I promessi sposi Saipem e Subsea7 si preparano all’esame della Commissione Europea. È Bruxelles, infatti, la tappa decisiva per portare al traguardo una delle operazioni più attese del 2026, la creazione di Saipem7, il futuro colosso italo-norvegese da 21 miliardi di fatturato che sposterà gli equilibri nel settore dei servizi energetici. Secondo fonti legali vicine al dossier, la notifica alla Commissione Ue – snodo chiave della roadmap autorizzativa – potrebbe essere depositata a febbraio 2026 per avere un margine di manovra abbastanza ampio da centrare i tempi previsti per il closing, atteso nella seconda metà del nuovo anno.
Lo scenario base prevede che dopo la notifica a Bruxelles possa aprirsi un periodo di market test con richieste di informazioni supplementari entro 20-35 giorni lavorativi, seguito da eventuale fase 1 breve oppure da un approfondimento più strutturato. In un percorso senza ostacoli, la timeline porterebbe al perfezionamento della fusione entro il quarto trimestre del 2026. Fondamentale sarà contenere entro i 500 milioni di euro il peso di eventuali misure a tutela della concorrenza.
Certo è che le future nozze piacciono al mercato ma continuano ad agitare i competitor, preoccupati dalla forza espressa dalla combinazione dei due gruppi. Uno dei fronti più caldi è quello brasiliano, che in questi giorni di dicembre si è mosso ancora.
Le grandi compagnie petrolifere che operano in Brasile, come Petrobras ed Exxon, ma anche i rivali diretti come TechnipFmc, stanno facendo squadra per opporsi alla fusione e l'agenzia antitrust Cade ha chiesto a Saipem e Subsea7 di fornire nuovi elementi. Il timore espresso dagli operatori, e in maniera fin troppo esplicita da Ibp (Instituto Brasileiro de Petrolio e Gas), è che Saipem7 possa essere così forte sul versante contrattuale da imporre addirittura costi aggiuntivi, ritardare i progetti e fare pressione su alcuni clienti per contratti in esclusiva. Ma la mobilitazione brasiliana non sta spostando di un millimetro le posizioni di Saipem e Subsea, che restano in contatto con Cade e le autorità competenti in conformità con i termini dell’ accordo di fusione depositato a luglio 2025.
Per l'ad di Subsea7, John Evans, Cade sta semplicemente seguendo «i passaggi che ci si aspettava avrebbe seguito». All’elenco di chi non vede di buon occhio l’operazione Saipem7 si è iscritta anche TotalEnergies.
Una tra le preoccupazioni condivise con Exxon è l’impatto del merger sul settore Surf, le infrastrutture sottomarine di collegamento tra i giacimenti in acque profonde e i sistemi in superficie. Secondo i competitor, infatti Saipem7 disporrebbe della più grande flotta al mondo in grado di operare in condizioni estreme.
In compenso, altre tappe dell’iter autorizzativo sono state già superate dalla futura entità, che sarà guidata da Alessandro Puliti, ceo di Saipem e presieduta da Kristian Siem (Siem Industries, principale azionista di Subsea7).
L’Italia ha esercitato il golden power con condizioni, il Regno Unito ha concesso il via libera in fase 1, la Norvegia ha presentato una notifica il 10 settembre 2025 per ritirarla il 6 ottobre, con atto pubblico registrato presso la Konkurransetilsynet, l’Autorità Antitrust del Paese.
Sul piano finanziario, il perimetro combinato vale 20-21 miliardi di ricavi e circa 43 miliardi di ordini già in portafoglio. L’ebitda supera i due miliardi e le sinergie attese sono nell’ordine di 300 milioni annui. Il contesto di mercato è favorevole: i settori deepwater, idrogeno, Fpso (le piattaforme galleggianti) e cavi sottomarini, sono attesi in crescita nel 2026–2028, con una pipeline globale concentrata tra Golfo del Messico, Brasile, Mozambico, Medio Oriente e Mare del Nord. E infatti le banche d’affari promuovono la fusione.
Per Barclays, in particolare, Saipem e Subsea7 sono overweight, con prezzo obiettivo rispettivamente di 3,3 euro e 270 corone norvegesi. L’operazione è definita «strategicamente sensata, capace di accelerare le sinergie operative nel medio periodo». (riproduzione riservata)