Dollaro debole: 5 opportunità di investimento per guadagnare con il cambio favorevole
Dollaro debole: 5 opportunità di investimento per guadagnare con il cambio favorevole
Il biglietto verde ha vissuto il peggior primo semestre dagli anni ’70. Questo spinge gli investitori a guardare ad Europa e mercati emergenti. Ma anche a bond e oro per proteggersi

di Francesca Gerosa 04/07/2025 19:00

Ftse Mib
39.914,25 17.40.00

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Nasdaq
20.412,52 23.30.00

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Euro/Dollaro
1,1711 23.50.33

-0,20%

Spread
91,07 17.29.52

+0,71

Altro che America first. Il dollaro ha messo a segno la peggiore performance del primo semestre dagli anni '70 e di riflesso il dollar index è sceso sui minimi degli ultimi tre anni (96,37). Un fenomeno che potrebbe essere solo all’inizio. A guidarlo non sono solo le politiche sui dazi del presidente, Donald Trump, e il repricing degli asset americani, ma dinamiche più profonde legate ai flussi di copertura valutaria da parte dei grandi investitori istituzionali internazionali, oltre che la volontà del tycoon di sostituire in anticipo Jerome Powell, per avere un presidente della banca centrale più disposto a ridurre i tassi di interesse per stimolare l’economia, in sofferenza. Viceversa, la forza dell’euro è da riferirsi, in prima istanza, al radicale cambio di rotta strategico in seno al governo tedesco, che ha previsto di investire 500 miliardi di euro in un piano infrastrutturale credibile.

«A questo si associa il noto processo di riarmo. Tutto ciò determina un innalzamento della curva dei tassi e una probabile espansione economica: ottimi combustibili per la moneta unica», spiega Fabio Caldato, portfolio manager di AcomeA sgr. Sta di fatto che le correlazioni storiche tra il biglietto verde e l’equity (Wall Street ha aggiornato i massimi storici) stanno saltando e questo può portare a ulteriori vendite di dollari per riequilibrare posizioni troppo esposte al rischio cambio.

Nessuno shock

Gli investitori si chiedono se è ora di ridurre l'esposizione alla valuta Usa. Tuttavia Jan Viebig, chief investment officer di Oddo Bhf, sconsiglia di prendere decisioni di allocazione basate sui tassi di cambio. «Crediamo che gli investitori a lungo termine non dovrebbero preoccuparsi eccessivamente.

Ad esempio negli ultimi 20 anni l'indice Msci World ha avuto un rendimento annuale medio dell'8,9% in termini di dollari ma del 9,3% in termini di euro. Per gli ultimi 10 anni, il rendimento medio è stato del 9,9% all'anno in dollari e del 9,6% in euro. Mentre la performance del mercato tra valute tende a essere simile nel lungo termine, in un periodo più breve, il divario può essere maggiore», osserva Viebig. Il grafico in pagina mostra la performance a 12 mesi dell'Msci World in dollari ed euro, da maggio a maggio di ogni anno. Ebbene in 12 di questi periodi di un anno, la performance in dollari contro l’euro è differita di almeno il 5%, a volte di più.

Più Europa e mercati emergenti

Alla luce di un contesto macro ancora segnato da elevata, seppur in diminuzione, incertezza politica, commerciale e geopolitica, per il secondo semestre del 2025 Emilio Franco, amministratore delegato di Mediobanca Sgr, suggerisce un’asset allocation bilanciata e diversificata, anche geograficamente. Sull’azionario globale mantiene una visione costruttiva, con una preferenza tattica per Europa ed emergenti rispetto agli Stati Uniti dove il posizionamento resta strutturalmente positivo, ma con un atteggiamento più cauto.

Guarda con interesse all’azionario dell’area euro che ha sovraperformato quello statunitense nella prima metà dell’anno, grazie a uno stimolo fiscale tedesco senza precedenti, utili in progressiva ripresa e tassi reali favorevoli. Nonostante ciò, il posizionamento globale resta scarico, le valutazioni sono più contenute rispetto agli Usa e l’equity risk premium elevato mantiene l’Eurozona interessante da un punto di vista relativo.

Quanto ai mercati emergenti, sebbene le tensioni commerciali, in particolare con gli Stati Uniti, restino un elemento di rischio, il contesto attuale sembra più favorevole rispetto al passato recente. Infatti, tutte le principali banche centrali (ad eccezione del Brasile) sono propense a una politica monetaria più accomodante e nei cicli precedenti di easing monetario la performance azionaria è stata generalmente superiore a quella dei mercati sviluppati.

Il rafforzamento di valute emergenti verso il dollaro potrebbe ulteriormente sostenere il rally, prevede Franco. Le revisioni positive delle stime sugli utili emergenti rispetto ai mercati sviluppati sono in ripresa e il mercato azionario EM continua a presentare valutazioni relativamente a sconto oltre a un posizionamento tra gli investitori scarico. In quest’ottica, «restiamo focalizzati su Cina, grazie allo stimolo fiscale e all’AI, sull’India con la crescita domestica e la politica espansiva e sul Brasile per i benefici derivanti dall’export agricolo e il potenziale taglio dei tassi».

Le azioni immuni

Un contesto persistente di euro forte, oltre la soglia delicata di 1,20 richiamata dal vicepresidente della Bce, Luis De Guindos, comporterebbe una notevole penalizzazione sulle esportazioni per settori chiave che già devono affrontare diverse sfide, oltre a quella più recente dei dazi, avverte Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. In quest’ottica i titoli quotati italiani che risentono maggiormente di un deprezzamento del dollaro rispetto all’euro sono, tra le large cap, Stm, Amplifon, Tenaris, Stellantis, Ferrari, Cucinelli, Eni e Prysmian, «mentre tra le società di media capitalizzazione che seguiamo Ferragamo, Intercos e Fila. Per tutte queste società stimiamo che un deprezzamento del 5% della valuta statunitense comporti un effetto negativo sugli utili superiore al 5%, con punte di oltre il 10% nei casi di Stm e Ferragamo», spiega Cesarano.

