In Italia è partita la missione grand hotel. Se la cultura dell’ospitalità italiana, a cui fanno da vetrina gli storici e cinematografati alberghi di Venezia, Firenze e Roma, continua a far gola ai flussi turistici in aumento, i player del mercato altro non fanno che rispondere a una domanda esigente e in forte incremento. Nonostante il panorama culturale del Paese sia invidiato da ogni lato del globo per la numerosità ed eterogeneità, lo stesso non si può dire dell’offerta di strutture ricettive di livello nella Penisola.
Italiani e stranieri, a mettere le mani in pasta in questo comparto del real estate sono sempre più numerosi. Tra i primi ci sono family office, sgr, operatori alberghieri e private equity. Di recente Castello sgr, ad esempio, ha investito 135 milioni per il rilancio dell’ex Grand Hotel Via Veneto a Roma dove aprirà, probabilmente primavera prossima, il primo Nobu Hotel d’Italia. A maggio di quest’anno Coima ha svelato di voler puntare sul settore turistico e in particolare sulla creazione di una catena nazionale alberghiera d’eccellenza che possa posizionarsi in un mercato già popolato da grandi operatori stranieri. In Italia il 70% circa delle future aperture di hotel e affiliazioni coinvolgerà gruppi internazionali, statunitensi, francesi e spagnoli, stando al rapporto 2024 sul mercato immobiliare alberghiero redatto da Scenari Immobiliari e Castello sgr. Tuttavia i dati palesano una presenza di catene nazionali ancora molto elevata rispetto a quelle internazionali.
Sono le zone dei laghi che confermano l’attrattività soprattutto da parte di attori transnazionali. L’investitore rumeno Paval Holding, in partnership con il gruppo lituano Apex Alliance, nel maggio scorso ha ad esempio acquisito il celebre Grand Hotel Gardone, sul lago di Garda, dalla famiglia Mizzaro Papini. L’hotel, destinato a posizionarsi su un segmento prime, dovrà essere ampiamente ristrutturato tra il 2024 e 2026, con un investimento previsto di oltre 45 milioni. Sul lago di Como, a Bellagio, c’è fermento invece per l’apertura del The Ritz Carlton di Marriott che darà nuova vita all’ex Hotel Grande Bretagne di proprietà della famiglia Galbusera.
Nelle città d’arte d’eccezione, Hilton Worldwide dopo Firenze e Venezia ha ora in pipeline per la fine dell’anno l’avvio del Hampton by Hilton Venice Tronchetto. Mentre il capoluogo veneto sembra tornare sulla scena con un buon numero di operazioni, la regina di questo nuovo reame resta la Capitale. Nel 2023, come nel 2022, le operazioni del Lazio hanno riguardato in maniera esclusiva Roma con strutture quattro e cinque stelle e una dimensione per lo più inferiore alle 150 camera. Tra le aperture più attese nella Città Eterna, c’è quella del gruppo di investimento alberghiero di Hong Kong, Mandarin Oriental Hotel. Il progetto prevede la ristrutturazione dei Villini Sallustiani, a pochi passi da Piazza di Spagna, con l’obiettivo di realizzare un quartiere del lusso entro il 2026. Già il prossimo anno, invece dovrebbe aprire i cancelli il Nyx Hotel, l’ex Hotel Cicerone di Roma venduto lo scorso maggio a Leonardo Hotels da Banco Bpm, per circa 70 milioni. Sempre nella Capitale non possono poi mancare le prossime novità sul mercato italiano di Marriott International, una delle catene alberghiere internazionali con il piano di aperture più ricco. A conti fatti saranno circa una ventina tra la Sardegna, Milano, Firenze, Napoli e Roma, appunto, dove debutterà con il marchio W Hotel. L’area romana e campana sono state scelte dal colosso dell’hotellerie anche per i Moxy Hotels (Pompei e Roma Parco dei Medici per il quale però non c’è ancora nessuna data specifica). In totale tra le strutture da poco avviate e quelle che apriranno i battenti, solo nella Capitale si contano circa 15 nuovi hotel di lusso.
Le bellezze architettoniche dei capoluoghi e il fascino dei paesaggi lacustri non sono però le uniche aree su cui si sta puntando. In grande rispolvero la Puglia, dove la campagna promozionale della regione degli ultimi anni ha sortito il suo effetto su turisti, e conseguenzialmente, sugli investitori. Nella regione si aspettano le aperture di Four Seasons, Melia e Belmond. Resta protagonista la Sardegna, dove Mandarin Hotel ha scelto la collina che domina il Golfo del Pevero a Porto Cervo per la sua quarta struttura italiana, in arrivo nel 2026. In Sicilia, dove l’offerta di hotel di lusso è ancora poco ampia, Marriott International è pronto ad aprire i battenti dell’Ortea Palace Hotel e del Mangia’s Brucoli a Siracusa.
I trend sono chiari: «A fianco di città d’arte, isole e principali location turistiche, stanno attirando l’interesse degli investitori anche le destinazioni urban e resort, come laghi e città un tempo considerate secondarie, come Napoli, Palermo, Lecce, il Lago di Garda e Forte dei Marmi», spiega a MF-Milano Finanza Claudia Bisignani, head of hotels & hospitality di Jll Italia. Tirando le somme, secondo i calcoli di Scenari Immobiliari e Castello sgr, nel 2023 in Italia sono stati conclusi oltre 100 interventi nel settore alberghiero, tra nuove aperture derivanti da riconversioni o da realizzazioni ex novo. Le principali operazioni ora in corso nella Penisola, con aperture tra quest’anno e il 2027, raggiungo quota 160. Non stupisce così che il comparto hospitality abbia trainato gli investimenti immobiliari nel secondo trimestre, totalizzando quasi 800 milioni nel solo primo semestre dell’anno (+190% sul 2023).
A spingere l’asset class, oltre al gap di offerta ancora da colmare, è la spinta che arriva dai flussi turistici in aumento vista anche l’esclusione di altre aree meno sicure del mondo. La possibilità di spostarsi anche in diversi periodi dell’anno grazie alle nuove politiche di smart working è un elemento accessorio. A ciò si aggiunge il tasso di penetrazione delle strutture alberghiere italiane ancora distante dalla media degli altri paesi europei. Un gap che porta il mercato italiano a essere molto appealing per le catene internazionali che cercano nuovi margini di crescita.
Gli esperti calcolano che le aperture di strutture ricettive nel medio periodo porteranno a un incremento del tasso di penetrazione, stimato sul numero di camere, dall’attuale 20% circa al 23,5%.
«In Italia il settore rappresenta circa il 23% del mercato dei capitali, contro una media europea dell’11%, confermando il grande interesse verso il Paese che offre un pool di destinazioni molto più variegato», aggiunge Bisignani. Per l’Italia, secondo l’esperta, è l’occasione «per un processo di riqualificazione dell’offerta alberghiera, anche grazie all’ingresso di grandi gruppi. Un trend confermato dall’interesse delle operazioni value-add, che comprendono il riposizionamento di alberghi esistenti o la conversione da altre destinazioni d’uso». È così iniziata, e non è destinata a concludersi velocemente, la campagna d’Italia sull’hotellerie. (riproduzione riservata)