La Commissione Europea, dopo settimane di trattative, tensioni e rinvii, vara la tanto attesa rimodulazione delle regole sull’auto: l’obiettivo del 2035, che finora prevedeva il divieto di vendita per le auto con motore termico, non viene formalmente cancellato, ma viene alleggerito e reso più flessibile, con una revisione che apre a carburanti sostenibili, crediti compensativi e nuove deroghe per l’industria.
«La proposta consentirà quindi ai veicoli ibridi plug-in (Phev), ai range extender, agli ibridi leggeri (mild hybrid) e ai veicoli con motore a combustione interna di continuare a svolgere un ruolo anche oltre il 2035», spiega la Commissione, e di farlo «accanto ai veicoli completamente elettrici (Ev) e a quelli a idrogeno».
Il punto chiave riguarda le emissioni di Co2 al 2035: per auto e furgoni il target non sarà più «zero emissioni», ma una riduzione del 90%, e quindi non più del 100%, delle emissioni allo scarico. Le emissioni residue dovranno essere compensate attraverso un sistema di crediti, ottenibili con l’uso di carburanti rinnovabili sostenibili, ovvero biocarburanti (da sempre sostenuti dall’Italia e dal ministro Adolfo Urso) e e-fuels, o di acciaio a basse emissioni prodotto nell’Unione Europea. Questo punto, come detto, apre di fatto alla permanenza di veicoli anche non esclusivamente elettrici, e quindi soprattutto ibridi plug-in o Reev (range extender, ovvero auto elettriche con un piccolo motore termico che estende l’autonomia) anche dopo il 2035.
Secondo i funzionari, il meccanismo sarà comunque «gestito» in modo che la gran parte della riduzione continui ad avvenire al tubo di scarico, salvaguardando l’obiettivo della neutralità climatica. «Non stiamo rinunciando agli obiettivi climatici», ha detto il vicepresidente della Commissione Europea, Stephane Sejourné presentando il pacchetto auto. «Vorrei confermare che continueremo a considerare la decarbonizzazione entro il 2035 per il settore automobilistico: è un obiettivo chiaro, ma le modalità di calcolo cambiano con l’introduzione di flessibilità che non compromettono l'obiettivo».
La Commissione guidata da Ursula von der Leyen introduce inoltre nuove flessibilità per il periodo 2030-2032, consentendo ai costruttori di rispettare gli obiettivi su base triennale anziché annuale, senza modificare i target complessivi. Per i veicoli commerciali leggeri, il nuovo obiettivo al 2030 sarà una riduzione del 40% delle emissioni, riconoscendo il ritardo del segmento nella diffusione dell’elettrico.
Un altro elemento centrale del pacchetto è la spinta alla domanda, in particolare attraverso le flotte aziendali, che rappresentano circa il 60% delle immatricolazioni nell’Ue. Bruxelles punta su questo canale perché accelera la transizione e, soprattutto, immette più rapidamente veicoli elettrici nel mercato dell’usato, da cui acquista circa l’80% dei cittadini europei.
«La proposta annunciata dalla Commissione è un primo passo nella giusta direzione che noi per primi abbiamo indicato ed è una breccia nel muro dell’ideologia, con il riconoscimento dei principi della neutralità tecnologica e del Made in Europe, anche a tutela delle imprese della componentistica», ha dichiarato il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso. «Ma ora il muro va abbattuto. Lavoreremo con gli Stati membri che condividono il nostro approccio, nella certezza che occorra una revisione dei regolamenti più organica, radicale e concreta. È il momento di scelte strategiche chiare e omogene, non di compromessi o di tatticismi».
Secondo il ministro italiano, che si è speso in prima persona per cambiare le regole europee sull’auto, sono «apprezzabili le novità sulle piccole vetture di produzione europea e sui carburanti rinnovabili, inclusi i biocarburanti, aperture per le quali l’azione dell’Italia ha avuto un ruolo decisivo». Ma, ha aggiunto Urso, «occorre estendere il principio della neutralità tecnologica anche alle flotte aziendali e realizzare una completa revisione del regolamento sui veicoli pesanti, valorizzando tutte le tecnologie. Non si può più aspettare: è questo il tempo delle riforme».
