Le case occidentali stanno ingranando la retromarcia sull’auto elettrica. Lo stanno facendo una dietro l’altra e con decisione perché, al di là delle varie normative sulla riduzione delle emissioni da rispettare, c’è un problema: attualmente la domanda è molto (troppo) distante rispetto alle stime di crescita del mercato su cui si erano basati i produttori per sviluppare i loro piani di produzione e i loro investimenti.
Una fotografia nitida di quello che sta succedendo è stata scattata nei giorni scorsi da Acea, l’associazione dei costruttori europei. In Europa l’auto elettrica non va veloce come auspicato, fatica troppo a guadagnare quote di mercato e i dati del mese scorso sono emblematici: a fronte di un’Italia, dove l’elettrico è scarsamente diffuso, è balzata del 117% più che raddoppiando le vendite di auto a batteria grazie agli incentivi, nei mercati dove l’elettrico è più avanzato le vendite sono crollate (-18,1% in Germania, -15% nei Paesi Bassi e -10,3% in Francia).
Il risultato è che a giugno le elettriche in Ue sono calate dell’1%, con una quota di mercato scesa dal 15,1% al 14,4%, mentre nei primi sei mesi dell’anno sono aumentate solo dell’1,3%. Quindi, di fatto, sono ferme ai livelli del 2023. Senza incentivi il mercato dell’elettrico si blocca, come ha dimostrato la cancellazione degli aiuti in Germania nei mesi scorsi. Quello dell’auto elettrica è un mercato ancora molto dipendente dal sostegno del denaro pubblico. E questo vale in Europa ma anche negli Usa, perché il rallentamento della domanda è una tendenza globale.
Di questo trend le case automobilistiche hanno preso atto reagendo di conseguenza. Come? Rimettendo in discussione, rivedendo e posticipando i loro piani di elettrificazione globali, complice anche una politica, come dimostra ad esempio il discorso con cui Ursula von der Leyen è stata appena rieletta, che non dà molte certezze sul fronte normativo. E lo stesso può succedere in caso di rielezione di Donald Trump negli Usa: certamente la politica americana sull’auto elettrica cambierebbe.
Ecco quindi i gruppi che hanno fatto dietrofront e le contromisure che sta adottando. L’ultima ad annunciare un cambio dei piani è stata General Motors. Il colosso americano guidato da Mary Barra fino alla scorsa settimana aveva un obiettivo dichiarato: produrre un milione di auto elettriche all’anno entro la fine del 2025. La ceo, nonostante i 500 milioni di dollari di sovvenzioni appena concessi a GM dall’Amministrazione Biden proprio per convertire il suo stabilimento di assemblaggio Lansing Grand River nel Michigan alla produzione di veicoli elettrici, ha annunciato che il gruppo rinuncia a quell’obiettivo, sottolineando che sarà la domanda dei clienti a determinare la velocità con cui la società potrà raggiungere il traguardo di un milione di vendite annuali di veicoli elettrici.
Nelle settimane scorse l’altro colosso americano dell’auto Ford aveva rivisto il piano di vendere esclusivamente auto elettriche in Europa entro il 2030: il responsabile della società in Europa, Martin Sander, ha spiegato che Ford continuerà a vendere auto con motore endotermico anche dopo quella data.
La scelta di Ford ha seguito quella di Mercedes, che in realtà è stata tra le prime a tirare il freno sull’auto elettrica. La casa tedesca nel 2021 aveva annunciato di puntare a vendere solo modelli alimentati a batteria già nel 2030, ma ora ha cambiato idea: costruirà motori endotermici anche dopo il 2030. A inizio maggio il ceo Ola Källenius nel corso dell’assemblea dei soci ha riferito che il gruppo continuerà a realizzare veicoli con motore a combustione (Ice) e ibridi «anche oltre il 2030», qualora vi sia domanda.
Sempre in Germania, il colosso Volkswagen ha appena messo da parte la strategia che puntava tutto sui veicoli a batteria della gamma ID. La casa tedesca, che scommetteva nell’elettrico anche come «redenzione» per lo scandalo Dieselgate di cui porta ancora le ferite, su impulso del ceo Oliver Blume ha ammesso che avrà bisogno ancora soprattutto delle auto ibride plug-in per conservare la sua leadership sul mercato europeo e continuare a fare margini. Il gruppo, tra l’altro, potrebbe chiudere lo stabilimento Audi di Bruxelles proprio per la bassa domanda di auto elettriche, spostando in Messico la produzione del modello Audi Q8 e-tron.
Guardando in Francia, anche Renault, che in precedenza voleva offrire solo elettriche dal 2030, cambia strategia: entro i prossimi dieci anni l’obiettivo è ora di avere una gamma di veicoli a combustione interna con tecnologia ibrida e un modello completamente elettrico in ogni segmento.
E Stellantis che cosa fa? Il gruppo guidato da Carlos Tavares resta focalizzato sugli obiettivi di elettrificazione del piano Dare Forward 2030, ma anche il colosso franco-italo-americano si adatta alla realtà. Ha annunciato un potenziamento dell’offerta dei modelli ibridi, che saliranno a 30 in Europa quest’anno (altri sei entro il 2026), ha aumentato del 10% la produzione dei cambi elettrificati per l’ibrido e soprattutto punta sulle piattaforme multienergy (con cui poter realizzare ogni tipo di alimentazione): la Fiat Grande Panda appena presentata, ad esempio, sarà elettrica ma anche ibrida. Così come lo sarà il modello che permetterà a Mirafiori di sopravvivere nei prossimi anni: l’attuale 500 elettrica sarà prodotta anche in versione ibrida da fine 2025.
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