Guadagnare con Giorgetti? Da Enel a Poste, da Leonardo a Tim, le quotate di Stato che possono salire ancora
Guadagnare con Giorgetti? Da Enel a Poste, da Leonardo a Tim, le quotate di Stato che possono salire ancora
In tre anni di governo il valore di listino delle società partecipate dal Tesoro è salito di 116 miliardi (+75%). Tra incrementi in borsa, dividendi e buyback, gli azionisti hanno guadagnato in media il 219%. E secondo gli analisti c'è ancora spazio per crescere

di di Anna Messia e Angela Zoppo 31/01/2025 22:00

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In tre anni 116 miliardi di euro, una volta e mezza l’ammontare delle tre finanziarie varate nello stesso arco di tempo dal governo Meloni: di tanto è aumentata la capitalizzazione delle principali quotate di Stato dal primo lunedì di borsa successivo al giuramento del nuovo esecutivo (avvenuto sabato 22 ottobre 2022) fino al 22 ottobre 2025. Secondo l’analisi di MF-Milano Finanza, che ha preso in esame nove partecipate presenti sul listino - Enel, Eni, Leonardo, Fincantieri, Montepaschi, StMicrolectronics, Poste, Terna e Tim - il valore complessivo del «portafoglio Meloni» – ma sarebbe più appropriato dire «portafoglio Giorgetti», visto che le quote pubbliche ricadono nell’orbita diretta e indiretta del Mef – è passato da oltre 154 a circa 271 miliardi di euro, con un incremento di oltre il 75%, che ha assorbito anche il dato negativo di StM, la cui market cap è scesa da 31 a 23,2 miliardi di euro. E ben più di una finanziaria vale anche il monte dividendi: oltre 31 miliardi di euro per un total shareholder return medio del 219%, quasi 100 punti in più di quando fatto nello stesso periodo dal totale delle società quotata a Piazza Affari (con un tsr del 122%).

Record di borsa e rating da serie A

Sul podio 2022-2025 si collocano Leonardo, Fincantieri e Mps, che hanno visto i rispettivi titoli compiere un salto quantico: + 549%, + 491%, + 261%. Incrementi favoriti nei primi due casi dall’aumento della spesa militare dopo lo scoppio dei conflitti Russia-Ucraina e Israele-Hamas, ma che comunque non hanno precedenti.

Insomma, chi tre anni fa avesse scelto di concentrare gli investimenti nel portafoglio Giorgetti, scommettendo anche sui manager nominati nella primavera del 2023, è stato abbondantemente ripagato e, stando agli analisti, può aspettarsi di vedere ancora crescere il valore delle azioni. Nel frattempo anche il contesto macroeconomico è diventato più favorevole: lo spread Btp-Bund è sceso da 224 a 79 punti base, il rating dell’Italia è migliorato. Fitch lo ha alzato da BBB- a BBB+, Moody’s pur mantenendolo a Baa3 ha comunque promosso l’outlook da stabile a positivo. Ma soprattutto, mentre retrocedeva la Francia, Dbrs Morningstar «ha riportato l’Italia in serie A», per dirla col ministro del Tesoro, alzando il merito di credito dal precedente BBB.

Ecco nel dettaglio l’andamento e la possibile evoluzione delle singole partecipate di Stato.

Enel la più capitalizzata

Regina di capitalizzazione tra le quotate pubbliche, nel periodo preso in esame la società guidata dall’amministratore delegato Flavio Cattaneo ha di fatto raddoppiato il suo peso a Piazza Affari da 43,6 a 86,2 miliardi di euro. Il titolo, infatti, è passato da 4,29 a 8,48 euro, sfiorando il raddoppio con un incremento del 97,5%. La cedola per azione è aumentata del 18% a 0,47 euro, col rendimento per gli azionisti rafforzato dall’avvio da un buyback di un miliardo di euro. Complessivamente a oggi Enel ha creato valore per circa 60 miliardi di euro tra l’incremento della market cap e oltre 13 miliardi in dividendi distribuiti, con un total shareholder return arrivato fino al 153%.

Ne ha beneficiato anche l’azionista Mef, che ha visto passare il valore del suo 23,6% da 10 a 21 miliardi di euro, ai quali si aggiungono cedole per 3,1 miliardi.
Gli analisti attribuiscono la performance del gruppo sotto la gestione Cattaneo a solidità finanziaria, indebitamento ai minimi da 10 anni (55,7 miliardi di euro), riposizionamento geografico e crescita selettiva. Guardado avanti, Jefferies si spinge a un target price di 9,5 euro, Kepler Cheuvreux a 9,3 e Barclays 9.

