti, Maire, De' Longhi». In effetti, il leader nel settore delle macchine caffè ha una crescita strutturale legata a megatrend, una posizione competitiva unica nel settore di riferimento, una valutazione attraente (p/e di 10) e una posizione di cassa positiva, sottolinea Bonacina. Guardando, invece, ai titoli che potrebbero beneficiare in modo più strutturale dei trend in atto ci sono Buzzi, Webuild, Danieli e Interpump.
Il trio nel settore energy: Eni (buy e target price a 18 euro) perché nonostante il momentum sugli utili sia negativo, per gli analisti c’è valore e il modello satellitare sta permettendo di farlo emergere, Tenaris (buy e target price a 20 euro) e Saipem che ha un backlog di 34 miliardi «che riteniamo non sia a rischio anche con il prezzo del petrolio sceso a 60 dollari al barile, poi tratta a multipli molto compressi (ev/ebitda di 2) e la fusione con Subsea7 è positiva sia strategicamente che finanziariamente», precisa Bonacina.
Oltre alla già citata Prysmian, per cui Adrien Brasey, analista di AlphaValue, non nutre preoccupazioni riguardo ai livelli di indebitamento e si aspetta una rapida riduzione della leva finanziaria, stupisce vedere un player di altissima qualità come Ferrari (-6,6%), con un modello di business consolidato ed eccezionale e solidi fondamentali, quotare a un prezzo più a buon mercato. Brasey ha un target price a 479 euro sull’azione anche perché le previsioni prudenti per il 2025 lasciano spazio a possibili revisioni al rialzo. Inoltre, il management fornirà maggiori dettagli sugli obiettivi 2025-2029 e sul primo veicolo elettrico della Rossa durante il Capital Markets Day di ottobre.
Voglia di rivincita anche tra alcune mid cap. Ariston, Technogym e Technoprobe hanno le carte in regola per rimbalzare come Brunello Cucinelli: «La società opera nel segmento del lusso assoluto e non è impattata dal rallentamento dei consumi oltre ad avere un pricing power significativo», nota Bonacina. «Il recente de-rating rende il titolo attraente: per noi è un buy con un target price a 130 euro».
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