Sono pochi, invece, i titoli che beneficiano dall’indebolimento del dollaro, si tratta principalmente di quelle società che pagano i costi delle materie prime e/o dei prodotti in dollari ma vendono in euro. Tra queste vale la pena di menzionare Ovs, che, appunto, ha costi in Paesi che utilizzano il dollaro e vende in Italia. Per altro in questi giorni si è assistito a buone performance da parte di titoli che sono negativamente impattati dalla debolezza della valuta Usa, come Stm ed alcuni titoli del lusso.

Ciò è dovuto al fatto che alcuni titoli sono comunque considerati interessanti, malgrado vi possa essere un effetto negativo qualora l’indebolimento del dollaro rispetto all’euro dovesse proseguire. Al contempo, analizza Caldato, il manifatturiero italiano è legato a quello teutonico e il progetto espansivo favorirà anche, come indotto, le nostre aziende: Iveco, Zignago Vetro, Ariston, Danieli e, in un’ottica di medio termine, Biesse tra le possibili favorite. «In Germania ci piacciono Kion, Jungheinrich e Bechtle», aggiunge l’esperto che per trarre vantaggio dal piano infrastrutturale tedesco punta su Vinci ed Eiffage. E non disdegna il settore telco europeo, quindi anche Tim.

Bond a 5 e 7 anni

Pur mantenendo un atteggiamento paziente in questa fase, la Fed potrebbe dover riprendere la politica di allentamento monetario, con un massimo di due tagli dei tassi entro la fine dell'anno se i dazi dovessero pesare sulla crescita. Gli esperti prevedono che i tassi a lungo termine rimarranno in un intervallo storicamente ampio, con il rendimento dei titoli del Tesoro Usa a 10 anni compreso tra il 3,75 e il 4,75%. E notano che quando i rendimenti obbligazionari sono compresi tra il 4% e il 6% e le valutazioni azionarie sono elevate (rapporti prezzo/utili superiori a 23), le obbligazioni mostrano una propensione storica a sovraperformare le azioni nel decennio successivo. Le emissioni di alta qualità, come le credit loan obbligation e il credito investment grade, sono particolarmente interessanti in quanto costituiscono una fonte di reddito stabile e consentono di diversificare il rischio azionario.

Le asset class da privilegiare, secondo Andrea Campisi, Senior Investment Manager di Pictet Asset Management, sono i bond emessi dall’Unione Europea e i titoli governativi in euro che garantiscono un mix di liquidità e diversificazione, giovano del trend di compressione degli spread intra-europei e pagano un ottimo rendimento aggiustato per la volatilità. I tratti a 5 e 7 anni della curva offrono il miglior rendimento atteso con una maggior difesa dai movimenti della curva, quindi sono da preferire. Mentre le obbligazioni emergenti in valuta locale hanno a sostegno elementi macro, tecnici e di valutazione.

Le tariffe, il calo dell’export e domanda interna sostengono il trend disinflazionistico; inoltre, nota Campisi, l’asset class è stata oggetto di deflussi che riducono il rischio di una maggior volatilità e un dollaro debole favorisce i ritorni in un’ottica di medio periodo. Ma si potrebbe anche contemplare un mix di scadenze brevi e lunghe, ad esempio 2/3 anni e 10 anni, per sfruttare da un lato l'ipotesi di tagli più marcati dei tassi da parte di Bce e Fed con la parte a breve, e capital gain con la parte a lungo termine, suggerisce Cesarano.

Liquidità in dollari

Da un punto di vista valutario, una quota del portafoglio potrebbe essere dedicata tatticamente a investimenti in bond in dollari a breve termine o anche solo un semplice Etf su liquidità in dollari, quanto più il cambio sarà vicino alla delicata soglia di 1,20, aggiunge lo strategist di Intermonte. Si tratta di una soglia importante, che potrebbe essere rotta solo marginalmente, «ma ancora il dollaro, per quanto ridimensionato, riveste un ruolo prevalente nel sistema globale. Pertanto, nella seconda parte del 2026 non è da escludere un suo progressivo riprezzamento. Se così fosse, sarebbe emulato l’andamento del primo mandato di Trump: il dollaro si deprezzò fino agli inizi del 2018, sfiorando quota 1,26, per poi invertire la rotta».

L’oro non tradisce mai

Da sottolineare, infine, l'importanza di tenere in portafoglio un ammontare anche fino al 10% di oro, dato il contesto geopolitico caldo, che sta portando le banche centrali globali a diversificare le riserve da dollaro a oro. Maurizio Novelli Lemanik, gestore del fondo Lemanik Global Strategy, non ha dubbi: l’attuale capitalizzazione dei mercati americani, costruita sui flussi di capitale dall’estero, è il vero rischio sistemico che nessuno sta veramente prezzando: «credo che il dollaro sia destinato a scendere fino a 1,4 contro euro e a 120 contro yen entro 12, massimo 18 mesi, procurando la rottura dei carry trades e innescando un generale risk off sugli asset finanziari Usa», avverte Novelli. «Quindi l’oro continuerà l’attuale tendenza rialzista e si prospetta entro i prossimi 6/9 mesi un target di 3.700/3.800», nuovo record storico. (riproduzione riservata)