Gli eredi Del Vecchio lavorano a una doppia Delfin per distribuirsi parte dell’eredità miliardaria di Leonardo. A partire dalle banche
Gli eredi Del Vecchio lavorano a una doppia Delfin per distribuirsi parte dell’eredità miliardaria di Leonardo. A partire dalle banche
Alcuni azionisti lavorano alla costituzione di una newco in cui trasferire i pacchetti extra-Essilux. I vantaggi e il cul de sac del ricorso al giudice lussemburghese per il tasferimento delle quote Delfin

di di Andrea Deugeni 05/12/2025 23:30

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Non c’è pace per gli eredi Del Vecchio. L’inchiesta della Procura di Milano è entrata a gamba tesa anche su una strutturata ipotesi di lavoro nell’azionariato di Delfin, la holding lussemburghese da quasi 60 miliardi di euro di valore che sta cercando di risolvere l’esecuzione del testamento del fondatore di Luxottica, Leonardo Del Vecchio. L’ipotesi è quella della creazione di quella che potremmo definire una «Delfin Finanza».

La tecnicalità (scorporo) - che per essere adottata richiederebbe da statuto l’unanimità - vedrebbe il favore di più soci e farebbe un passo in avanti rispetto all’ipotesi di distribuzione dei pacchetti di Mps-Mediobanca, Generali, Unicredit e Covivio su cui le discussioni fra gli otto azionisti-eredi si sono arenate quest’estate. Nella cassaforte presieduta da Francesco Milleri ci sono il 32,3% di EssilorLuxottica che ai corsi attuali vale oltre 45 miliardi e rappresenta circa il 77% del net asset value (nav) della holding, il 26% di Covivio (1,6 miliardi), il 10% di Generali (5,2 miliardi), il 17,5% di Montepaschi (4,1 miliardi) e il 2,7% di Unicredit (2,76 miliardi). Ogni socio-erede ha in portafoglio il 12,5% di Delfin che vale oltre 7 miliardi.

La costituzione di una newco

Secondo quanto risulta a Milano Finanza, il principio alla base del piano è sempre quello di distribuirsi le partecipazioni finanziarie diverse da Essilux, che rappresentano il restante 23% del nav. È una parte minoritaria di patrimonio, considerata come una somma di utili - provenienti dall'impresa di famiglia - mai distribuiti per anni e rivestiti con successo. Dunque patrimonio di cui si può disporre. La distribuzione avverrebbe ricorrendo alla costituzione di una newco in cui trasferire i pacchetti extra-Essilux, anche per mantenere intatti gli assetti di gruppi come Mps.

Ad alcuni soci non è piaciuto il blitz senese di Milleri nel capitale di Rocca Salimbeni, ma ora Delfin è il primo azionista della terza banca del Paese all’interno di un nocciolo di soci italiani. Distribuire pro-quota il 17,5% del Monte potrebbe introdurre destabilizzazione ed essere mal visto da Tesoro e governo.

La pegnabilità delle quote e lo statuto con meno restrizioni

Alla fine dello scorporo resterebbe una Delfin con EssilorLuxottica (e con lo stesso statuto) definibile «Delfin Industria» e una sorta di «Delfin Finanza», con uno statuto diverso che prevederebbe pegnabilità, maggioranze semplici per un payout superiore al 10% degli utili e meno restrizioni di governance. Sarebbe una holding di titoli quotati da 14 miliardi di patrimonio, di cui magari aprire il capitale a investitori amici che vogliono avere un’esposizione prevalentemente su banche e assicurazioni.

Mancano ancora alcuni dettagli, come ad esempio chi potrebbe guidare la newco, ma la strada appare praticabile anche per il cul de sac in cui sono finite le dinamiche fra gli azionisti all’interno di Delfin. Complici il pagamento delle tasse di successione, l’impossibilità - a causa dei veti incrociati - di trovare l’unanimità per modificare la blindata governance della cassaforte e di distribuirsi più dividendi (per cui è richiesta una maggioranza di 6/8) e la volontà di rendere più liquido il patrimonio, gli otto soci-eredi ora vogliono monetizzare.

Le mosse di Rocco, Paola e Luca

A tre anni e mezzo dalla scomparsa di Leonardo Del Vecchio c’è anche l’urgenza di chiudere la successione. La quota di Delfin è intestata personalmente, da statuto non è pegnabile né dunque bancabile. E sono giudicati troppo pochi i circa 15 milioni (il 10% degli utili annuali) ad azionista che negli ultimi esercizi la cassaforte ha distribuito di default.

Il tema della distribuzione delle partecipazioni extra-Essilux ha tenuto banco nelle discussioni fra gli eredi già prima dell’estate in pieno risiko Mps-Mediobanca-Generali, ma non è mai arrivato in assemblea per la mancata convergenza nei lavori preparatori. In primis perché alcuni eredi erano contrari a smontare la struttura dell'attivo di Delfin, che - con le quote nell’immobiliare, nelle banche e in Generali - nelle intenzioni del fondatore doveva servire da riserva di valore da mettere a servizio, alla bisogna, dell’ammiraglia Essilux.

A novembre Rocco Basilico, Paola Del Vecchio e Luca Del Vecchio hanno provato a trasferire tutto o parte del 12,5% di Delfin a loro veicoli per rendere bancabile il pacchetto miliardario, ma lo spostamento - per cui è richiesta l’unanimità - è stato bocciato da tre soci su otto, fra cui Leonardo Maria Del Vecchio.

Il nuovo cul de sac con il ricorso al giudice lussemburghese

L’alternativa è andare dal giudice lussemburghese, che può imporre il trasferimento (la legge del Granducato prevede che non si possa impedire a vita a un socio di poter uscire da una compagine) dei titoli previa prelazione agli altri azionisti e diritto di riscatto da parte di Delfin. La strada giudiziale, esercitabile entro tre mesi dalla delibera assembleare da contestare, però rischia di complicare ulteriormente la già intricata partita fra gli otto soci-eredi.

Il motivo? Se non viene definito consensualmente dalle parti, il prezzo del trasferimento delle azioni Delfin verrebbe deciso dal giudice, che sulla base di varie perizie, ne determinerebbe uno inferiore a quello determinabile dalla somma delle partecipazioni miliardarie della cassaforte. Da qui l’ennesimo stallo, perché nessun socio accetterebbe di ricevere meno denaro.

Ecco quindi che il tecnicismo della «Delfin Finanza», a cui stanno lavorando alacremente i consulenti di alcuni eredi, aiuterebbe a sbrogliare la matassa. Va detto che l’inchiesta sulla scalata di Mps a Mediobanca e i conseguenti risarcimenti a cui potrebbe dover far fronte Delfin (indagata per la 231), pone ora una pesante ipoteca sul progetto di scorporo. (riproduzione riservata)