La Banca d’Italia di Fabio Panetta non fa sconti alle sue vigilate. Dopo una lunga sequenza di azioni correttive, sanzioni e commissariamenti la lente di Via Nazionale è ora puntata su Azimut Capital Management, la sgr controllata al 100% da Azimut Holding, il gruppo milanese di risparmio gestito quotato a Piazza Affari. Su richiesta di Consob nella notte di giovedì 13 la capogruppo ha rivelato i pesanti risultati di un’ispezione condotta tra il 10 marzo e il 13 giugno di quest’anno.
Al termine dell’accertamento, spiega la nota, «è emerso un quadro connotato da rilevanti carenze di governance e organizzative. Risulta quindi necessario che l'intermediario avvii con tempestività un'incisiva azione di rimedio volta a rimuovere le carenze riscontrate e a definire un assetto di governo e di controllo compatibile con la complessità operativa dell'intermediario e del gruppo». Il piano sarebbe atteso entro il 30 novembre. I rilievi sono costati ieri in borsa alla capogruppo uno scivolone del 10% a 32,59 euro con volumi circa 26 volte maggiori della media.
Il presidente Pietro Giuliani ha provato a contenere le perdite rassicurando il mercato e i soci: «Azimut Holding, non essendo sotto vigilanza prudenziale, non può essere sottoposta a cambi di politiche di dividendi e buyback», ha puntualizzato il numero uno del gruppo che ha aggiunto di aver «già dato disposizioni di incrementare il mio investimento in azioni Azimut per alcuni milioni di euro da qui ai prossimi giorni».
Secondo quanto appreso da MF-Milano Finanza, gli ispettori di Via Nazionale avrebbero acceso un faro proprio sul ruolo di Giuliani, dominus del gruppo, e sulla influenza da lui esercitata nella governance e nella strategia della sgr, nel cui board non figura. Un’influenza che - questa la tesi al centro del delicato confronto tra la società e la Vigilanza - influirebbe sull’andamento del resto della struttura e sui controlli interni, giudicati carenti.
Già ad aprile peraltro, in occasione dell’assemblea, Assogestioni e il proxy advisor Glass Lewis avevano avanzato rilievi sugli assetti di governo. Consigliando di votare contro la lista del socio di maggioranza relativa Timone Fiduciaria e contro la conferma di Giuliani alla presidenza, il proxy Usa aveva in particolare messo in guardia gli azionisti di minoranza sull’assenza di un comitato nomine e sulla mancanza di indipendenza piena da parte del presidente. Critiche a cui il fondatore aveva risposto piccato al termine dei lavori assembleari a porte chiuse.
I gestori - che in Azimut hanno l’1,7% - avevano poi presentato una lista di minoranza con profili forti (oltre a una elenco per il collegio sindacale), fra cui l’ex comandante della Guardia di Finanza e vice direttore dell’Aisi (e fino a poche settimane fa presidente di Fintecna) Vincenzo Delle Femmine. Lista di cui facevano parte anche l’esperta di compliance Anna Dorio (ora in cda) e i legali Cristina Sgubin e Federico Ferro-Luzzi.
I rilievi di Bankitalia cadono in una fase delicata per Azimut, alle prese con la creazione di nuova banca digitale, chiamata Tnb. Il comunicato della società precisa che «la situazione aziendale appare inidonea a sostenere la partecipazione della società ad operazioni rilevanti quali quelle previste dal regolamento sulla gestione collettiva del risparmio».
Circa Tnb «la piena implementazione del piano di rimedio è finalizzata a rimuovere tutte le carenze riscontrate e sarà oggetto di valutazione da parte della Banca d’Italia: l’effettivo superamento di tali criticità non è un presupposto sufficiente per determinare un esito positivo degli eventuali procedimenti connessi al citato progetto, che saranno valutati nei tempi e nei modi previsti dalla vigente normativa».
I rilievi della Vigilanza hanno insomma messo in stand-by il progetto per il quale Azimut non avrebbe ancora presentato formale richiesta di autorizzazione. Tnb sta del resto avendo una lunga gestazione. Nel maggio scorso è stato siglato un accordo quadro vincolante con la Fsi di Maurizio Tamagnini, mentre in estate sul dossier si sarebbe affacciato il gruppo Ion di Andrea Pignataro senza però arrivare al closing.
L’intervento di Bankitalia ora rischia di dilatare seriamente i tempi ma Giuliani non vuole rinunciarci: «Non vi è alcun motivo per ritenere che Azimut possa essere costretta ad abbandonare il progetto Tnb. La nostra preferenza è ottenere la licenza in Italia entro tempi ragionevoli. Tuttavia, se ciò non fosse possibile, perseguiremmo altre giurisdizioni, come la Svizzera, dove abbiamo una presenza consolidata». (riproduzione riservata)