Azioni, è ancora il momento di puntare sulle Magnifiche 7? Chi può rimbalzare fino al 21% (e chi evitare)
Azioni, è ancora il momento di puntare sulle Magnifiche 7? Chi può rimbalzare fino al 21% (e chi evitare)
Dopo un inizio anno complesso i colossi della borsa Usa fanno le prove generali di rimbalzo. Ma a differenza del passato usarle in portafoglio come un blocco unico può essere rischioso. Dalla minaccia dazi all’AI all’incognita Trump, chi ha fiato per correre

di di Marco Capponi 06/06/2025 19:30

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Un investitore che dieci anni fa avesse comprato il più diversificato Etf sulle azioni globali avrebbe avuto il 5% del suo portafoglio esposto alle Magnifiche 7, i grandi colossi della tecnologia americana che con i loro prodotti e servizi stavano riplasmando il mondo in cui viviamo.

Niente male, certo: ma se lo stesso investitore avesse conservato il suo Etf fino a oggi, si troverebbe con il 20% degli asset concentrati in soli sette titoli. Un quinto della capitalizzazione totale. Il dato, frutto di un’analisi di Unicredit, conferma una realtà incontrovertibile: anche l’investimento più passivo in assoluto non può fare a meno di esporre una parte significativa del portafoglio alle sorti di Alphabet (quindi Google), Amazon, Apple, Meta, Microsoft, Nvidia e Tesla.

I giganti al bivio

Anche per chi investe in singole azioni le Magnifiche 7, come è logico, sono una primissima scelta. I dati sui titoli più detenuti dagli investitori italiani sulla piattaforma eToro confermano che la top 10 è dominata da queste aziende: primo posto per Nvidia, secondo gradino del podio Tesla, Amazon medaglia di bronzo, e poi Meta, Apple, Microsoft e Alphabet nelle posizioni tra la sette e la dieci.

Nell’ultimo decennio, spiegano gli analisti di Unicredit, le Magnifiche 7 hanno costruito il loro dominio grazie a «scala globale eccezionale, efficienza del capitale e innovazione senza sosta». Ma ora questi tre fattori sono messi in discussione da vari ostacoli: la minaccia di dazi di Donald Trump (ad esempio per Apple), la nascita di nuovi sfidanti nelle nuove tecnologie legate all’intelligenza artificiale (l’arrivo di DeepSeek in Cina ha fatto crollare i titoli tech Usa in borsa lo scorso gennaio), il test dei bilanci trimestrali per aziende che hanno abituato il mercato, per anni e anni, a crescite a doppia cifra, difficili da confermare in ogni situazione di mercato.

C’era una volta il monolite

C’è ancora spazio per le Magnifiche 7 in portafoglio? La risposta è chiaramente affermativa, ma con un distinguo: trattare queste sette aziende come un blocco unico, strategia che in passato avrebbe dato i suoi frutti - basti pensare che nel 2024 questi titoli hanno contribuito a circa la metà della performance dell’S&P 500 - oggi potrebbe rivelarsi controproducente.

È sufficiente dare un’occhiata ai numeri: dopo un inizio di 2025 complesso per i sette mastodonti tecnologici, oggi e dopo la prima tornata di trimestrali c’è chi, come Meta, ha un total return da inizio anno del 14% e chi (come Apple) è in rosso di quasi il 19%.

Per fare il punto sul ruolo che questi titoli dovrebbero avere in portafoglio MF-Milano Finanza ha interpellato tre esperti: Gabriel Debach, market analyst per l’Italia di eToro; David Pascucci, analista di mercato del broker Xtb; e Carlo De Luca, responsabile investimenti di Gamma Capital Markets. A ciascuno di loro è stato chiesto di stilare - in forma anonima - un ranking delle sette società, dalla più interessante oggi a quella da evitare a tutti i costi. Ne è emersa una pagella alle Magnifiche 7: ecco i promossi e i bocciati.

Alphabet: 9-

Se c’è un titolo che mette tutti d’accordo, questo è quello della holding di Google. Anche il consenso Bloomberg è quanto mai favorevole sull’azienda, cui viene attribuito un potenziale di rialzo di oltre il 21% dai livelli attuali.

La società madre del motore di ricerca «ha presentato delle ottime trimestrali con una crescita costante del fatturato, inoltre presenta un rapporto prezzo/utile appetibile, a ridosso di 18, nettamente inferiore rispetto alla media del Nasdaq», commenta Pascucci, che cita inoltre il «limitato impatto dei dazi, visto il business principale della società». Attenzione solo, ricorda Debach, che l’azienda «resta sotto i riflettori per alcuni procedimenti legali in corso».

Nvidia: 8

Il colosso globale dei chip, che capitalizza oltre 3.400 miliardi di dollari (secondo titolo più grande al mondo dopo Microsoft), stando al consenso ha ancora un potenziale di rialzo del 21% e quest’anno, nonostante la frenata dell’intelligenza artificiale in borsa, ha un total return superiore al 5%. Debach ricorda come Nvidia «mostri un price-earnings to growth di 1 (azione sottavalutata rispetto alla crescita attesa, ndr) e un Rule of 40 (indicatore di crescita e redditività, ndr) a 129%, il più alto dell’S&P 500: una combinazione crescita/margini senza eguali».

Carlo De Luca evidenzia anche che, in prospettiva, «Nvidia ha potenziale per premiare gli azionisti tramite dividendi e buyback, ma non è ancora una priorità strategica». Attenzione però al capitolo rischi: la decisione di Donald Trump di rimettere mano - in senso restrittivo - al Chips Act del suo predecessore Joe Biden potrebbe mettere i bastoni tra le ruote alle aziende del settore, Nvidia inclusa.