«Sembra un passo in avanti, da verificare nei documenti tecnici; se quanto sembra si confermerà comunque, per noi, servirà molto altro», ha dichiarato invece l’assessore allo Sviluppo Economico di Regione Lombardia Guido Guidesi, anche presidente dell’Automotive Regions Alliance. «L’apertura che oggi arriva da Bruxelles è frutto di un intensissimo e impegnativo lavoro che è partito dal 2022 per cercare di evitare un suicidio industriale deciso da regole assurde e sbagliate».
Il nuovo regolamento imporrà obiettivi vincolanti per Stato membro su auto e furgoni a zero o basse emissioni nel 2030 e nel 2035, modulati in base al Pil pro capite. Gli obblighi riguarderanno solo le grandi imprese (oltre 250 dipendenti e 50 milioni di fatturato), mentre le Pmi saranno escluse.
Pur fissando i target a livello nazionale, la Commissione lascerà agli Stati piena discrezionalità sugli strumenti, con un ricorso atteso alla leva fiscale. L’esempio citato è quello del Belgio, dove una riforma delle flotte aziendali ha portato al 52% di auto elettriche a batteria nel segmento corporate.
Sul fronte industriale, Bruxelles introduce anche una clausola di contenuto europeo: gli Stati membri potranno concedere sostegni pubblici alle flotte aziendali solo per veicoli puliti prodotti nell’Ue, con l’obiettivo di rafforzare la base industriale continentale.
Le nuove regole sono destinate ad avere un impatto diretto sui principali costruttori europei, a partire da Stellantis, che da tempo chiede maggiore flessibilità sugli obiettivi del 2035 e una maggiore neutralità tecnologica. Il passaggio dal «100% zero emissioni» a un target del 90% con crediti compensativi viene letto negli ambienti industriali come un alleggerimento rilevante, soprattutto per i marchi più esposti sul segmento dei veicoli commerciali e delle citycar.
Da parte sua, Stellantis ha così commentato la decisione di Bruxelles: «Il pacchetto presentato riconosce che l'attuale quadro normativo non è adeguato allo scopo di una transizione energetica che sostenga una vivace industria automobilistica europea, i milioni di posti di lavoro che da essa dipendono e una mobilità accessibile a tutti».
Per Volkswagen e Renault, già più avanzate sull’elettrico in termini di gamma, le misure sulle flotte aziendali e l’accelerazione del mercato dell’usato rappresentano un potenziale volano per i volumi. Bmw e Mercedes-Benz, più concentrate sui modelli premium, guardano invece con interesse alla flessibilità triennale 2030-2032 e al sistema dei crediti, che potrebbe attenuare i costi di adeguamento nelle fasi di transizione.
Un ruolo chiave lo giocherà anche la definizione di «piccola auto elettrica», una nuova sottocategoria basata su una lunghezza massima di 4,20 metri. La misura apre la strada a supercrediti negli standard Co2 e a incentivi mirati, favorendo i costruttori con una forte presenza nel segmento delle compatte, come Stellantis, Renault e i marchi generalisti del gruppo Volkswagen.
Nel pacchetto rientra anche l’automotive omnibus, inserito nell’agenda di semplificazione normativa della Commissione. Le misure, di natura tecnica, prevedono la rimozione di barriere regolatorie per i furgoni elettrici e la semplificazione dei test sulle emissioni Euro 7. Secondo le stime Ue, l’impatto sarà pari a circa 700 milioni di euro di risparmi annui per l’industria.
Infine, Bruxelles ha già fissato una revisione complessiva del nuovo regolamento nel 2032, per valutare l’impatto delle misure sul mercato e decidere eventuali ulteriori interventi. (riproduzione riservata)
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