Eni spinge su dividendi e buyback

Il titolo del Cane a sei zampe ha guadagnato il 22% nei tre anni considerati, salendo da 12,35 a 15,13 euro, con una capitalizzazione di 47,6 miliardi e un tsr del 50%. Ma se si estende il confronto alla fine di ottobre 2025 la crescita si porta al 32,4%, con un ritorno totale per gli azionisti del 62,7% - il più alto tra i peer europei - grazie alla spinta dei conti del terzo trimestre 2025, che hanno battuto le attese e portato al rialzo delle guidance. La società guidata da Claudio Descalzi, mentre ridisegnava la mappa delle forniture di gas post Russia-Ucraina spaziando dall’Argentina al Qatar, ha distribuito tra gli azionisti 10,3 miliardi di euro, alimentando la remunerazione a colpi di dividendi in crescita (+18%) e buyback per 4,2 miliardi. A maggio è partita la nuova tranche, appena aumentata a 1,8 miliardi.

Gli analisti hanno apprezzato: Akros (buy) e Barclays (overweight), in particolare, indicano rispettivamente il prezzo obiettivo a 17 e 17,5 euro. I broker segnalano la solidità finanziaria, la revisione al rialzo della guidance 2025 e la forza del portafoglio upstream. Ma a convincere è anche il modello satellitare, che ha già valorizzato i business legati alla transizione come Plenitude ed Enilive riconoscendo 24 miliardi di euro di enterprise value, con entrate pari a 6,5 miliardi di euro dalla cessione di partecipazioni di minoranza a fondi del calibro di Kkr, Ares ed Eip.

Fincantieri, medaglia d’argento 

Il colosso della cantieristica navale ha registrato un boom del titolo, balzato da 3,88 a 22 euro (+491%), secondo solo a quello di Leonardo,con una capitalizzazione schizzata da 846 milioni a 7,5 miliardi. Dopo anni di difficoltà il gruppo guidato da Pierroberto Folgiero è tornato all’utile nel 2024 (per 27 milioni di euro) e ha rafforzato la sua posizione grazie alla creazione del Polo nazionale della subacquea.

L’aumento di capitale da 400 milioni, concluso nell’ottobre 2024, ha finanziato l’acquisizione della divisione Wass di Leonardo per 415 milioni, completata nel gennaio 2025. Pur non avendo distribuito dividendi il titolo ha premiato gli azionisti con una delle performance migliori del triennio. Gli analisti vedono ancora spazio di crescita, sostenuta dall’espansione nel comparto militare e underwater. In particolare, Jefferies conferma il giudizio hold con un target price aggiornato da 16,2 a 23,2 euro. La banca d’affari sottolinea che il momentum del settore navale resta solido, sostenuto dalle operazioni di m&a e dalle crescenti spese delle marine militari. Per Jefferies il gruppo è ben posizionato per crescere e migliorare i margini.

Leonardo dei record

Quello del gruppo dell’aerospazio e della difesa è il titolo che più ha brillato a Piazza Affari, con un rialzo monstre del 549% da 7,77 a 50,5 euro, e la capitalizzazione è passata da 4,5 a 29,2 miliardi di euro. Il total return è in rialzo del 574%, anche se il monte dividendi è contenuto a 543 milioni.

Secondo gli analisti, l’ascesa - favorita dal forte aumento della spesa militare in Europa in scia alle guerre Russia-Ucraina e Israele-Hamas - ha premiato la gestione di Roberto Cingolani e la capacità del gruppo di stringere alleanze per fare massa critica e puntare su prodotti di ultima generazione. Dopo l’ingresso nel programma Gcap - il progetto per il caccia europeo di sesta generazione – il gruppo ha rafforzato la presenza nella cyber security anche a colpi di acquisizioni, ha creato la joint venture con Rheinmetall per lo sviluppo del carro armato europeo e ha annunciato l’acquisto di Iveco Defence per 1,7 miliardi. Pochi giorni fa, il 23 ottobre, ha siglato con Airbus e Thales un accordo per creare un polo spaziale europeo da 6,5 miliardi di ricavi, lanciando la sfida alla SpaceX di Elon Musk, e ha venduto il 9,4% di Avio mantenendo una quota del 19%. Gli analisti confermano la visione positiva sul titolo, con prezzo obiettivo fino a 56 euro, che resta tra i più ambiziosi nel settore della difesa europeo.

Monte dei Paschi, la fenice d’oro

La banca senese è tornata dopo13 anni a riconoscere, a febbraio 2024, un dividendo agli azionisti a valere sul bilancio 2023 chiuso con un utile netto di 2,052 miliardi. Una cedola di 0,25 euro per un totale di 315 milioni che è stata pagata in anticipo di due anni rispetto al target di piano e che quest’anno è salita a 0,86 euro per altri 1.083 milioni. In questi anni c’è stata la graduale discesa del Tesoro dal capitale della banca rispetto al 64,23% iniziale. La Delfin della famiglia Del Vecchio è oggi primo azionista con il 17,5%, seguita dal gruppo Caltagirone al 10,262%, mentre il ministero dell’Economia è al 4,863%. La capitalizzazione della banca è lievitata passando dai 2,5 miliardi di ottobre 2022 ai 21,4 miliardi di oggi.

