I prezzi del petrolio balzano di oltre il 2% per i timori per l'offerta dopo che un attacco di droni ucraini ha colpito un deposito di petrolio nel porto di Novorossijsk sul Mar Nero, un hub strategico di export russo. I futures sul Brent salgono del 2,29% a 64,45 dollari il barile, mentre quelli sul Wti del 2,62% a 60,23 dollari il barile. L’attacco ha spinto i trader a incorporare un premio al rischio più elevato nei prezzi del greggio, aumentando le scommesse su ulteriori interruzioni dell’offerta.
L'attacco ucraino ha danneggiato una nave in porto, condomini e un deposito di petrolio a Novorossijsk, ferendo tre membri dell'equipaggio. L’ultima volta che l’Ucraina aveva colpito l’infrastruttura era alla fine di settembre. L’attacco aveva costretto il terminal di Sheskharis e le strutture di carico del Caspian Pipeline Consortium a fermarsi temporaneamente, prima di riprendere le operazioni.
Ora il porto russo di Novorossijsk ha sospeso le esportazioni di petrolio e Transneft, società che detiene il monopolio russo degli oleodotti, ha interrotto le forniture di greggio verso lo scalo, secondo quanto hanno detto a Reuters alcune fonti del settore.
A quanto pare a ottobre le spedizioni di greggio via Novorossijsk hanno raggiunto 3,22 milioni di tonnellate, pari a 761.000 barili al giorno, con un totale di 1,794 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi esportati.
«L'intensità di questi attacchi è aumentata, sono molto più frequenti. Prima o poi potrebbero colpire qualcosa che provochi una duratura interruzione della fornitura», ha detto a Reuters Giovanni Staunovo, analista di Ubs. Il mercato sta cercando di valutare l'impatto degli ultimi attacchi e cosa questo implichi per l'offerta russa, ha aggiunto l’esperto.
D’altra parte del fronte, le truppe russe hanno preso il controllo di altri due insediamenti nell'Ucraina orientale e hanno effettuato massicci attacchi notturni contro il complesso militare-industriale e le strutture energetiche del Paese. I due villaggi sono Rih, nella regione di Donetsk, e Orestopil, nella regione di Dnipropetrovsk.
Il rimbalzo del petrolio è sostenuto anche dalle scommesse secondo cui le recenti sanzioni statunitensi contro le maggiori compagnie petrolifere russe provocheranno ulteriori interruzioni nelle forniture. Alla fine di ottobre, infatti, il Tesoro statunitense ha annunciato sanzioni contro i colossi russi, Rosneft e Lukoil: entreranno in vigore dal 21 novembre.
Entrambe le società avrebbero già iniziato a ridurre diverse attività in vista di questa scadenza. La mossa mira a fare pressione su Mosca per ottenere un cessate il fuoco in Ucraina, sebbene finora siano stati compiuti pochi progressi. Il 13 novembre l’Agenzia Internazionale per l’Energia ha avvertito che questa misura comporta un rischio «notevole» per le sue previsioni sulla produzione russa di greggio. I trader stanno anche monitorando il sequestro da parte delle forze iraniane di una petroliera nel Golfo di Oman.
«La russa Lukoil ha iniziato a tagliare il personale nelle sue unità di trading petrolifero globale pochi giorni prima dell'entrata in vigore delle sanzioni statunitensi, evidenziando gli effetti delle sanzioni», ha indicato a milanofinanza.it Saverio Berlinzani, chief analyst di ActivTrades. «Gli analisti hanno anche avvertito che quasi un terzo delle esportazioni russe di petrolio via mare potrebbe rimanere bloccato sulle petroliere a causa di deviazioni e rallentamenti negli scarichi, una situazione aggravata dalla sospensione degli acquisti di greggio russo da parte di India e Cina».
In ogni caso il Brent resta in calo del 14% dall’inizio dell’anno, penalizzato dalle aspettative di un eccesso di offerta nel 2026. L’Opec+ in settimana ha previsto un surplus per l’anno prossimo, facendo scendere i prezzi del 4% mercoledì 12 novembre. Il giorno dopo anche l’Agenzia Internazionale dell’Energia ha previsto un surplus di offerta maggiore per il 2026, citando l’aumento della produzione da parte dell’Opec e di altri Paesi. «In effetti l’Aie ha avvertito di una crescente sovrabbondanza di petrolio, con un'offerta che dovrebbe superare la domanda di 2,4 milioni di barili al giorno quest'anno e di 4 milioni il prossimo», ha precisato Berlinzani.
L’Agenzia Internazionale dell’Energia ha avvertito che la crescita della domanda dovrebbe rallentare a causa dell’aumento dell’incertezza economica globale. Inoltre, la U.S. Energy Information Administration ha registrato un aumento delle scorte di greggio statunitensi maggiore del previsto la scorsa settimana, alimentando ulteriormente i timori di un eccesso di offerta. «Il rapporto dell’Eia ha mostrato che le scorte di petrolio greggio negli Stati Uniti sono aumentate di 6,4 milioni di barili nell’ultima settimana, un incremento superiore alle attese e ben oltre l’aumento di 1,3 milioni di barili riportato dall’Api il giorno precedente. Ciò porta le scorte di greggio al livello più alto da giugno», hanno sottolineato gli analisti di Ing. (riproduzione riservata)