La Germania ufficializza la sua contrarietà al divieto di vendita di auto termiche in Ue dal 2035 e rimette quindi seriamente in discussione la decisione presa anni fa dall’Unione Europa. E, come aveva anticipato MF-Milano Finanza, ora la norma che impone il bando al motore endotermico può davvero saltare o essere del tutto snaturata.
Il cancelliere tedesco Friedrich Merz ha annunciato che scriverà alla presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, per chiedere un ampio allentamento del divieto di vendita di nuove auto non elettriche previsto per il 2035. La posizione è destinata a creare frizioni con Francia e Spagna, che nelle ultime settimane hanno invece ribadito il loro sostegno alla tabella di marcia attuale, ma visto il peso di Berlino in Europa non può essere ignorata da Bruxelles. La Germania, con questa mossa, si allinea all’Italia, che da tempo, soprattutto per voce del ministro delle Imprese Adolfo Urso, chiede uno spostamento del bando al motore termico del 2035.
La richiesta tedesca arriva al termine di una lunga riunione della coalizione Cdu-Csu-Spd che si è tenuta nella notte tra giovedì 27 e venerdì 28. Berlino chiederà a Bruxelles di mantenere sul mercato, anche dopo il 2035, i modelli ibridi plug-in, le elettriche con range extender (le cosiddette «Reev») ma anche le vetture dotate di motori a combustione «ad alta efficienza», purché compatibili con gli obiettivi climatici europei. Si tratterebbe di una revisione profonda del regolamento che, nella sua formulazione attuale, di fatto vieta la vendita di qualsiasi veicolo che emetta Co2.
Dietro alla mossa di Berlino non c’è solo una valutazione tecnologica. La filiera automobilistica tedesca sta attraversando la fase più difficile degli ultimi decenni. Secondo EY, tra giugno 2024 e giugno 2025 sono già stati tagliati oltre 50 mila posti di lavoro. Volkswagen ha annunciato 35 mila esuberi entro il 2030, Audi 7.500, Porsche 1.900. Anche i grandi fornitori - Bosch in testa con 13 mila tagli solo a settembre - stanno ridimensionando pesantemente la presenza industriale in Germania, pressati dalla concorrenza nella componentistica e modelli cinesi più economici.
In questo contesto la Spd, che aveva sostenuto lo stop totale ai motori endotermici nella precedente legislatura e lo aveva fatto fino a questo momento anche nella nuova, ha accettato quella che Merz definisce «una concessione significativa». Per il cancelliere la situazione del settore è «molto precaria» e un allentamento del 2035 è necessario «per proteggere la competitività industriale senza rinunciare agli obiettivi climatici».
Il nuovo orientamento è stato accolto con favore dal sindacato Ig Metall e dalle principali case automobilistiche tedesche, da Volkswagen a Mercedes e Bmw. Per queste ultime, il divieto originario ignorava «la realtà del mercato» e non teneva conto del fatto che la domanda di elettriche procede più lentamente del previsto, frenata dai prezzi elevati e dall’incertezza infrastrutturale.
La Commissione Europea presenterà il 10 dicembre la revisione anticipata della normativa. Il testo approvato nel 2022 prevedeva infatti una «clausola di revisione» nel 2026, ma la pressione politica e industriale ha accelerato i tempi. Bruxelles, pur ammettendo la necessità di valutare ibridi, range extender e biocarburanti avanzati, è sempre rimasta finora molto prudente: la linea prevalente è che l’arrivo di modelli elettrici più piccoli e più economici dovrebbe rilanciare la domanda già dal 2026. Ma ora, con la presa di posizione della Germania, tutto può cambiare.
Il tema è esploso anche sul piano politico europeo. I partiti conservatori spingono apertamente per ammorbidire il bando, mentre diversi Paesi dell’Est – e più recentemente la Repubblica Ceca – hanno trasformato la questione in un cavallo di battaglia elettorale. Il Partito popolare europeo, con Manfred Weber, ha promesso di lavorare per «mettere fine alla fase-out dei motori a combustione». (riproduzione riservata)