A febbraio 2025 l’annuncio dell’offerta pubblica sulle azioni di Mediobanca, chiusa con successo con le adesioni all’86,3%; e ora proprio dalle sinergie con Piazzetta Cuccia gli analisti immaginano un’ulteriore crescita dell’istituto guidato da Luigi Lovaglio. Secondo Jefferies, che nei giorni scorsi ha avviato la copertura dell’azione con rating buy (comprare), la banca può arrivare a valere 9,3 euro, con una crescita di oltre il 30% rispetto ai circa 7 euro del 22 ottobre scorso.

Poste Italiane, 10 anni di crescita in borsa

Il gruppo guidato da Matteo Del Fante da fine 2022 ha registrato una crescita senza soluzione di continuità arrivando a una capitalizzazione di mercato di oltre 26,3 miliardi rispetto agli 11 miliardi di ottobre 2022, con oltre 3,3 miliardi di dividendi pagati agli azionisti nel periodo. Nel capitale del gruppo ci sono Cassa Depositi e Prestiti (35%) e il ministero dell’Economia (29,26%), con oltre l’11% delle azioni in mano a piccoli azionisti, che hanno avuto ottime soddisfazioni dal loro investimento.

Nei giorni scorsi Poste Italiane ha festeggiato i dieci anni dalla quotazione a Piazza Affari ricordando che 100 euro investiti nella società allora, oggi sono diventati 540 tra dividendi e aumento del titolo, con una crescita media annua del 15% del risultato operativo e del 14% del dividendo. Le prospettive restano positive, con gli analisti che assegnano al gruppo target price fino a 21,50 euro.

StMicroelectronics in cerca di ripresa

È l’unica società tra le nove partecipate direttamente o indirettamente dal ministero dell’Economia ad aver perso valore dei tre anni del governo Meloni. Le azioni hanno registrato un calo di oltre il 25% e anche le prospettive della società guidata da Jean-Marc Chery nel breve periodo non sono positive, con opportunità di ripresa prevalentemente nel medio termine. Nel terzo trimestre il gruppo, in cui il governo italiano e quello francese hanno quote paritetiche di circa il 14%, ha registrato risultati superiori alle attese ma, rispetto alla quotazione del 22 ottobre 2025 quando le azioni di Stm valevano 25,5 euro, gli analisti più ottimisti immaginano una crescita contenuta. Exane Bnp Paribas, per esempio, ha ridotto il target price da 29 a 26 euro, ma la raccomandazione resta positiva (outperform).

Terna al massimo storico

La spa della rete di trasmissione elettrica ha toccato nel 2025 il massimo storico a 9,1 euro per azione, con una capitalizzazione di 18,2 miliardi. La crescita del titolo è stata sostenuta, secondo gli analisti, da solidi fondamentali e da una visione industriale coerente con la transizione energetica.

Il rendimento complessivo per gli azionisti è del 63%, superiore ai peer europei Elia, Redeia e National Grid. La società guidata da Giuseppina Di Foggia ha distribuito 2,1 miliardi di dividendi in tre anni, di cui 630 milioni a Cdp Reti, e prevede investimenti per 23 miliardi entro il 2034. Moody’s (Baa2, outlook positivo) e S&P (A-) hanno alzato il rating, riconoscendo a Terna la solidità della struttura finanziaria, mentre 16 analisti hanno rivisto al rialzo i target price, con una media di 8,9 euro per azione, il livello più alto mai registrato del gruppo.

Tim, lo slancio ritrovato

La società è tornata a navigare tra 0,47 e 0,5 euro, una fascia di prezzo che non vedeva stabilmente da quando il mercato si aspettava l’opa mai arrivata di Kkr a fine 2021. Quando si è insediato il nuovo governo le azioni del gruppo guidato da Pietro Labriola valevano 0,196 euro.

Ora Tim è tornata a generare fiducia negli investitori, in particolare dopo la cessione della rete e successivamente all’uscita dal capitale di Vivendi e all’ingresso di Poste Italiane, che ha ora il 24,8% della società. Le prospettive restano positive: a novembre è attesa sul mercato la presentazione qualitativa delle sinergie col gruppo postale, mentre l’impatto economico verrà quantificato con l’aggiornamento del piano industriale a inizio 2026. Alcuni analisti, come Deutsche Bank e Kepler Cheuvreux, si spingono a prevedere un target price fino a 0,62 euro. (riproduzione riservata)