Microsoft: 7-

Per gli analisti il titolo Microsoft, il più grande al mondo a un passo dai 3.500 miliardi di capitalizzazione, può crescere ancora di quasi l’11%. Carlo De Luca vede ancora il titolo «al vertice per affidabilità, innovazione e margini», oltre a rimanere («insieme a Apple e Meta») uno dei nomi forti «tra dividendi e buyback».

Il titolo è anche uno dei migliori da inizio anno, con un total return superiore al 10%. Da un punto di vista di valutazioni, sottolinea ancora Debach, Microsoft scambia «a un price-earnings to growth 2,6: qualità, ma pagata». Lo conferma Pascucci: «Il titolo ha ottimi numeri nelle ultime trimestrali, ma con un rapporto prezzo/utili che inizia a diventare più elevato rispetto ad aziende come Google e Meta, a ridosso di 36».

Amazon: 7-

Il consenso Bloomberg ha pochi dubbi: il titolo è da comprare. Lo pensa il 94% degli analisti che seguono il colosso dell’e-commerce fondato da Jeff Bezos, e il potenziale di crescita del titolo è superiore al 16%. Amazon, secondo De Luca, «ha dimostrato un recupero strutturale di redditività» che potrebbe favorire il titolo nei prossimi mesi.

Secondo Pascucci Amazon, così come Apple, potrebbe «subire l’impatto dei dazi soprattutto a lungo termine». Al contempo la società quota con un rapporto prezzo-utili «oltre 30, più caro di Google e Meta, con un dividend yield a 0%».

Meta: 7

Nel primo trimestre la ex Facebook di Mark Zuckerberg ha stracciato le attese sugli utili e per il futuro ha continuato a sposato la linea che si è rivelata vincente dopo il (fallimentare) progetto del metaverso: meno costi, ma più investimenti in intelligenza artificiale.

Per il consenso Bloomberg Meta è arrivata quasi al suo valore massimo: il potenziale di rialzo è solo del 4,8% (il secondo più basso dopo Tesla), ma per il 90% degli analisti il titolo è ancora da comprare. Pascucci è particolarmente ottimista sulla società dei social network: «Meta presenta degli ottimi numeri sulla crescita e un ottimo rapporto prezzo-utili a 26, ben al di sotto delle media, il che rappresenta una buona occasione per il lungo termine». Lato remunerazione, aggiunge l’esperto di Xtb, «il dividend yield è dello 0,31%», non certo un valore elevato, «ma allo stesso tempo il titolo non dovrebbe subire molto l’impatto dei dazi».

Apple: 6

Non è stato certo un inizio di 2025 da ricordare per la Mela di Cupertino. Colpita e (finora) affondata dalla minaccia dei dazi di Trump e con la prospettiva di abbandonare la produzione in Cina (un mercato chiave per il produttore dell’iPhone) e spostarla in India, Apple è stata fin qui punita dal mercato, con un total return negativo del 18,6%.

Gli analisti che coprono il titolo (35 giudizi di acquisto, 19 di neutralità e 4 di vendita) vedono comunque un potenziale di rialzo del 12% rispetto ai livelli attuali. Per Pascucci la multinazionale si trova in una fase complessa: se da una parte «può subire l’impatto dei dazi a lungo termine», dall’altra «non brilla per dividend yield: solo lo 0,51%». «Apple appare oggi in fase difensiva», sottolinea De Luca. E anche in chiave prospettica il management sta mettendo le mani avanti: «I bilanci delle Magnifiche 7», ricorda Debach, «restano solidi e le guidance sono state riviste al rialzo, fatta eccezione per Tesla e per la cautela di Apple».

Tesla: 4

Per il costruttore di auto elettriche di Elon Musk vale un discorso completamente opposto diverso rispetto a tutti gli altri. Il mercato non ha apprezzato l’impegno politico del suo ceo nell’amministrazione Trump, così come ora non sembra apprezzare la nuova lotta senza quartiere (a suon di tweet e non solo) tra Musk e il presidente.

Da inizio anno, complice una trimestrale molto deludente, il total return del titolo è negativo del 14,8% (e la sua volatilità, giorno dopo giorno, è estrema) e anche gli analisti sembrerebbero aver abbandonato l’azienda: i giudizi di vendita sono ben 14, quelli di neutralità 15. Il consenso Bloomberg vede un potenziale di downside (ossia di discesa) del 13,7%.

Spiega Debach: «Tutte le Magnifiche 7 hanno superato le attese, con risultati in crescita sia nei ricavi sia negli utili, a eccezione di Tesla che, al netto di crediti normativi e interessi attivi, avrebbe persino riportato una perdita ante imposte di 406 milioni di dollari».

Tesla è oggi «l’anello debole, con un modello sotto pressione su più fronti e problemi legati al management», gli fa eco Debach. Concorde anche Pascucci: «Tesla è in difficoltà su tutti i fronti, con un rapporto prezzo-utili elevatissimo oltre i 117, dividend yield a 0% e con il comparto dell’auto elettrica che sicuramente non sta affrontando il suo periodo migliore su scala globale. Inoltre i brutti dati sulle vendite in Europa non incoraggiano». In più, conclude l’analista, l’azienda soffre «la concorrenza cinese, con marchi come Byd che iniziano a rosicchiare fette di mercato in modo aggressivo, soprattutto in Europa». (riproduzione riservata)